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59141-bbbbdi Piotr (Пётр) - Megachip - 18 ottobre 2011
Sabato 15 ottobre centinaia di migliaia di persone a Roma sono state tenute in ostaggio da qualche centinaio di guerrieri che sono riusciti a trascinare con sé un migliaio di ragazzi, spesso molto giovani, esasperati e purtroppo incapaci di ogni pensiero politico.

Questi sono i numeri. I guerrieri sono andati all’attacco di una città presidiata da forze di Polizia che avevano evidentemente ricevuto l’ordine di mantenere un basso profilo e non massacrare il corteo. Quell’ordine veniva dall’alto. 

L’ambiente preciso è stato probabilmente rivelato dalle dichiarazioni di Mario Draghi all’incontro del G20 finanziario a Parigi, molto “comprensive” nei nostri confronti.

Il Cavaliere Berlusconi ormai boccheggiante sarebbe stata l’ultima persona a trarre vantaggio da una nuova Genova con carrozzine per disabili rovesciate, boyscout con la testa sfasciata e famiglie prese a botte dalle forze di polizia. Tuttavia penso che l’ordine di mantenere un basso profilo non sia venuto da lui, ma da chi sta facendo maturare le condizioni per la sua successione.

Al G20 di Parigi avranno dovuto tener conto delle “rigidità verso il basso” (per usare un termine del loro slang) che le loro politiche di spoliazione delle classi subalterne hanno incominciato ad incontrare e che stanno dilagando in tutti i continenti.

Da qui la prudenza e il tentativo di non radicalizzare in piazza proteste che con buona probabilità possono radicalizzarsi per altri motivi già spontaneamente.

D’altra parte non era nell’interesse di un movimento politico responsabile e neonato scontrarsi alla cieca, ovvero contro un governo nazionale tenuto in vita artificialmente da centri di potere con cordoni ombelicali al di fuori della portata di singoli movimenti nazionali.

Ci occorre collegamento, coordinamento, crescita, radicamento e voce. Molta voce.

Quale era allora la voce della minoranza di ultrà dello scorso Sabato 15 ottobre? Intendo quella che non si riduce al grido rauco di rabbia? Eccola: «Se non si fa casino non si riesce ad essere sentiti».

Sentiti da chi?

In realtà, per far sentire la propria voce serve la forza politica, non quella militare.

Quella militare serve ad altro, serve a sovvertire l’ordine proprio di chi non ascolta.

Questa sovversione non ha assolutamente niente a che vedere con il rito a scadenza prestabilita della devastazione dei centri cittadini. Che non è lotta di classe e meno che meno rivoluzione, ma una jacquerie.

Queste persone dimostrano così di essere prigioniere senza scampo della logica della società dello spettacolo che è parte integrante del sistema che esse vogliono combattere: esisti solo se di te parlano i media, solo se ti mostrano seppur senza volto o fanno una bella panoramica sul risultato delle tue imprese. Costi quel che costi, non è vero? Anche l’incolumità di madri e padri presenti alla manifestazione coi loro bambini, delle persone più anziane, o dei disabili lì presenti in piazza. E costi anche l’afonia del movimento in cui vi siete intrufolati. Un movimento che ora è costretto a discutere cosa dire di voi, e non delle banche, delle multinazionali, delle oligarchie finanziarie, delle guerre imperiali.

Il movimento del 15 ottobre, o meglio solo alcune delle sue varie anime, aveva con difficoltà ottenuto qualche spazio mediatico in questa società da cambiare. Molte altre voci, come le componenti del Comitato 1° ottobre, sono state emarginate preventivamente, ben prima della giornata di Sabato.

Oggi la nostra voce è stata totalmente sovrastata da persone la cui irresponsabilità non può essere giustificata dalla loro disperazione.

Siamo tutti disperati. E anche esasperati. Ma il 15 ottobre noi non lo abbiamo potuto dire, perché siamo stati azzittiti. Tutti. E senza voce non si vive, perché la voce è collegamento, coordinamento, crescita e radicamento.

Non dovrà più succedere.

Tratto da: megachip.info

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