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di AMDuemila - 24 maggio 2014
L'intervento del direttore della rivista ANTIMAFIADuemila a Radio1
Nella giornata di ieri tante sono state le iniziative per ricordare Falcone e le vittime di mafia, ma il ricordo fine a se stesso non basta. Nella trasmissione di ieri di Radio1 durante il programma Baobab è stato ascoltato Giorgio Bongiovanni, direttore della rivista AntimafiaDuemila che rispondendo alle domande della conduttrice ha puntato l'attenzione sull'eredità che questi grandi uomini hanno lasciato dalle quali è necessario partire per comprendere le tante stragi che insanguinano il nostro paese: “Grazie a Falcone e Borsellino e prima di loro grazie al sacrificio di altri magistrati e del generale Carlo Alberto dalla Chiesa abbiamo capito non solo che la mafia esiste ed è potente ma che ha degli alleati altrettanto potenti che a volte si sono annidati e si annidano nelle istituzioni del nostro Stato.”
Con grande intelligenza e astuzia i due magistrati “Avevano capito che l'immenso patrimonio di soldi di Cosa nostra, guadagnato dalla mafia grazie al monopolio mondiale dell'occidente del traffico di droga - spiega il direttore di AntimafiaDuemila - era entrato non solo in borsa ma era stato investito grazie anche a grandi imprenditori sia del centro che del nord Italia Falcone e Borsellino scoprirono questo intreccio che coinvolgeva anche la politica.”
La grandezza di questi uomini è dimostrata anche dalla loro grande perspicacia: “Avevano intuito 20 anni fa quello che oggi in alcune sentenze possiamo leggere tutti - ha dichiarato Bongiovanni raccontando l'intervista che Falcone rilasciò al giornalista Saverio Lodato in seguito al fallito attentato all'Addaura del giugno del '89 - Falcone parlò di menti raffinatissime, cioè centri occulti di potere, che si saldarono con Cosa Nostra, ed effettivamente dopo il sacrificio di questi magistrati abbiamo visto, uomini delle istituzioni collusi con la mafia”. Un esempio recente è la condanna definitiva nei confronti del ex-senatore Marcello Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa stessa condanna che ha interessato il dott. Bruno Contrada, ex-capo dei servizi segreti in Sicilia.
“Menti raffinatissime” sulle quali hanno indagato i magistrati di oggi, indagini tutto in corso e che hanno permesso di istituire vari processi. Tra cui quello sulla Trattativa stato-mafia che si sta svolgendo a Palermo, di cui è titolare Nino Di Matteo, il quale: “è stato condannato a morte, tutta l'Italia ha visto le registrazioni video in cui il boss Salvatore Riina, intercettato dal carcere di Opera, ha detto uccidiamo Di Matteo”. Bongiovanni ha poi evidenziato che sebbene la sicurezza predisposta per il pm sia molto efficiente non è abbastanza ed il rischio è quello che “Si stia ripetendo una storia già vista”. Con la differenza che questa volta “c'è una protezione della società civile”, anche se piccola, che si stringe attorno a questi magistrati per sostenerli e non lasciarli soli. Resta il fatto però che il messaggio forte di sostegno dovrebbe partire prima di tutto dalla magistratura stessa: “Purtroppo a volte questi magistrati non sono molto seguiti dalla magistratura che li ostacola, e crea loro problemi”. “Però - conclude Bongiovanni - speriamo che le cose questa volta andranno diversamente e non si ripetano.”
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