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A sei anni dalla bocciatura della proposta di legge che avrebbe dovuto introdurre un sistema premiale per i cd. pentiti di mafia, in Svizzera si riapre il dibattito sul delicatissimo tema. A riprendere il discorso ci pensa il procuratore generale Stefan Blattler che propone pene attenuate per i collaboratori di giustizia che con le loro dichiarazioni riescano nell’intento di contrastare le organizzazioni mafiose presenti anche sul territorio elvetico. La proposta vorrebbe introdurre un sistema premiale in cui le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, adeguatamente vagliate, risultino utili nell’ambito delle indagini antimafia. La norma si rifà all’idea di Giovanni Falcone e cioè ai pentiti utilizzati come mezzo per scalfire dall’interno le organizzazioni criminali. La legge prevedeva un serio ed efficace programma di protezione. Tra i riferimenti utilizzati da coloro che sono favorevoli alla proposta ci sono le condanne inflitte alla "cupola" di Cosa Nostra allo storico maxiprocesso tenutosi a Palermo. L’istituto fu usato con successo in Italia anche nella lotta contro il terrorismo.
Una delle discussioni contro l’utilizzo di un simile sistema premiale è che chi collabora con la giustizia spesso si è macchiato di reati, anche gravi e per questo motivo non sarebbe giusta una mitigazione della pena. Un altro aspetto ostativo sarebbe la possibile strumentalità e non attendibilità delle dichiarazioni dei pentiti.
Ad una analisi dei fatti sembrano due aspetti facilmente superabili. In Italia, la dottrina e la giurisprudenza hanno elaborato specifici criteri, che costituiscono delle linee guida funzionali al vaglio delle deposizioni dei collaboratori. In questi casi, la valutazione da parte del giudice non può prescindere da un esame accurato in ordine all’attendibilità del singolo dichiarante. Solo una preliminare delibazione di questo tipo costituisce logico presupposto di un valido contributo alle indagini e al processo. In tema di potere valutativo del giudice, è chiaro che si dovranno vagliare quelli che sono i criteri comuni relativi all’attendibilità soggettiva del collaboratore ed oggettiva del narrato.
Inutile nasconderlo, oggi la Svizzera è di fronte a un bivio: o lascia le cose come stanno o modifica il sistema utilizzando i collaboratori di giustizia per una più efficace lotta alle mafie. Credo che per la Confederazione elvetica la lotta alle organizzazioni mafiose sia attualmente una priorità. Gran parte delle mafie oggi investono i loro capitali in Svizzera e praticano azioni criminose che vanno dal riciclaggio all’illecito investimento adulterando anche l’economia del paese.
La Svizzera è anche usata come piattaforma per commettere reati transfrontalieri. Credo che alla Confederazione elvetica sia necessaria più che mai una legislazione di tipo premiale perché ha bisogno di riuscire a ricostruire l’organigramma mafioso che opera in quel territorio, svelare traffici illeciti e le modalità operative criminali, individuando gli associati e i collaterali all’organizzazione mafiosa. L’uso dei collaboratori di giustizia può essere uno strumento utile e che ha già dimostrato la sua efficacia.

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