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di Jean Georges Almendras e Giorgio Bongiovanni
Un popolo che rinnega i propri martiri

Sorprendente da qualsiasi lato lo si guardi l’esito del ballottaggio di domenica 24 novembre a Montevideo, capitale dell'Uruguay, tra l'ingegnere Daniel Martínez (candidato della forza politica Frente Amplio, linea progressista, coalizione di sinistra), e l'avvocato Luis Lacalle Pou (candidato del Partito Nacional- blanco - linea di destra), si è concluso con un testa a testa, cioè un pareggio tecnico. È ufficiale. Al momento della stesura del presente articolo, la relazione della Corte Elettorale rende noto che all'1:46 del mattino di lunedì 25 novembre Luis Lacalle Pou aveva raggiunto il 48.7% dei voti, mentre Daniel Martínez il 47.51%. Il candidato blanco conta con 28.666 voti in più del frenteamplista. Per avere un risultato definitivo bisognerà aspettare lo scrutinio di 35.229 schede, che si stima possa concludersi tra giovedì 28 e venerdì 29 di questo mese. Solo allora si saprà con certezza chi assumerà la presidenza della Repubblica.
La notizia è così di chiara. Può essere interpretata come una notizia che fornisce semplicemente dei dati numerici. E potremmo rimanere così: nella dolce attesa dei risultati.
Ma invece, ci porta a riflettere in profondità su questa insolita situazione, perché questo "testa a testa" tra il frenteamplista Martínez (filogovernativo), ed il bianco Lacalle (opposizione) evidenzia qualcosa di realmente spaventoso. Dimostra che il popolo è letteralmente diviso.
Una divisione che è il risultato di un decadimento: la degenerazione di una parte della popolazione che ha voltato le spalle alla memoria e la decadenza di una sinistra che ha seguito quella linea, (la linea della cultura dell'impunità), perché ha fatto molto poco per preservare la memoria, e per consegnare alla Giustizia i responsabili di violazioni dei Diritti Umani in dittatura ed in post dittatura.
Una divisione che ci fa pensare che in realtà il popolo uruguaiano sia conservatore, egoista ed individualista e che soffra di amnesia. Una divisione che ci fa pensare che la dirigenza del Frente Amplio, nei suoi 15 anni di gestione, che non sono pochi, ha trascurato o dimenticato di coltivare (sostenere e preservare), l’attivismo nelle sue basi generando in questo modo una paralisi della dinamica combattiva che è vitale nelle lotte per le cause sociali e per i diritti umani.
Una divisione che dimostra che certe realtà sono state ignorate dai vertici nei quindici anni di ‘frenteamplismo’ e dobbiamo indicare come responsabili Tabaré Vázquez e José Mujica i cui discorsi sono stati, se si vuole, demagogici e privi degli impegni promessi nelle campagne elettorali.
Una divisione che ci fa pensare che in realtà proprio dalla stessa sinistra (salvo alcuni successi nella sua amministrazione), si è "lavorato" e "incentivato" uno schema di governo, di misure e di rapporti che con il tempo hanno favorito l'opposizione. L'opposizione formata da partiti tradizionali – blanco e colorado - da gruppi di centro destra (di idee e parametri per di più opposti ai settori popolari e alle necessità dei più vulnerabili in una società capitalista e consumistica).
Una divisione che vede un'opposizione militare e pro militare che negli ultimi anni riafferma l’"omertà" quando si tratta di rivelare alla Giustizia ed al popolo dove sono sepolti i detenuti desaparecidos, istituendo addirittura il "Comando Barneix" (clandestino e che non è stato mai indagato) che ha minacciato di morte i membri delle Organizzazioni per i Diritti Umani, e che ha creato un partito politico di netto taglio fascista e militare (Cabildo Abierto) guidato da un ex comandante dell'Esercito - Guido Manini Ríos - a suo tempo uomo di fiducia del presidente Tabaré Vázquez e coinvolto in una poco chiara controversia venuta alla luce nell’ambito di un procedimento del Tribunale di Onore Militare. Un Tribunale presieduto da generali che interrogò il militare José Nino Gavazzo -processato per violazione dei Diritti Umani- il quale ammise che negli anni settanta ha gettato nelle acque del fiume Negro il cadavere di un detenuto che era prigioniero in una struttura militare.
Una divisione che mi fa dedurre che tutta la gestione del potere nei tre periodi di governo è stata ben al di sotto delle aspettative, soprattutto dopo il periodo buio della dittatura e di governi democratici guidati da figure come Julio María Sanguinetti (colorado e referente della destra che ha molto a che fare con la dittatura e la cultura dell'impunità in materia di Diritti umani, fino ai nostri giorni, nonostante il fatto che personalmente faccia uso di una ridondante (e cinica) dialettica per apparire un difensore della democrazia e dei principi repubblicani, come Luis Alberto Lacalle (blanco, referente di una destra moderata e repressiva, e di linea conservatrice che ha contribuito anche lui alla continuità della dittatura, e come Jorge Battle (colorado e ugualmente referente delle ideologie servili ad un fascismo mascherato).
Una divisione che mette in evidenza che la leadership della "sinistra", oltre a non avere risposto con nobiltà né dignità agli elettori che la votarono a metà dell'anno 2000 (scegliendo, nel vero senso della parola, la comodità di sedersi al potere, indifferenti -tradendo- chi offrì la propria vita negli anni della dittatura), ha fatto del suo meglio per diventare una forza politica che si è impegnata nell’applicare le stesse pratiche di corruzione e di cattiva amministrazione dei partiti tradizionali di altre epoche, dimenticandosi di applicare le idee ‘artiguiste’ delineate nel programma del Frente Amplio e di attuare delle politiche mirate (esclusivamente), a rafforzare la giustizia e a sradicare la cultura dell'impunità. Una cultura dell'impunità supportata da chissà quali patti con la casta militare (alle spalle del popolo), al punto che curiosamente nelle gestioni di Vázquez e Mujica (al di là del processo e condanna - per la maggior parte agli arresti domiciliari - di Juan María Bordaberry, il Generale dittatore Gregorio Álvarez e di circa una ventina di militari e poliziotti per violazioni dei Diritti Umani), l’allora Comandante dell'Esercito ed oggi leader del Cabildo Abierto il Generale Guido Manini Ríos si si è lanciato sulla scena politica con conseguenze devastanti.
Incoerentemente, il popolo uruguaiano vive oggi la divisione (che va oltre le differenze di partito e della cosiddetta coesistenza democratica), perché è chiaro che il 50% della cittadinanza abilitata al voto si è diretta verso il fascismo, ritornando al passato, a chi rappresenta i dittatori che oggi riappaiono sulla scena politica come attori democratici di una falsa democrazia; scegliendo i fantasmi dei repressori, dei torturatori, dei violentatori, dei desaparecidos, uomini, donne e bambini.
Se effettivamente nei prossimi giorni diverrà ufficiale l'ascesa alla presidenza di Luis Lacalle Pou, la cultura dell'impunità (già radicata spudoratamente e a tradimento nei tre governi di sinistra sotto la responsabilità di personaggi come Tabaré Vázquez, José Mujica, Eleuterio Fernández Huidobro, emblemi del tradimento che ha infangato la forza politica sin dalla sua creazione e verso i giovani che persero la vita nella resistenza contro i militari), si installerà istituzionalmente nella vita "democratica" uruguaiana.
Se effettivamente nei prossimi giorni sarà proclamato presidente Luis Lacalle Pou, noi, redattori di Antimafia Dos Mil, osserveremo con orrore, il concretizzarsi del tradimento del Partito Nacional verso i suoi martiri della dittatura, come ad esempio il Presidente della Camera di Deputati dell'Uruguay, Héctor Gutierrez Ruiz (tra altri), rapito, torturato ed assassinato a colpi di pistola a Buenos Aires - insieme a Zelmar Michelini e a due giovani tupamaros- nel 1976 ad opera di un ‘grupo de tareas’ della dittatura argentina formato per la maggior parte da militari uruguaiani protetti dalla cultura dell'impunità in Uruguay.
Se effettivamente nei prossimi giorni sarà proclamato presidente Luis Lacalle Pou sarà la prova innegabile che l'amnesia storica, nello stesso Partito Nacional, che è arrivata all'apice accettando una coalizione con la casta militare (cioè con il Generale Guido Manini Ríos, di Cabildo Abierto), dopo che la casta militare fu dichiarata nemica del Partito Nacional la notte del 27 giugno del 1973 dal senatore blanco Wilson Ferreira Aldunate, emblematica figura degli esponenti blancos di quei giorni, in uno dei suoi più memorabili interventi prima che i militari prendessero il controllo del palazzo del parlamento al momento del colpo di Stato.
Se effettivamente nei prossimi giorni Luis Lacalle Pou sarà proclamato presidente, la sicurezza cittadina sarà una questione prioritaria nell’agenda di governo e per tale ragione sicuramente la militarizzazione delle strade dell'Uruguay, nonostante non sia stata approvata ancora una riforma costituzionale (sotto la campagna "Vivere Senza Paura"), nel plebiscito dello scorso 27 ottobre, sicuramente la renderanno effettiva attraverso qualche manovra legale di circostanza.
Il popolo uruguaiano che ha votato Luis Lacalle Pou, non ha avuto discernimento e non ha ragionato sul fatto che votare un personaggio (che rappresenta il fior fiore della destra uruguaiana), significa abilitarlo a stringere legami con il Partito Colorado e i gruppi estremisti, con la casta militare uruguaiana, con il più recalcitrante fascismo, con il militarismo, la repressione, la criminalizzazione delle proteste sociali, il soggiogamento dei diritti umani, l'impunità a favore dei servitori dei dittatori del passato e del Piano Condor, con i datori di lavoro che non contemplano le lotte dei lavoratori e dei settori più vulnerabili della società.
Con l'eventuale trionfo di Luis Lacalle Pou il paese uruguaiano è alle porte del caos, perché l’orientamento a destra che si prospetta farà stragi, seminerà dolore, repressione e morte. Quel poco più del cinquanta percento di questo paese diviso è stato egoista e codardo votando Luis Lacalle Pou, perché ha voltato le spalle ai 200 martiri le cui foto vengono esposte da oltre 20 anni nell’ Avenida principale di Montevideo, nella Marcia del Silenzio, quella colonna umana di familiari di detenuti desaparecidos e di cittadini che li sostengono, e che da ora in poi (se realmente vorrà farsi sentire), dovrà rompere il silenzio per gridare giustizia. La giustizia negata loro dalla sinistra e la giustizia che la destra blanco-colorada e militarista frantumerà in un paese che sarà calpestato dall'autoritarismo avvolto dalla cultura dell'impunità, perché sicuramente la mancanza di volontà politica di trovare i resti dei desaparecidos diverrà Legge inconfutabile. E così, il tradimento del popolo che non ha preservato la memoria e che ha ignorato i propri morti, sarà all’apice.
Come redattori di Antimafia Dos Mil l’intera situazione ci rattrista. Ci provoca rabbia. Delusione, nel vedere con i nostri occhi, come il sacrificio militante di molti e molte uruguaiane è stato preso a schiaffi dai propri compatrioti. Oltraggiato da un egoismo cittadino, segno di una palese divisione che ci costringe a pensare che questo paese veramente (e sinceramente), non si merita quei sacrifici che costarono vite e sofferenze indescrivibili. Per adesso, ci impegneremo nelle lotte latinoamericane che sono anche le nostre. Perché oltrefrontiera i popoli di paesi come Cile, Bolivia, Colombia, Brasile, Honduras, tra gli altri, stanno lottando nelle strade per la loro libertà e contro i militarismi e gli imperialismi, però non danno il loro voto agli oppressori, ai repressori e ai militari.
Il ballottaggio di questo 2019 finito con un "testa a testa" ci mostra che la metà di questo paese ha scelto di dare il proprio voto al fascismo e al militarismo, senza considerare che ciò significa tradire non solo chi ha affrontato la dittatura, gli autoritarismi e gli abusi in tempo di democrazia, ma anche chi nei tre periodi della "sinistra uruguaiana" ha denunciato la corruzione nel governo, la complicità e i patti con i militari nei giorni del MLN (Movimento di Liberazione Nazionale), le repressioni contro studenti e giovani dei quartieri poveri, la criminalizzazione delle proteste sociali, gli interventi delle autorità del governo al fine di ostacolare le indagini sulle violazione dei Diritti Umani (ricordiamo il trasferimento del giudice Motta, la ferrea difesa dei militari per bocca dell'ex tupamaro Huidobro come Ministro della Difesa che osò inoltre offendere le organizzazioni patrocinatrici di Diritti Umani), i commenti non etici di José Mujica riferiti a gruppi ambientalisti, le immorali e illecite concessioni alle multinazionali per l’avvio di imprese come miniere a cielo aperto e UPM senza rispettare la sovranità, le operazioni di narcotraffico in territorio nazionale con la presenza di mafie messicane e italiane (Rocco Morabito, esponente della ‘Ndrangheta) e i pochi ritrovamenti di resti umani di detenuti desaparecido (cinque in tutto, oltre il caso dell’attivista il cui corpo fu buttato al rio Negro) sepolti in strutture militari.
Dare il voto al fascismo mascherato da splendente democrazia è imperdonabile, un atto codardo e traditore. Che ci porta sconforto e tanta rabbia, soprattutto perché dietro quei voti ci sono vite falciate dalla dittatura, dimenticate, calpestate e relegate nell'oblio della memoria cittadina, da un popolo che si reputa democratico e che si crede civilizzato, ma che in realtà non lo è.
Imperdonabile.

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