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È quanto emerge da una perizia presentata dalla famiglia del poeta

I famigliari del poeta cileno comunista Pablo Neruda hanno presentato un anticipo di una relazione degli esperti che suggerisce che sarebbe il celebre scrittore Pablo Neruda sia stato assassinato con l’inoculazione di un batterio botulinico. Finora si è sempre affermato che il cileno era morto a conseguenza dell'avanzato cancro di prostata di cui soffriva dal 1969, e che secondo i famigliari era sotto controllo. Neruda morì il 23 settembre del 1973, solo 12 giorni dopo il colpo militare che spodestò il governo democratico e socialista di Salvador Allende. 

Rodolfo Reyes*, nipote del poeta, ha sempre sostenuto che Neruda era stato assassinato: “Lo zio aveva il cancro sotto controllo ed era andato alla Clinica Santa Maria perché sapeva che più avanti sarebbe andato in Messico”, ha detto Reyes, che è anche l'avvocato della famiglia, ai media spagnoli. Ricordiamo che Neruda – che aveva partecipato attivamente alla rivoluzione socialista in Cile e aveva ricoperto diversi incarichi di governo nella sua vita -, aveva lasciato il suo incarico come ambasciatore in Francia, nel febbraio del 1973, per poi ritirarsi nella casa che aveva in Isla Negra. All’epoca il Cile era attraversato da una crisi sociale, economica e politica incentivata dai settori dell'estrema destra, nazionali e stranieri, oppositori del governo socialista di Salvador Allende. Una crisi che rientra nella logica di quello che oggi si conosce come lawfare, e che fece da anticamera all'istaurazione delle dittature militari del Piano Condor responsabili di un vero genocidio in America latina.  

L’11 settembre, il traditore e fautore del golpe, il generale Augusto Pinochet,  guidò le truppe sovversive e prese d’assalto il Palazzo La Moneda, dove Allende resistette coraggiosamente fino all'ultimo suo sospiro. Quel fatidico giorno nella storia dei popoli latini segnò l’affermazione dei “Chicago Boys" (gruppo di economisti cileni, ndr.)  di Milton Friedman, e del neoliberalismo esacerbato che affligge il popolo cileno ancora oggi. Due giorni dopo, il 13 settembre, un contingente di soldati fece irruzione nell’abitazione del poeta a Isla Negra. Un’azione violenta, smisurata e su tanti aspetti ignobile. Non solo distrussero e fracassarono tutto, ma, come da abitudine delle forze militari deviate, saccheggiarono la casa. Una dimostrazione di potere che metteva a nudo il totale stato di indifesa in cui si trovavano gli oppositori del regime, non importa chi essi fossero. 

Il 19 di quello stesso mese, Neruda, su raccomandazione del suo medico, l'urologo Roberto Vargas Zalazar, fu trasferito a Santiago del Cile, per essere ricoverato temporaneamente nella Clinica Santa Maria. Un luogo “sicuro”, in attesa del suo esilio in Messico, già programmato considerando l’amministrazione dall'ambasciatore azteco, Gonzalo Martínez Corbalá. Dal Messico, Neruda sarebbe stata una figura indispensabile per organizzare la controffensiva intellettuale e diplomatica contro le dittature del Cono Sud; è per questo motivo che la sua morte era una necessità per Augusto Pinochet.

Il viaggio da Isla Negra a Santiago, meno di 100 km., durò diverse ore a causa della persecuzione alla quale fu sottomesso da parte dei soldati fedeli a Pinochet. Quattro posti di blocco militari fermarono l'ambulanza che trasportava Neruda. Addirittura in uno di questi lo fecero scendere e praticamente lo denudarono. Finalmente riuscì ad arrivare alla clinica dove ricevette pochissime visite. 

Nel 2011, a seguito di denunce presentate dal Partito Comunista del Cile, fu aperto un fascicolo per far luce sulle cause della morte del poeta. Una delle principali testimonianze è quella di Manuel Araya Osorio, segretario personale di Neruda, e che era vicino a lui in quei giorni. Il segretario ha raccontato che il giorno 23, la mattina presto, andò ad Isla Negra, insieme a Matilde Urrutia - la moglie del poeta -, per raccogliere gli ultimi oggetti personali di Neruda, tra questi le sue memorie. È in quel momento che ricevettero una chiamata dalla clinica, dove proprio Neruda disse loro ‘Venite rapido, perché mentre dormivo è entrato un dottore e mi ha fatto un'iniezione’, che non era previsto nel trattamento che stava ricevendo normalmente. “Quando siamo arrivati in clinica - racconta Araya al quotidiano El Ciudadano -, Neruda aveva febbre alta ed era arrossato.  Disse che lo avevano punto nel cottone e che ignorava cosa gli avessero iniettato. A quel punto abbiamo visto che aveva una macchia rossa”. Dopo un medico gli disse, “Deve andare a comprargli urgente a Don Pablo un medicinale che non abbiamo in clinica”.

Nel tragitto il segretario viene intercettato da una ‘patota’ (militari in borghese) del regime, lo picchiarono, gli spararono contro, fu sequestrato e trasferito allo Stadio Nazionale, il campo di concentramento di Pinochet. Lì, mentre Neruda moriva, Araya insieme a migliaia di cileni soffriva selvagge torture. Sopravvisse, grazie all’intervento del “cardinale Raúl Silva Henríquez che riuscì a tirarmi fuori da quell'inferno”. 

Nel 2013, i resti di Neruda furono esumati dal posto dove riposavano e si procedete a realizzare una serie di studi e perizie che sostenessero la versione ufficiale, quella che decretava la malattia come causa di morte. Ma il nipote, Rodolfo Reyes, continuò a fare altre ricerche e riuscì a far sì che altri 16 periti internazionali realizzassero nuovi lavori investigativi. Nel 2017, furono trovate tracce di clostridium botulinum, in uno dei molari del cadavere di Neruda. Questo batterio si trova nella terra, ma secondo gli esperti, lo stesso non era filtrato all'interno della bara, ma, al contrario, era già nel corpo prima che avvenisse il decesso. Reyes denuncia che “Neruda fu assassinato nel 1973 da agenti dello Stato cileno”.  

Foto © Jeso Carneiro

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