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emergencydi Giuseppe Lo Bianco - 27 aprile 2013
Palermo. Rosario è un operaio della Gesip che chiede una visita oculistica: formalmente ha un contratto di lavoro, ma non prende lo stipendio da cinque mesi e non può pagare il ticket: solo 40 euro, che incidono però pesantemente sul bilancio familiare monoreddito, senza alcuna entrata certa. Dietro di lui c’è Benedetto. Ha perso da poco il lavoro e la moglie ha bisogno di una terapia che costa 90 euro per un farmaco non prescrivibile, da prendere ogni settimana: 360, 400 euro impossibili da spendere.

Attendono pazientemente il loro turno in una fila di cittadini extracomunitari nel poliambulatorio di Emergency in via Gaetano La Loggia, a Palermo, tra i pannelli con le foto di Mario Dondero, il fotografo di Pasolini che ha ritratto in bianco e nero la nuova frontiera dell’assistenza sanitaria nel capoluogo siciliano. L’ultima spiaggia per migliaia di palermitani che hanno smesso di bussare alle porte delle strutture pubbliche perché non possono pagare il ticket, o perché dissuasi dalle interminabili liste di attesa. Nella Sicilia dello sfascio sanitario oggi pagato a caro prezzo, l’ambulatorio di Gino Strada ha iniziato da qualche mese a svolgere un ruolo di supplenza sociale, in molti casi determinante. Il campanello d’allarme é suonato due mesi fa con l’istituzione delle prime liste d’attesa: “Non le abbiamo mai avute – dice il coordinatore medico Antonio Romano, volontario come gli altri 70 professionisti – oggi per essere visitati dai nostri dentisti bisogna attendere circa 40 giorni. Un tempo improponibile’’. Vicina all’ex ospedale psichiatrico, la palazzina di Emergency ha aperto il 3 aprile del 2006 con 73 medici, tutti volontari, e sette dipendenti: due mediatori culturali, due amministrativi e due “poltronisti’’, tecnici di ortodonzia, coordinati da Muhammad Abdul Fatah, un immigrato etiope sbarcato anni fa a Lampedusa e rimasto in Sicilia dopo avere ottenuto l’asilo politico, e oggi animatore del centro di Gino Strada.
In archivio ci sono quasi 12 cartelle intestate a pazienti assistiti, e le prestazioni erogate in sette anni sono quasi 70mi-la; la maggior parte sono immigrati che non trovano ascolto nelle strutture pubbliche e tra i medici di base che non parlano né francese né inglese: ma la percentuale di palermitani é in vertiginosa crescita: “Vengono a chiedere farmaci, i soldi per il ticket, le protesi e gli occhiali – dice Abdul Fatah – vengono i senza tetto che senza la casa, e quindi la residenza, non possono nominare un medico di base. Ascoltiamo tutti, cercando di fornire sempre una risposta’’. I tagli alle prestazioni gratuite hanno creato situazioni paradossali: se i disoccupati sono esenti dal pagamento del ticket, gli inoccupati (quelli in cerca di prima occupazione) devono pagarlo, e a Palermo sono oltre centomila. “In una terra in cui il lavoro nero è la prassi – osserva Romano – si tratta di una categoria non valutabile: noi non siamo la Guardia di Finanza, anche se cerchiamo di ascoltare tutti’’. E se il protocollo firmato con la regione prevede una rigida divisione degli ambiti di intervento, vietando a Emergency di entrare in competizione con la struttura pubblica, oggi a Palermo sono gli ospedali ad inviare i pazienti nel poliambulatorio di via La Loggia, in particolare le donne incinte bisognose di un’ecografia: ‘’All’inizio fu un foglietto a quadretti strappato con su scritto Emergency – racconta Romano – e affidato alle donne in gravidanza. Poi dagli ospedali abbiamo cominciato a ricevere le prime, timide, telefonate che ci pregavano di supplire ad un servizio che non riuscivano a garantire. Ora ci considerano parte del sistema e s’incazzano se gli facciamo presente che neanche noi riusciamo a fare tutto. Dovrebbero essere i consultori a svolgere questo ruolo, ma non hanno neanche l’ecografo’’. Oltre a Emergency, in queste condizioni a Palermo ci sono altri quattro ambulatori che offrono assistenza sanitaria per i più poveri e per gli ultimi: il Centro Astalli a Casa Professa, la Caritas Diocesana a Santa Chiara, la Medicina delle Migrazioni al Policlinico e il centro di solidarietà di Biagio Conte, che oltre a fornire un letto e un pasto caldo, ha una piccola attività ambulatoriale di prima accoglienza.
 
Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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