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tranfaglia-nicola-web1di Nicola Tranfaglia - 15 novembre 2013
Ormai  mancano soltanto venticinque giorni - meno di un mese alla scelta del nuovo segretario del partito democratico a distanza di un'elezione inaspettata come quella di Bergoglio al soglio pontificale con interventi e novità sempre maggiori e più inaspettate nel governo della Chiesa, e un universo che diventa sempre più difficile e indecifrabile non soltanto alle giovani generazioni ma anche a quelle più anziane che non rinunciano a ragionare sulle sorti del mondo e in particolare di quello che si rifà ai valori della democrazia e della libertà.
In questo senso - e senza voler esagerare l'importanza dell'avvenimento - la scadenza degli inizi di dicembre ha un suo peso e dover scegliere tra il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, e l'ex segretario della Sinistra giovanile, Gianni Cuperlo, non è senza importanza o conseguenza su quello che succederà quando Giorgio Napolitano sarà indotto a sciogliere l'attuale parlamento delle "larghe intese".
In questo senso a chi, dopo molte riflessioni e, diciamolo pure, qualche residua incertezza e disillusione sul passato, ha deciso alla fine di ritornare all'impegno politico di chi vuole in ogni caso partecipare allo scontro tra opposte ipotesi sul destino della penisola e provare a immaginare un pecorso di ricostruzione democratica per i prossimi decenni, il confronto tra Gianni Cuperlo e Matteo Renzi appare tutt'altro che scontato. Chi mi conosce forse può ricordare che in anni ormai lontani in un libro dedicato al La transizione italiana nei primi anni del ventunesimo secolo pubblicato dall'editore Garzanti avevo espresso il mio disaccordo sull'azione politica di Massimo D'Alema, presidente della commissione Bicamerale, e non aveva apprezzato un possibile e poi sventato accordo tra i comunisti e l'uomo di Arcore.

Non mi sarei aspettato, a distanza di quasi vent'anni di trovare nel giovane e brillante sindaco di Firenze, la tendenza a proporre un sistema elettorale come quello sul "sindaco d'Italia" che manifesta indubbie tendenze favorevoli al presidenzialismo quando il partito democratico, sia oggi che in altri tempi non sospetti, si è pronunciato con chiarezza per un sistema in gran parte maggioritario con un recupero proporzionale come quello che Sartori aveva definito il "mattarelum" che - senza essere in assoluto il miglior sistema elettorale come Pasquino ricorda anche oggi sull'Unità - rappresenta in ogni caso un progresso decisivo di fronte all'attuale "porcellum" perchè sostituisce all'attuale nomina tra gli attuali capi dei partiti la votazione diretta nei collegi uninominali e un recupero del venticinque per cento con liste bloccate nell'area residua del territorio nazionale.
Si potrebbe realizzare per la gran parte dei collegi la scelta, da parte degli elettori, delle donne e degli uomini da inviare nelle assemblee parlamentari e si consentirebbe una scelta effettiva tra le scelte alternative necessarie tra il centro-sinistra e il partito di Berlusconi.
Che - vorrei ad ogni buon conto ricordarlo - non è la destra democratica ed europea a cui anche gli italiani, come gli altri cittadini europei, avrebbero diritto di collaborare in modo da superare quella che non io ma uomini che continuo a ricordare e stimare come Norberto Bobbio,Vittorio Foa, Alessandro Galante Garrone chiamavano, con sorprendente unanimità, l'anomalia italiana.
Un piccola aggiunta: non soltanto gli antifascisti e i padri costituenti appena ricordati ma anche il papa Bergoglio ricordano, un giorno sì e un giorno no, l'attenzione estrema ai poveri e agli ultimi, la necessità di un'effettiva giustizia e alla necessaria conciliazione tra le leggi del mercato e quelle dello Stato.
Vorremmo tutti insieme che anche il partito maggiore del centro-sinistra, a differenza di quel che dice ancora oggi Renzi, si schierasse per una dottrina sociale che non ha avuto dalla sua soltanto Enrico Berlinguer ma anche un uomo per me  straordinario come il cattolico Giuseppe Dossetti. 

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