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riina-salvatore-big6di Savino Percoco - 18 dicembre 2013
Alberto Lorusso, il detenuto a cui Totò Riina (foto) ha espresso le minacce stragiste destinate ai pm legati alla trattativa Stato-Mafia e in sottolineata maniera ad Antonino Di Matteo, è stato trasferito ad altro penitenziario. Il “presunto” boss pugliese era la cosiddetta "dama di compagnia" (nel gergo carcerario) con cui negli ultimi mesi, il capo di Cosa nostra ha trascorso le due ore di socialità giornaliere consentite dal regime carcerario 41 bis. Nei giorni scorsi, su disposizione del Dap, è anche stato interrogato dal procuratore capo di Palermo Messineo, e dal suo aggiunto Teresi.
Ma chi è Alberto Lorusso?
 Appaiono sempre più contrastanti e confusionarie le notizie relative alla sua identità. Da molti è indicato come boss di rilievo della Scu ma, navigando attraverso i motori di ricerca web, ad esclusione delle recenti vicende, pochi sono i cenni che lo riguardano. Eppure è lui l’unico tra i criminali detenuti nel supercarcere di Opera ad aver raccolto le spaventose esternazioni di Riina conquistandosi la sua fiducia.

Secondo quanto si è appreso, il ruolo di Lorusso è ancora sotto esame. I pm di Palermo sospettano che possa trattarsi di un infiltrato dei servizi segreti, posto a contatto con Riina nell'ambito di una strategia ancora oscura. 
Difatti, chi ha sbobinato le intercettazioni, lo descrive come una persona curiosa e conscia di cosa chiede.
Dopo le confidenze dello scorso giugno, raccolte da un agente penitenziario a cui Riina avrebbe affermato che il suo arresto era il risultato di una collaborazione tra Provenzano e Vito Ciancimino e che la proposta di una trattativa fu avviata dallo Stato, il pm Di Matteo dispose un più severo monitoraggio delle intercettazioni. 
Furono quindi, piazzate delle “cimici” da parte della Dia nel luogo dove il boss era solito appartarsi con Alberto Lorusso, durante l’ora d’aria. 
Sorprende quindi, che il capo di Cosa nostra, composto nell’inflessibile silenzio per oltre vent’anni consapevole delle rigide ispezioni, improvvisamente perda il controllo con un presunto mafioso pugliese privo di mediatica “fama” criminale. Altrettanto sospetto è l’interesse di Riina nei confronti del pool antimafia se consideriamo il carcere a vita ormai definitivo e che l’aggiunta di ergastoli derivanti da nuovi processi poco cambierà al suo curriculum penitenziario.
Certo non va esclusa la prima tesi, che vede Alberto Lorusso ai vertici della Sacra corona unita. Per meglio comprendere questo percorso, facciamo qualche passo indietro, alla nascita di quella che nell’ordine, viene considerata la quarta mafia italiana. 
Le origini della Scu sono ancora poco chiare, ma una prima ipotesi, narra che il boss camorrista Raffaele Cutolo, nel 1981 costituì un’organizzazione associata alla mafia campana nel territorio pugliese. Di contro, ne seguì un’altra composta da esponenti locali indispettiti dal suo tentativo di espansione. 
Una seconda ipotesi invece, ritiene che la Scu sia stata fondata dallo ‘ndraghetista Giuseppe Rogoli nel carcere di Trani con il consenso del suo capo bastone Umberto Belloco. A causa del suo stato di detenzione, Antonio Antonica, fu nominato responsabile unico delle attività illecite che si svolgevano nell'area brindisina col compito di nominare anche dei capi zona.
Secondo fonti non sicure, i contrasti tra i due generarono un guerra tra clan in cui perse la vita lo stesso Antonica e nella rifondazione si concordarono dalle modalità di affiliazione più rigide e severe, il cui statuto vide la firma anche del compagno d’aria di Riina. Si presume quindi, che Alberto Lorusso, dal 1987 fosse un potenziale boss di una delle famiglie più rappresentative del brindisino.
Altro fatto curioso a sostegno della prima tesi riguarda il Comune di San Pancrazio Salentino (BR) ove risiede Maria Concetta Riina, figlia del superboss. 
Inoltre, anche Ninetta Bagarella, moglie del capo dei capi, potrebbe raggiungere il paesino del brindisino dove fino agli anni ’90, Alberto Lorusso era considerato al vertice della cosca. 
Coincidenza o segnale di un sodalizio tra la Scu e Cosa nostra?
In attesa che meglio venga chiarita l’identità di Lorusso, sono apprezzabili le affermazioni del Ministro dell’Interno Angelino Alfano, ma è da augurarsi che alle parole seguino celermente i fatti, a cominciare dal “bomb  jammer” ancora non predisposto al pm a rischio vita, Antonino Di Matteo.
Intanto, per venerdì 20 dicembre è prevista a Palermo una manifestazione programmata da cittadini, associazioni e organizzazioni sociali, politiche e sindacali a sostegno del Pm Di Matteo e del pool antimafia.
A tal riguardo, il comitato di presidenza del Csm ha deliberato una delegazione per partecipare alla manifestazione di solidarietà ai pm minacciati. La proposta sarà sottoposta al plenum. In una nota si legge: "Il Comitato di presidenza ha deliberato di proporre al plenum per il prossimo 20 dicembre la visita di una delegazione consiliare guidata dal vicepresidente a Palermo per incontrare i capi degli uffici giudiziari, manifestare la presenza solidale del Csm nei confronti dei magistrati oggetto di intimidazioni e verificare i possibili interventi dell'Organo di governo autonomo a supporto del sereno ed efficiente esercizio della giurisdizione in quel territorio".

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