
Il procuratore di Catanzaro fa le sue valutazioni sul dibattimento e legge le richieste di condanna
“Sono le 18:30 del 7 giugno e siamo arrivati alla sintesi di questo processo sul quale molti avevano scommesso sull’impossibilità di celebrarlo, da tanti punti vista. Dal punto di vista del numero degli imputati, dell’istruttoria dibattimentale, della giovane età del collegio, dei pubblici ministeri. C’era una sorta di ‘tifo’ a che questo processo non si celebrasse”. A parlare è Nicola Gratteri, intervenuto ieri durante la requisitoria del processo Rinascita-Scott prima di invocare le richieste di condanna nell’aula bunker di Lamezia Terme. Un’aula gremita di giornalisti, dentro il quale da due anni e mezzo Gratteri, assieme a giovani colleghi, stanno scrivendo una nuova pagina di storia nella lotta alla mafia. Un vero e proprio maxiprocesso che evoca quello del pool antimafia di Palermo che nel gennaio 1992 colpì, come mai prima di allora, Cosa nostra con pene pesantissime.
“Io posso dire, avendo i capelli bianchi e avendo fatto questo lavoro per decenni, che, complessivamente, il processo si è svolto con serenità - ha continuato Gratteri -. Se ci sono stati momenti di tensione, in processi di questo tipo sono normali. È il sale del processo. Qualche volta si è andati fuori dalle linee. Ma non è un problema”. “Lei ha saputo farlo rientrare - ha detto rivolto al presidente del collegio, Brigida Cavasino -. E questo è importante: aver dato la possibilità a tutti di parlare, di sviscerare, anche di tornare tre volte sullo stesso tema, sulla stessa domanda. Il processo poteva finire un mese prima, due mesi prima, ma non cambia. La cosa importante è ci sia stata la possibilità di portare sul tavolo di questo collegio tutto quello che c’era a carico o a discarico degli imputati. E quindi noi, con serenità, e convinti di aver fatto in pieno il nostro lavoro possiamo leggere le richieste delle pene relativamente a questo procedimento”.
Dopo questa introduzione, Gratteri ha letto ha letto 322 richieste di condanna, 13 richieste di assoluzione e 3 richieste di nullità del decreto che dispone il giudizio, per un totale di 4.744 anni e 10 mesi di carcere nei confronti dei componenti delle cosche vibonesi e soggetti esterni alla ‘Ndrangheta - politici, imprenditori, avvocati. Da oggi la parola passa alle difese - accusati di avere favorito l’organizzazione mafiosa.
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