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premier turco Erdogan e presidente Siria Basharal-Asaddi Antonella Appiano - 22 novembre 2011
La Lega Araba sospende la Siria dall’Organizzazione e, il 16 novembre, centinaia di siriani protestano colpendo le ambasciate del Qatar, degli Emirati Arabi, del Marocco. Prima era stata attaccata anche quella dell’ex alleata e amica Turchia. E gli attori sulla scena internazionale si moltiplicano, si schierano, mantengono o cambiano il ruolo.  La Lega araba prima di tutto. La sua decisione può allora essere sufficiente a far cadere Bashar al-Assad? Secondo Robert Fisk “è difficile”. Per il giornalista britannico infatti la caduta di Bashar è ancora molto lontana anche se “il tempo a sua disposizione si sta esaurendo rapidamente”.

Un consenso inter-arabo anti-Assad rende più difficile alla Russia e alla Cina il sostegno al regime ma, ancora Fisk, dalle pagine dell’’Indipendent’, afferma che “ i vertici militari russi non hanno interrotto la fornitura di armi e tecnologia militare alla Siria, che permette alla flotta militare russa di avere un porto (Tartous) sul Mediterraneo”.

La Turchia. Il primo Ministro Recep Tayyb Erdogan ha reagito all’attacco dell’Ambasciata minacciando di sospendere i progetti congiunti di trivellazioni petrolifere e di tagliare le forniture elettriche alla Siria. Un’azione che procurerebbe però un bel danno economico per la Turchia, che ha fatto molti investimenti in Siria. Ankara, d’altra parte, all’inizio delle rivolte ha cercato di convincere Bashar Al- Assad ad abbandonare la via della repressione ma dopo vari tentativi falliti, ha aperto all’Opposizione siriana ospitando vertici e Congressi. E proprio dalla Turchia il 17 novembre il leader del leader dei Fratelli musulmani siriani in esilio, Muhammad Shafqa, ha dichiarato alla stampa che la Fratellanza è favorevole “a un intervento militare straniero in Siria, meglio se turco”.

Erdogan insomma ha cambiato ruolo, scegliendo la linea dura con l’ex alleato anche se in questo momento ha qualche ’guaio’ in casa. I rapporti con il Partito curdo per la Democrazia e la Pace (Bdp) infatti sono sempre più tesi. L’accusa che il Primo Ministro turco rivolge ai curdi del Bdp in parlamento, è quella di arruolare in segreto militanti per il Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) il movimento politico clandestino armato che rivendica la creazione di uno stato sovrano del Kurdistan, indipendente dalla Turchia.

Il Libano. Ha detto ’no’ alla decisione della Lega araba di sospendere la Siria. Ma il Paese dei cedri si è ’spaccato in due’ sul voto contrario facendo tornare a galla le divergenze delle fazioni politiche libanesi nei confronti del Paese dirimpettaio. I rapporti fra i due Paesi mantengono un ’sottofondo’ teso e ambiguo a causa dei 15 anni di guerra civile in cui la Siria controllava militarmente e politicamente il Libano, anche se ultimamente si erano normalizzati. Resta comunque saldo il legame tra gli Assad ed Hezbollah, il ’Partito sciita di Dio’ che rappresenta due terzi dell’esecutivo libanese.

La decisione del presidente Suleiman e del premier Najib Miqati è stata contestata dall’opposizione, la coalizione anti-siriana del 14 marzo guidata dal Movimento del Futuro di Saad Hariri, figlio del Primo ministro Rafiq Hariri assassinato il 14 febbraio del 200. Il Presidente Michel Suleiman ha giustificato la scelta affermando che le sanzioni colpiscono anche il popolo non solo il governo e che “sospendere la Siria dalla Lega comporta il rischio di un intervento militare straniero”. Un pericolo spesso messo in risalto anche dal leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah.

L’Iran. L’alleaza con la Siria è ’storica’ perché gli Assad fanno parte di una minoranza sciita, quella degli alawuiti che secondo i sunniti non potevano essere considerati musulmani perché credevano nella reincarnazione. E’ stato un Imam libanese di origini iraniane, Musa Sadr, a proclamare che gli alawuiti avevano diritto ad appartenere all’Islam a pieno titolo. Un riconoscimento indispensabile per il padre dell’attuale presidente Bashar, Hafez Al Hassad, salito al potere nel 1970. Negli anni l’alleanza si è fortificata grazie a nemici in comune. Israele che nel 967 occupò le alture siriane del Golan e il sunnita Saddam Hussein che nel 1980 attaccò l’Iran. Ma la situazione di oggi potrebbe rimescolare le carte. Il regime siriano non riesce ad uscire dalla crisi e l’Iran è ’sotto attacco’ economico e (forse) militare per la questione del nucleare.

In Siria intanto la situazione sta diventando insostenibile. Come afferma anche Robert Fisk, “si può ben parlare di una guerra civile in cui sono tutti sconfitti”.

Antonella Appiano in esclusiva per L’Indro lindro.it (riproducibile citando la fonte)

Fonte: conbagaglioleggero.com

Tratto da: megachip.info

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