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Il narcotrafficante uruguaiano ha vissuto sotto lo sguardo indiscreto del mondo ed oggi è nel mirino di tutti


Accerchiato dalla polizia che però lo ha lasciato andare. Viene da chiedersi perché, forse per divergenze nel proprio ambito criminale?

Cosa accadrà quando sarà arrestato o ucciso in uno scontro con le autorità?

Ancora latitante, il narcotrafficante uruguaiano di 31 anni di età, si suppone si nasconda da qualche parte del territorio boliviano. L'opinione pubblica regionale - uruguaiana, argentina, brasiliana, paraguaiana e boliviana - e mondiale lo stanno già facendo diventare un mito vivente, benché, in realtà, non sia altro che un pezzo di un puzzle criminale internazionale, che però possiede un proprio marchio. Un delinquente ostinato che in pochi anni ha stretto relazioni e legami nel mondo del crimine, e che, grazie alla sua personalità, si è costruito un proprio profilo di uomo inserendosi in contesti illegali, preso per mano dalle aureole dell’ambiente calcistico e dello spettacolo, un mondo imprenditoriale ottimo per la funzionalità criminale (riciclaggio di denaro, principalmente, con collegamenti imprenditoriali). 
E con queste sue abilità, alcune innate ed altre acquisite, Marset si è fatto strada nel mondo del narcotraffico, già prima di essere rinchiuso dopo sentenza del giudice nel ‘Penal de Libertad’ di Uruguay a causa dei suoi legami con un narcotrafficante, parente di Horacio Cartes, e per aver partecipato, tra altre cose, all’importazione nel Paese di un aereo carico di cocaina. Si sospettava anche che avesse partecipato a un omicidio, quello di un suo amico di infanzia, assassinato in uno stabilimento balneare della Costa de Oro. Il caso è stato archiviato per mancanza di prove, che oggi appaiono però ben evidenti e che non lasciano dubbi che lui abbia avuto parte attiva per garantire la sua impunità.

La questione è che, uscito di prigione, dopo aver pagato per cinque anni i suoi conti con la giustizia, non è riuscito né a prevenire il crimine né a pentirsi. Tutto il contrario, la sua carriera criminale si è intensificata a passi da gigante. Poi, sempre assecondato dai membri della sua famiglia, sua moglie e figli piccoli, nel 2018, andò in Paraguay ed anche in Bolivia, ormai con l’aureola di un narcotrafficante esperto. Progressivamente, a passo deciso, si è avvicinato al gruppo criminale paraguaiano denominato “Clan Insfran” tanto da essere accusato dal giornalismo di essere stato artefice e fondatore del Primo Cartello Uruguaiano, denominazione equivoca, d'altra parte, perché i Cartelli sono caratteristici dei paesi produttori di cocaina, non di transito come l’Uruguay.    

Sebastián Enrique Marset Cabrera, fedele devoto di San Giorgio ed inoltre personaggio che ha sempre saputo guadagnarsi amicizie ad ogni livello, ha intrapreso la sua corsa criminale anche fuori del suo paese natale, pezzo di un puzzle del traffico di grandi volumi di cocaina verso l'Europa, dal Paraguay e Bolivia, gestendo il trasferimento di voluminosi carichi di cocaina lungo delle rotte come l’idrovia che attraversa il fiume Paraná. Era un conoscitore molto abile non solo delle spedizioni, ma anche dei sotterfugi illegali utili, affinché le sue imprese muovessero denaro ed influenze per i suoi affari nel traffico di cocaina, al di là dell'Atlantico.

Sempre affiancato dal clan Insfran, presto fece parte delle sue illecite narco attività, fino a quando le autorità paraguaiane lo smantellarono sotto il comando del Procuratore Marcelo Pecci (Operazione A Ultranza), e da quel momento decise di prendere altre strade, essendo che anche la SENAD, organismo paraguaiano antidroga, lo stava già monitorando. Si prefisse di arrivare in Turchia, sempre insieme a sua moglie, i suoi figli ed un fratello, sicuramente per allontanarsi da quella per niente favorevole congiuntura. Così, arrivò negli Emirati Arabi nel settembre del 2021, ma all'aeroporto del Dubai fu fermato perché in possesso di un passaporto falso. Un ostacolo che avrebbe avuto conseguenze.     

La sua permanenza a Dubai fu l'anticamera di un episodio che non solo coinvolse lui direttamente, ma anche le autorità uruguaiane. In effetti, ne derivò un grande scandalo, fino ad oggi. Lui stesso sollecitò all'Uruguay un passaporto speciale per uscire dagli Emirati Arabi Uniti, il suo avvocato iniziò le procedure presso la Cancelleria uruguaiana ed il Ministero dell'Interno. Dopo circa cinque mesi finalmente nel gennaio del 2022 il documento gli fu concesso, fatto che ha lasciato non pochi dubbi sulla natura legale del passaporto.

Con il suo fiammante passaporto uruguaiano, con il suo vero nome, Sebastián Enrique Marset Cabrera, già esentato dalla Giustizia degli Stati Uniti per il passaporto falsificato scoperto a settembre dell'anno precedente, e perché comunque non era ricercato internazionalmente, lui insieme alla sua famiglia riuscì ad abbandonare quelle terre con destinazione sconosciuta, lasciandosi alle spalle un importante intervento fiscale delle autorità in Uruguay per il rilascio del documento. Dopo un anno e sette mesi di latitanza dopo aver lasciato Dubai, la polizia boliviana lo scoprì a Santa Cruz de la Sierra. Questo è successo una settimana fa e Marset è riuscito a sfuggire ad una spettacolare operazione per la sua cattura. Marset continua ad essere latitante. 

La sua popolarità nella clandestinità si sposa con il suo modo di fare già da alcuni anni. Circondato dal lusso da sempre (quel lusso dell'ambiente narco che un giorno brilla ed il giorno dopo diventa opaco), vive a metà il presente, sotto falsa identità, i suoi documenti falsificati e la sua gente di fiducia.

Ed i suoi legami con delinquenti del suo livello e con poliziotti corrotti? Bene, a questo punto, nel suo ambiente, è molto probabile - quasi certezza - che ci deve essere un sottofondo molto rispettabile. Un sottofondo che sicuramente ha avuto il suo punto di origine in tempi ben lontani, nella sua cerchia. I video da lui inviati in precedenza, ad esempio quello fatto arrivare ad un canale di televisione uruguaiano dove diceva di non c’entrare nulla con la morte del procuratore Marcelo Pecci (come risposta alle accuse sulla sua persona da parte del presidente colombiano), ed altri, come quelli recenti, minacciando giornalisti uruguaiani e boliviani o incluso vantandosi di essere fuggito in tempo da uno dei suoi nascondigli, perché allertato da qualcuno in un alto comando poliziesco, rendono chiara la dimensione del sottofondo in cui è sommerso.  

Osservando la sua latitanza ci sono aspetti che suggeriscono che qualcosa sta succedendo nell’ambito criminale in cui Marset sguazza. Non bisogna dimenticare che sono già caduti in mano alla giustizia due dei suoi più fiancheggiatori più fedeli: Erlan Iván García López ed un cittadino peruviano. Da non dimenticare neppure che, in precedenza, c’è stata una serie di interventi della polizia con numerosi arresti e lo smantellamento di alcune delle strutture di vincoli, imprenditoriali e finanziarie sempre nel mondo di Marset. 


pecci marcelo da ilmessaggero

Marcelo Pecci


Non dimentichiamo che quando fuggì nel primo blitz, furono sequestrati diversi elementi dell’ampia logistica di Marset, come veicoli, denaro, armi, munizioni. Vale a dire che il colpo ricevuto dall'uruguaiano non è stato leggero. La situazione non è tranquilla. Sebastián Marset fugge dai suoi cacciatori - circa duemila cinquecento effettivi che operano a Santa Cruz de la Sierra, in Cochabamba ed in tutto il territorio boliviano, e senza trascurare le frontiere - che hanno un solo obiettivo: catturarlo, e non si scarta che possa essere messo a tacere. Perché? Perché Marset sa molto più di quello che lui stesso crede di sapere e perché le sue parole, in certe circostanze e luoghi, possono essere pericolose per certi interessi.  

Questa sua situazione, in fuga costante con la sua famiglia, figli minori compresi, non è delle migliori. Ci sono dei rischi dappertutto. Forse la barca in cui si trova fa acqua? Sarà che i suoi contatti, anche con il potere, si sono indeboliti o questi personaggi sono arrabbiati con lui? Non bisogna dimenticare che non meno di 72 ore fa, in occasione delle celebrazioni del 6 agosto - anniversario dell'Indipendenza della Bolivia – i cittadini hanno chiesto al presidente boliviano Arce se sapesse dove si trovava Marset sottintendendo il suo fosse un narco governo.  Forse è veramente un “narco-governo?. Se fosse vero, forse qualcuno della stessa polizia lo ha avvisato di fuggire da uno dei suoi nascondigli? 

Quale è la verità intorno a Sebastián Marset? Ci sono delle complicità con le forze di sicurezza, politici, imprenditori ed una rete di personaggi del mondo del narcotraffico regionale - Bolivia, Paraguay - dentro il territorio boliviano? Cercherà Marset - per salvare la sua vita e quella della sua famiglia – di uscire dalla Bolivia? Marset è consapevole di essere accerchiato dai fatti e cercherà il modo di calmare le acque alquanto turbolente oggi nella sua attività criminale?  

Il persecutore più mediatico di Marset è il ministro di governo Eduardo Del Castillo (in foto). Se è un uomo onesto arriverà a concretizzare il suo obiettivo, cioè, catturare Marset e metterlo a disposizione della Giustizia, e mettere fine così alle sue spavalderie presentandosi in campi da calcio, organizzando spedizioni di cocaina, inviando video a non finire e tutto ciò che riguardi il suo essere un narco.

Ma se dietro quella figura di giustiziere, del ministro Del Castillo, si nascondesse il volto della corruzione più inimmaginabile, Marset non verrà mai catturato ed il ministro in questione sarà allora senza dubbio il personaggio più mediatico, e più sospettoso ad avere agito in funzione agli interessi di Marset e del mondo narco in Bolivia. Un ministro che si supponeva fosse uno specchio di onorabilità e di rispetto alle leggi. Questi due volti sono sempre presenti, nei comandi di governo, conniventi con il potere criminale. Tutto ciò bisognerebbe dimostrarlo, è chiaro, ma i dubbi restano comunque, alleggiando nell’aria.

Per il governo della Bolivia fermare Marset significherebbe molto, ma specialmente sarebbe una buona notizia in un contesto di lotta contro il crimine organizzato. Ovvio che, per il narcotraffico regionale, non sarà una notizia incoraggiante. Ed una di queste verità, forse la più pesante, sia quella che eventualmente possa collegare Marset con il crimine transnazionale del Procuratore Marcelo Pecci.  

Per il governo uruguaiano sarà anche una buona notizia, ma, tenendo presente la distanza geografica con la Bolivia, il fenomeno criminale Marset, continuerà ad essere un'ombra per niente incoraggiante nel nostro paese, almeno se dall’interno dell’Esecutivo, presieduto da Luis Lacalle Pou, non si prende coscienza che all’interno delle nostre frontiere la nostra vulnerabilità aumenta velocemente di fronte al narcotraffico internazionale che conosce perfettamente tutti ed ognuno dei punti deboli di un paese che è nuovamente favorevole al sistema criminale integrato. 

Ieri c’era Rocco Morabito, che prima si stabilì in Uruguay per oltre 15 anni – latitante dalla giustizia italiana - per seguire da vicino i suoi affari del narcotraffico nella regione, in qualità di capo della 'Ndrangheta, e poi si mise in tasca poliziotti ed altri complici, che, dopo la sua cattura - nel settembre del 2017 - gli permisero di condurre una vita in galera piena di benefici, uno di questi, la sua fuga giorni prima di essere estradato. Oggi, è un Sebastián Marset, un uruguaiano e narco, latitante in terre boliviane, ma che ha saputo lasciare un'eredità scandalosa ai suoi compatrioti, alle autorità, sollecitando in Dubai un passaporto, come se si trattasse di un cittadino esemplare e rispettoso della legge, riuscendo ad ottenerlo. 

Ma sappiamo che, se Marset morisse in Bolivia, o fuggisse dal paese o venisse catturato, magari qui in Uruguay o in qualunque altra parte, la testa del serpente non sarà stata tagliata. Il narcotraffico internazionale perderà, temporaneamente, uno dei suoi tentacoli, ma non la sua forza, né il suo potere, perché il polipo criminale è molto vario, molto multiforme, è molto esteso nel nostro continente, e ha un padrino o molti, dentro il sistema politico, a cui fa riferimento quasi istintivamente il potere criminale, dovunque operi, con belle cifre di denaro, per corrompere e demolire tutto quello che rappresenti un ostacolo. Demolire spesso a colpi di piombo e proiettili chi osa essere un pericolo reale per i suoi affari, come è successo al procuratore Marcelo Pecci, ad esempio, una prova eloquente e drammatica. 

Il caso Sebastián Marset in paesi come Uruguay, Paraguay e Bolivia, dobbiamo averle ben presente, non è un caso isolato. È solo un albero, all’interno di un rigoglioso bosco del narcotraffico transnazionale. Ed è già ora che non facciamo i finti tonti bisogna vedere sempre l'albero, senza isolarlo dal bosco. Perché tutto è unito. 

Foto di copertina: La Nación/Gentileza

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