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Presso il Tribunale di Trento è giunto alle battute conclusive il processo relativo all’indagine “Perfido” che ha portato alla luce una presunta locale di ‘Ndrangheta operante nel cuore della zona del porfido, in particolare nei comuni di Lona-Lases e Albiano. Nonostante ciò fino ad ora le amministrazioni locali della zona si sono mostrate poco interessate a tali vicende, quando non addirittura irritate che qualcuno ne parli. Eppure, proprio grazie all’opacità che da decenni contraddistingue il settore, caratterizzato da elevati volumi d’affari ma anche da condizioni di forte sfruttamento dei lavoratori, si è potuta radicare una presenza mafiosa di matrice ‘ndranghetista che ha trovato modo, stando alle accuse, di convivere quasi pacificamente e fare anche affari di considerevole valore con l’imprenditoria locale. Non ci si deve certo stupire se alcuni soggetti oggi accusati di “associazione a delinquere di stampo mafioso” sono, per questo tramite, giunti fin dentro le amministrazioni locali, in quanto nei comuni della zona è prassi quotidiana il conflitto d’interessi che vede spesso i concessionari di cava amministrare i comuni (quindi nella stessa veste di controllati e controllori).

Tra i vari comuni sicuramente quello di Lona-Lases risulta essere il più problematico, con ben quattro tentativi elettorali andati a vuoto ed una Prefettura che non si decide ad inviare al Ministro una relazione che motivi la richiesta della nomina di una Commissione d’accesso. Ora, dopo alcune condanne con rito abbreviato ed una conferma di condanna in appello, pur facendo salva la presunzione d’innocenza per gli imputati non ancora condannati in via definitiva, è necessario che l’intera comunità trentina s’interroghi su quanto avvenuto negli ultimi quarant’anni.

Da ciò l’esigenza, come Coordinamento Lavoro Porfido di portare pubblicamente alcuni elementi importanti di conoscenza, sia per quanto riguarda le origini e le modalità con le quali è avvenuta la penetrazione ‘ndranghetista, sia per l’effetto che essa ha avuto sulle condizioni di lavoro.

Dovrebbe suscitare un certo allarme il fatto che, stando alle indagini, la presenza mafiosa di tipo ‘ndranghetista sia risalente nel tempo e i condizionamenti della stessa si siano riverberati non solo a livello politico/amministrativo locale ma anche ad alti livelli istituzionali, con un condizionamento che dalle stazioni locali dei Carabinieri è giunto fino all’interno del Tribunale di Trento. Non solo, dovrebbe seriamente preoccupare che si sia giunti a livelli di sfruttamento della manodopera extracomunitaria tali da far si che sia contestato ad alcuni soggetti, oggi a processo, il reato di “riduzione in schiavitù”.

Dopo questa premessa sarà facile cogliere come le due iniziative del prossimo fine settimana (venerdì 30 giugno e sabato 1 luglio) siano in realtà concatenate, ciò è testimoniato dalla centralità che in entrambe è stata data alla partecipazione dello stesso importante collaboratore di giustizia. Per parte nostra abbiamo trovato la disponibilità organizzativa del Movimento 5 stelle riguardo alla riflessione sulle origini e le modalità dell’insediamento mafioso e dell’Unione Sindacale di Base per un approfondimento a partire proprio dall’accusa di “riduzione in schiavitù” emersa nell’indagine “Perfido” condotta dai Carabinieri del ROS e coordinata dalla Procura della Repubblica di Trento.

Riteniamo importante, attraverso queste due iniziative, fornire alla cittadinanza trentina elementi di conoscenza utili a fronteggiare una situazione inedita e fino a ieri (e per molti versi ancora oggi) caparbiamente negata dai vertici istituzionali. Invitiamo altresì i mezzi d’informazione a dare spazio alle iniziative in oggetto e la cittadinanza, i lavoratori, a partecipare.

Foto © Imagoeconomica

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