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grasso-pietro-web3di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza - 23 giugno 2013
La corsa al vertice dell’Antimafia giudiziaria si è aperta sei mesi fa, quando Pietro Grasso ha lasciato la poltrona di capo della Direzione nazionale Antimafia per occupare quella di presidente del Senato, ma solo nei giorni scorsi uno dei 18 candidati alla sua successione ha avuto notificato il parere del consiglio giudiziario, uno dei passaggi burocratici intermedi prima di arrivare al rush finale. E a Palazzo dei Marescialli circola già l’ipotesi di procedere alle audizioni degli aspiranti procuratori nazionali antimafia, eventualità che allungherebbe oltre l’estate la nuova nomina. Si fanno lunghi, dunque, i tempi della successione a Grasso, nell’ufficio retto fino ad oggi dal sostituto “anziano’’ Giusto Sciacchitano, su cui pende una denuncia di Michele Costa, figlio del procuratore ucciso a Palermo nel 1980 che Sciacchitano, pochi mesi prima dell’omicidio, indicò pubblicamente ai cronisti come l’unico responsabile dell’emissione dei provvedimenti di cattura contro il clan Inzerillo-Gambino. Un comportamento sempre negato dal reggente della Dna che oggi, alla soglia della pensione, a 72 anni, non è nella rosa dei candidati che vede tra i favoriti, se non il più accreditato, il procuratore di Salerno Franco Roberti, una carriera spesa nella lotta contro i clan camorristi, prima da sostituto della Dda di Napoli, dove ha condotto le indagini su Calciopoli, e poi a Salerno. Su di lui, che aderisce alla corrente di Area (Md-Movimenti riuniti) potrebbero convergere i voti dei “napoletani” di Unicost vicini al consigliere di Caserta Pina Casella, disponibili a dirottare altrove i consensi destinati naturalmente al concorrente “forte” di Unicost, il procuratore di Messina Guido Lo Forte, già aggiunto di Giancarlo Caselli alla procura di Palermo e protagonista di una stagione esaltante di lotta alla mafia, insieme ad un altro candidato palermitano, Franco Lo Voi (Mi), oggi con un incarico a Bruxelles: negli anni 90, insieme al procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, fu coordinatore delle inchieste che hanno sfornato il maggior numero di ergastoli per la mafia militare, subito dopo l’offensiva stragista .    MA IN ‘’POLE POSITION’’ per la sua lunga esperienza al vertice dell’ufficio del pm c’è anche Sergio Lari, anch’egli di Area, aggiunto di Piero Grasso a Palermo e oggi procuratore a Caltanissetta, impegnato a trovare la verità su via D’Amelio. Tra i candidati dell’area di centro destra il più accreditato appare Roberto Alfonso, procuratore di Bologna che gode delle simpatie del suo collega Alfredo Mantovano, ex sottosegretario agli Interni, oggi vicino alle posizioni di Monti. Nella rosa dei candidati, ma con chances decisamente minori, Corrado Lembo, procuratore di Santa Maria Capua Vetere per 15 anni alla Dna, impegnato nella lotta contro i Casalesi, il procuratore aggiunto di Roma Gianfranco Capaldo, Cataldo Motta (Lecce), il pm di Tivoli Luigi De Ficchy, il procuratore di Caltagirone Francesco Paolo Giordano, su cui pesa però l’esito disastroso delle inchieste su via D’Amelio fondate sulle bugie del falso pentito Scarantino, e il procuratore di Campobasso, Armando D’Alterio.    TRA I CANDIDATI anche due procuratori generali, quello di Ancona Vincenzo Macrì, per anni aggiunto alla Dna, che ha accreditato le denunce di Alberto Cisterna su una gestione non limpida di un informatore che avrebbe dovuto condurre alla cattura del boss Bernardo Provenzano in cambio di due milioni di euro, e il Pg di Catanzaro Santi Consolo, in passato consigliere del Csm. Completano l’elenco il gruppo dei concorrenti i procuratori aggiunti Sandro Ausiello (Torino) e il terzo campano, Fausto Zuccarelli (Napoli) oltre al pm della procura nazionale antimafia Pier Luigi Maria Del-l’Osso. Solo due, infine, le donne: Carmen Man-fredda, sostituto Pg alla Corte d’appello di Milano e Silvana Maria Arbia, fuori ruolo con un incarico internazionale all’Aja.

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

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