Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

di Carlo Pizzati
Chi non potrà dimostrare di essere residente da prima del 1971 sarà respinto in Bangladesh. Allestite decine di campi di detenzione

"Quel che è successo ai Rohingya cacciati da Myanmar potrebbe succedere adesso anche a noi, qui nell’Assam. E abbiamo tanta paura", il militante per i diritti umani Nazruli Ali Ahmed è davvero preoccupato dalla notizia di giornata: il governo indiano ha pubblicato una lista di quasi 2 milioni di persone che risiedono in India da tutta la vita, ma cui è stata subito tolta la cittadinanza poiché sospetti di essere immigranti clandestini del Bangladesh. Di punto in bianco. Così, più di un milione e 900 mila indiani sono stati esclusi dal Registro Nazionale dei Cittadini e potrebbero essere accompagnati alle frontiere del Bangladesh entro l’anno prossimo. Chi non troverà le prove scritte di essere emigrato in India prima del 1971, data di nascita del Bangladesh, perderà terre, diritto di voto e la libertà di restare. I ricorsi impossibili Ci sono solo quattro mesi per fare appello presso tribunali lenti e intasati, un’arma burocratica che spinge tanti allo sconforto, e alcuni al suicidio. Sì, perché nel frattempo si finisce in campi di concentramento malsani e pericolosi. Sei quelli operativi, ma ne stanno costruendo altri dieci per assorbire le centinaia di migliaia di persone che potrebbero arrivare nelle prossime settimane, in attesa di stabilire i propri diritti. Sono scene che ricordano la frontiera americana con il Messico. Dentro, da una parte della rete del campo c’è Mijanur Rahman, contadino 47 enne con i tre figli, in stanze da 40 persone stipate con 120 disperati. Fuori invece c’è sua moglie con le altre tre figlie, scampate dalla lista. Tutti in attesa di difendere i propri diritti nei famigerati Tribunali per Stranieri, dove 9 casi su 10 sono musulmani, i quali hanno il doppio delle possibilità degli indù di perdere. Il caso più vergognoso è stato quello di Mohammend Somouallah, decorato veterano dell’esercito indiano, finito in un campo di detenzione per undici giorni prima d’essere liberato. Molti gli indù detenuti nei campi assieme ai musulmani, con disagio del partito di governo, il fondamentalista BJP. Pulizia religiosa? I sospetti sono evidenti. Il braccio destro del premier Modi, Amit Shah, ministro degli Interni reduce dall’aver tolto ai kashmiri musulmani diritti civili e semi-indipendenza, ora affronta la sfida dell’Assam. In campagna elettorale aveva promesso agli assamesi più tradizionalisti che li avrebbe "disinfestati dalle termiti", "rispedendo a casa gli infiltrati". In codice, colpire i musulmani. Un po’ di background. A partire dal 1826, i britannici importarono dal Bangladesh migliaia di lavoratori musulmani a basso costo per le estese piantagioni di tè dell’Assam. Caduto l’impero, il problema identitario alzò la testa. Negli anni Sessanta comparve un corpo di polizia speciale per identificare gli immigrati dal Bangladesh. Nel 1983, nel villaggio di Nellie vennero massacrati 4 mila musulmani, sulla scia dell’istigazione del Movimento studentesco per l’Assam, divenuto partito politico assurto al potere. Ciò portò nel 1985 alla firma dell’Accordo per l’Assam per proteggere gli assamesi dall’immigrazione clandestina, promettendo di scacciare gli stranieri. Nel 1989, mentre a Berlino cadeva un Muro, qui se ne erigeva uno lungo quattro mila km al confine con il Bangladesh: un colabrodo di fiumi, colline e risaie in zone densamente popolate, teatro di continui eccidi grazie al diritto di sparare a vista. La stima è di circa mille bengalesi uccisi negli ultimi dieci anni dai militari indiani mentre tentano di passare in India. Stremato da una crisi non gestibile, il governo indiano ha scelto la soluzione gordiana. E non pare vi sia spazio per alternative, come conferma anche il ministro della Giustizia dell’Assam, Siddhartha Bhattachayra: "Tutti hanno diritto a dimostrare la loro cittadinanza, ma se non ci riescono, la legge seguirà il suo corso: saranno espulsi".

Tratto da: La Stampa del 1° Settembre 2019

In foto: il controllo dei documenti di residenza di una famiglia in un tribunale indiano nell’Assam

TAGS:

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos