di Giulietto Chiesa
Evviva la nuova corsa all’oro. Questo nuovo “oro” è l’accelerazione digitale che sta travolgendo i punti alti dell’economia mondiale; che esplode nelle società occidentali e, in perfetta sincronia, sta mettendo in moto tutte le borse mondiali
Ovvio che, essendo l'America l'"egemone" (almeno a prima vista, sul palcoscenico), tutto accade, in primo luogo, partendo da New York.
Se si prende in esame l'andamento dei tre indici (i "magnifici tre"): S&P500, Dow Jones, Nasdaq100, si registra che i primi due sono in crescita continua da 8 settimane e il terzo da 6 settimane. Tutti i record precedenti stanno crollando, mese dopo mese, in un'euforia contagiosa come quella che investì le borse negli anni '96-97, quelli della "rivoluzione tecnologica". Che allora faceva strabuzzare gli occhi per la quantità di miracoli che produceva - simbolo l'iphone - e di miliardi di dollari che portava con sé, in apparenza all'infinito. Poi scoppiò la bolla e, anno dopo anno, in caduta, portò al crollo del 2008.
Ma quello che accade adesso, con la "tecnologia 4.0", sta superando di qualche ordine di grandezza quell'epopea del nuovo turbo-capitalismo. Le previsioni attuali di sviluppo, provocate dalla micidiale "rapidità di raddoppio" della digitalizzazione, stanno bruciando tutte le valutazioni precedenti. Se qualche anno fa si prevedeva che questi effetti avrebbero cominciato a farsi sentire tra una quindicina/ventina d'anni, oggi è già chiaro che sono arrivati, o che bussano alla porta.
Tv e giornali mostrano, in sempre più rapida successione, androidi che parlano e sembrano pensare. Si racconta della futura robotizzazione mondiale. Di automobili che si guidano da sole mentre il passeggero legge il computer e impartisce ordini ad altri androidi. L'uomo semi-artificiale ci aspetta dietro l'angolo e non è ben chiaro se è pronto ad abbracciarci o a spararci un colpo del suo nuovo fucile a laser. A stare ai racconti entusiasti, saremmo già alla vigilia del primo viaggio su Marte e al prossimo trasferimento di massa (dei più ricchi) verso il Pianeta Rosso.
In un contesto come questo la frenesia degl'investitori è comprensibile: i conti dicono che bisogna affrettarsi in questa direzione: chi è assente dal ricco banchetto perderà la fortuna. Così i mercati azionari salgono, incuranti del fatto che i rendimenti scendono; che l'indebitamento mondiale cresce vertiginosamente, ben oltre quello che accadde alla vigilia del crollo del 2008. L'Occidente danza, ma i paesi che sono sempre "in via di sviluppo" brancolano, invece, sempre più nei guai, perché devono "ristrutturare" i loro debiti, quelli che non possono pagare.
Gli esperti economici ci informano che una nuova recessione mondiale è alle porte. Quando esattamente non lo sa nessuno, ma le loro previsioni sono comunque sempre grossolanamente sbagliate, quindi non c'è problema. Per loro il dollaro è sempre il cardine attorno al quale ruota il sistema finanziario globale. Non si accorgono che una parte del mondo - Cina, Russia, Iran, Venezuela sono solo alcuni esempi - comincia a pensare che non sia più il caso di affidare i propri destini alla Federal Reserve, il cui nuovo presidente, appena nominato da Donald Trump, tale Jerome Powell, si appresta a guidare il suddetto sistema finanziario globale senza avere la minima idea di dove sia il volante di una macchina che ha solo l'acceleratore e non ha il freno.
A quanto pare l'obiettivo principale sarà quello di "normalizzare" i tassi d'interesse. Ma non si sa come farlo in una situazione in cui i tassi d'interesse sono già vicini a zero. Allora che fare? Forse preparare il terreno per per una migliore gestione dei tassi d'interesse negativi? Il che, di per sé, dice l'assurdità dello stato dei fatti. Oppure ritoccare verso l'alto l'inflazione ammissibile? Ma come si fa a spiegare agli investitori che il 2% non è un dogma, dopo averlo imposto come tale per decenni?
Una sola cosa sembra utile, in questa vertigine di follia: non perdere di vista i sommovimenti in corso, e collocarli in questo panorama. Tutti, incluse le evoluzioni geopolitiche attorno al Golfo Persico, le tensioni belliche crescenti promosse da Israele contro l'Iran; le convulsioni della Nato ai confini con la Russia; i quasi colpi di stato (ad esempio quello in corso in Arabia Saudita); le "strane" operazioni terroristiche, sempre più simili ad avvertimenti mafiosi tra gruppi potentissimi che agiscono, ciascuno per conto proprio, in diverse direzioni; le fake news predisposte, in rapida successione, dai servizi segreti USA contro la Russia, le convulsioni in Ucraina. Tutto dice che sta arrivando la tempesta.
Tratto da: it.sputniknews.com
Foto © CCO - Pixabay
Al galoppo verso un nuovo disastro
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