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di Aaron Pettinari

Il "Supremo"Pasquale Condello; Giuseppe De Stefano e Giovanni Tegano. Sono loro i principali boss di 'Ndrangheta imputati del nuovo processo "Meta".
La Procura di Reggio Calabria, rappresentata dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e i sostituti della Dda Sara Amerio, Walter Ignazitto e Stefano Musolino ha emesso un avviso di conclusione indagini nei confronti dei tre storici capimafia e per Domenico Condello, detto "Gingomma" e considerato il braccio operativo del "Supremo". Per tutti loro l'accusa è di associazione a delinquere di stampo mafioso e di aver fatto parte di "un articolato organismo decisionale di tipo verticistico".
Questa sorta di "direttorio", che vede la partecipazione dei quattro clan reggini più influenti (va compresa anche la famiglia dei Libri), era nato con l’obbiettivo di coordinare le strategie politico-criminali e gestire le estorsioni.

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Giuseppe De Stefano, Pasquale Condello e Giovanni Tegano


In più occasioni lo stesso procuratore aggiunto Lombardo ha spiegato proprio come "il direttorio è un organismo decisionale di tipo collegiale che assume determinate decisioni e non è paragonabile a un consiglio d’amministrazione, perché sarebbe riduttivo. In realtà, ogni singola articolazione ha un proprio Cda". "Noi - disse in aula nel corso del processo - ci troviamo in presenza di un gruppo industriale che ha un consiglio di gestione di vertice che è composto dai vertici dei singoli consigli di amministrazione, che quando sono chiamati a prendere determinate decisioni si confrontano all’interno del consiglio di gestione della società capogruppo e in quella sede approvano tutta una serie di linee che devono essere osservate dalle partecipate". Ovviamente dal processo è uscito Pasquale Libri, deceduto.
Per quanto riguarda i tre boss erano stati già condannati a pene pesantissime, oltre i 20 anni, dal Tribunale di Reggio Calabria e dalla Corte d'Appello. La Cassazione, però, nel maggio 2019 pur confermando l'impianto accusatorio della Procura aveva annullato, nei confronti dei quattro imputati, la sentenza di primo e secondo grado. In sostanza secondo la Suprema Corte c'era un difetto di correlazione tra la contestazione e la condanna. Ma ciò non ha nulla a che vedere con l'impianto accusatorio, assolutamente ben saldo come dimostrato dalla sentenza emessa con rito abbreviato.

Foto © Imagoeconomica

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