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Non era forte di cuore Armando Palmeri, il pentito di mafia che aveva parlato di stragi e servizi deviati e che è stato trovato morto nel suo letto, nella casa dove da poco abitava a Partinico, in provincia di Palermo. Di recente lo abbiamo conosciuto grazie a Paolo Mondani che lo aveva intervistato per Report. Aveva attivamente collaborato anche alle indagini della Commissione antimafia della scorsa Legislatura sulla strage alla caserma di Alcamo Marina.

La sua storia di collaborazione risale a tanto tempo fa, nella seconda metà degli anni ‘90. Classe 1960, Palmeri era stato il braccio destro di Vincenzo Milazzo, capo della cosca di Alcamo: siamo nel cuore della Cosa Nostra militare il cui boss, tuttavia, non era entusiasta di partecipare alla fase stragista dei primi anni ‘90 insieme ad entità non ancora identificate. ‘Questi sono pazzi’, disse Milazzo, come testimoniato da Palmeri, che vide con i suoi occhi il viavai di uomini dei servizi nel 1992 in coda per parlare con il suo allora capo; il quale, tuttavia, con quei dubbi che aveva si pose fuori dal gioco.

Venne ammazzato insieme alla sua compagna Antonella Bonomo da Antonino Gioè, uomo chiave delle commistioni tra mafia e servizi – legato ad una super spia come Paolo Bellini, il killer di Anguardia Nazionale e di ‘ndrangheta che è stato anche condannato in primo grado come esecutore della strage della stazione di Bologna. Fu Gioè a raccontare il misfatto a Palmeri, al quale disse pure quello che buona parte degli osservatori delle vicende sicule ormai pensano, e cioè che Brusca non era l’uomo del telecomando di Capaci. I pentiti dissero che l’artificiere Pietro Rampulla, l’ordinovista, quel giorno aveva un impegno familiare che superava di importanza la realizzazione dell’attentatuni. Roba che non può essere ritenuta di nessuna credibilità.

Insomma, uno come Palmeri, se si pente, è oro colato per gli investigatori.

Uscito dal programma di protezione nell’aprile del 2021, era stato di recente chiamato a testimoniare a Caltanissetta contro il boss della sua città Baldassarre Lauria: aveva ricevuto l’ordine di comparizione in un bar, di fronte a tutti, cosa che lo mise in grave difficoltà e in uno stato di grande agitazione. Tramite il suo avvocato chiese di poter essere ascoltato in videoconferenza ma niente. Dicevamo che non era forte di cuore. Il giorno prima delle sua morte, lui, cardiopatico e iperteso, si è sentito male, una corsa in ospedale per un controllo e poi di nuovo a casa. Ha fatto in tempo ad arrivare al suo letto. Di certo se ne va una fonte molto importante.

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

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