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La rivelazione del criminologo Federico Carbone a “Dark Side Storia Segreta d'Italia” sul delitto dell’incursore dei Col Moschin

C’è un nuovo aspetto di grande interesse sulla pista che collega il “centro Scorpione” (la Gladio siciliana di sede a Trapani) con il fallito attentato all’Addaura (21 giugno 1989) nell’ambito del brutale omicidio di Marco Mandolini, incursore dei corpi speciali dell’Esercito italiano Col Moschin, nonché capo della sicurezza del generale Loi in Somalia. La vicenda era già emersa nel maggio dell’anno scorso da un’intervista al criminologo della famiglia Mandolini, Federico Carbone. Ma ora si arricchisce di un nuovo particolare inedito fornito sempre da Carbone, il cui sforzo per la ricerca della verità sul delitto avvenuto il 13 giugno 1995 a Livorno è stato fondamentale. Durante una live You Tube di “Dark Side Storia Segreta d'Italia”, Carbone ha spiegato che la firma di uno dei vecchi commilitoni di Mandolini, uno di quelli che indicarono la pista passionale come movente del delitto (Mandolini venne “accusato” di avere rapporti con ex ufficiali), sarebbe in un documento riguardante un’operazione segreta del “centro Scorpione”, di cui Mandolini faceva parte, avvenuta a due passi dalla villa estiva di Giovanni Falcone e proprio nei giorni in cui il giudice vi alloggiava nel giugno 1989. In quell’occasione, ricordiamo, venne trovato (si ritiene dal poliziotto Antonino Agostino, ucciso poi il 5 agosto dello stesso anno) dell’esplosivo e delle tute da sub nell’area della scogliera da cui Falcone avrebbe dovuto tuffarsi insieme ai colleghi elvetici. Materiale bellico che potrebbe essere collegato al "centro Scorpione" e riportato in due documenti del centro, classificati “riservatissimo”, e prodotti nel processo sulla morte del giornalista Mauro Rostagno senza mai ricevere l'eco mediatico che meritavano. Il primo documento è datato 18 giugno 1989. Il secondo, 24 giugno 1989. Nel primo (a distruzione immediata) si autorizzava l’inizio di un’esercitazione denominata “Domus Aurea”. E spicca la località Torre del Rotolo, sita, appunto, vicino alla villa di Giovanni Falcone. Il secondo documento, che si colloca tre giorni dopo il fallito attentato, indica nella stessa area il recupero del materiale utilizzato nell’esercitazione (che stavolta cambia il suo nome in “Demage Prince”), nello specifico si parla di tute da sub e “relativo materiale esplodente eventualmente in avanzo da esercitazione”. La stessa tipologia di materiale rinvenuta sugli scogli quel 21 giugno che serviva a uccidere Falcone.

Quindi, riassume Carbone, “immediatamente prima e immediatamente dopo il fallito attentato abbiamo un’operazione Gladio, della rete ‘Stay Behind’ della NATO, che prevedeva l’impiego di esplosivo". I documenti che attestano le due operazioni, come detto, sono stati esaminati dagli avvocati della famiglia Mandolini. E uno di questi - ecco la novità lanciato da Carbone - “è firmato da uno dei soggetti che accusava Mandolini di essere omosessuale (una delle varie piste che funsero a depistare, ndr)”. Carbone non rivela l’identità ma afferma trattarsi “di un ufficiale che era operativo alla Spezia al ‘SIOS Marina Militare’ (Servizio informazioni operative e situazione, ndr)”.

I due documenti sono importanti perché da una parte potrebbero confermare il fatto che Mandolini e Vincenzo Li Causi, capo del “centro Scorpione” ammazzato il 12 novembre del 1993 in Somalia, effettivamente si conoscevano. E dall’altra suggerire che entrambi sarebbero stati eliminati per via del background comune di informazioni sensibili che hanno appreso negli anni precedenti. E quindi che la scia di sangue che lega Li Causi a Mandolini - del resto il primo indagava sull'assassinio del secondo - potrebbe affondare le proprie radici non solo in quanto avvenuto in Somalia, nel corso dell’operazione “Ibis”. La vicenda Mandolini è infatti costituita da un groviglio di informazioni, personaggi e circostanze venute a galla solo grazie allo sforzo dei familiari, di alcuni esperti forensi e giornalisti. Nella live di “Dark Side Storia Segreta d'Italia”, non a caso sono stati ospitati, oltre a Carbone, anche il fratello dell’incursione del Sismi e del Col Moschin, Francesco Mandolini, giornalista Massimiliano Giannantoni. Entrambi hanno riassunto il giallo nelle sue pagine più nascoste raccontando i numerosi aspetti ancora non chiariti relativi alle attività d'intelligence di Mandolini, all’omicidio e alle indagini sull’omicidio. Aspetti che, dopo 28 anni, sono ancora caratterizzati da ostracismo e depistaggi.

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