Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

mubarak-hosnidi Maurizio Molinari - 30 novembre 2014
Cade l’accusa per le stragi del 2011, mentre i suoi oppositori sono in carcere e il rivale Morsi rischia la pena di morte. La sentenza di ieri riabilita il Faraone econsolida il potere dell’erede Al Sisi. Chiusa lastagione delle rivoluzioni?
«Non colpevoli, non dovevano essere processati»: leggendo questo verdetto nei confronti di Hosni Mubarak, del suo ex ministro dell’Interno Habib El-Adly e dei suoi ex collaboratori, inclusi i figli Alaa e Gamal, il giudice cairota Mahmoud Kamel al-Rashidi sancisce la sconfitta del movimento di rivolta che rovesciò il raiss nel 2011 e suggella la stagione della controrivoluzione del presidente Abdel Fattah al Sisi.
Detenuto dall’aprile del 2011, Mubarak era sotto processo con gli altri imputati per l’uccisione di 239 dei quasi 900 dimostranti caduti sotto i colpi dei militari nei 18 giorni di rivolta.
Condannato all’ergastolo nel 2012 con una sentenza poi annullata, ora Mubarak viene assolto da un verdetto di 1340 pagine perché il tribunale del Quinto Distretto, riunito nell’Accademia di polizia, ritiene che «le prove non sono sufficienti», aggiungendo che «sarà giudicato dalla Storia e da Dio». Mubarak, 86 anni, i figli e l’imprenditore Hussein Salem sono assolti anche dalle accuse di «corruzione» nella vendita di gas naturale ad Israele.

Le grida di gioia dei sostenitori dell’ex Raiss nell’aula, i sorrisi di Mubarak e degli altri imputati riassumono il significato di un’assoluzione che sancisce il capovolgimento politico rispetto alla rivoluzione del 2011: il Presidente autoritario deposto viene di fatto riabilitato mentre nelle prigioni egiziane vi sono migliaia di suoi oppositori. Mubarak e i figli non tornano subito in libertà perché devono finire di scontare tre anni di detenzione per corruzione e manomissione del bilancio, ma la scelta dell’esercito di schierarsi con cinquemila uomini nel centro della capitale - inclusa Piazza Tahrir - svela la consapevolezza della svolta e il timore di proteste.
Il commento dell’ex Faraone è lapidario: «Non ho fatto nulla di male. Ma se i suoi sostenitori ritmano il canto «Dite la verità, non abbiate paura, Mubarak è innocente» i parenti delle vittime della rivoluzione si rispecchiano nel commento di Mostafa Morsi: «Mio figlio è morto invano». L’avvocato dei parenti Ahmed Abed Aljuwad prevede «conseguenze negative perché non ci sono responsabili per le 239 vittime». Hala Shukrallah, leader del partito della Costituzione all’opposizione, parla di un «vecchio ordine che torna in sella, la nostra rivoluzione cancellata e l’Egitto rispedito nel passato». È un’opinione che coincide con la rabbia di Amr Darrag, volto di spicco dei Fratelli Musulmani ed ex ministro del presidente Mohammed Morsi rovesciato nel 2013: «Nessun processo può svolgersi regolarmente sotto questo regime». La reazione dei sostenitori di Al Sisi è di non dare eccessivo valore alla sentenza. «Gli egiziani sono più preoccupati del futuro anziché del passato» afferma Salah Hasaballah, vicepresidente del partito della Conferenza pro-Al Sisi, aggiungendo: «Mubarak ha dato molto all’Egitto ma, dopo due rivoluzioni e un nuovo Presidente, guardiamo avanti».
È un basso profilo che descrive la controrivoluzione egiziana. Al Sisi si è circondato di ex ministri e collaboratori di Mubarak, è protagonista dello stesso pugno di ferro contro i Fratelli Musulmani del predecessore, ha progetti economici faraonici - dalle città nel deserto al raddoppio del Canale di Suez - ed è affiancato da tribunali speciali mai così attivi, presentando il tutto come «la costruzione di un futuro migliore». L’intento è rigenerare il vecchio sistema di potere per fare dell’Egitto un argine contro i movimenti islamici nel mondo arabo, per riportare stabilità nell’intera regione. Per questo l’ex presidente Morsi, incarcerato per tradimento, rischia una sentenza assai diversa da Mubarak. Come spiega un generale che fu compagno di accademia di Al Sisi: «Ciò che lo distingue è la convinzione che i soldati sono migliori musulmani degli imam».

Tratto da: La Stampa del 30 novembre 2014

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos