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Il giurista: “La Corte penale internazionale s'è fatta strumento d'una mossa che favorisce l'inasprimento del conflitto”

Il mandato di cattura per il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, spiccato dalla Corte penale internazionale dell'Aja, "con tutta l'umiltà di chi guarda questa vicenda da fuori, mi pare un'iniziativa dissennata”. Lo afferma in un'intervista a Il Fatto Quotidiano il noto giurista ed ex presidente della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky. “Mi ricorda la favola di Fedro, quella della rana che, invidiosa del bue, si gonfia a dismisura e poi esplode”, ha aggiunto. Nel caso del mandato di cattura e della guerra ucraina “a gonfiarsi sono però i giuristi”, secondo Zagrebelsky. Ovvero “i giuristi che pensano che l'aggressione russa possa essere contrastata con un'azione giudiziaria. Si è perso il senso delle proporzioni”, ha commentato il presidente della Biennale Democrazia, in corso a Torino dal 21 marzo. “Quando si usano le armi lo strumento per farle tacere è il negoziato”, ha aggiunto. “Mi auguro che la Corte dell'Aja processi i criminali, Putin e non solo, ma dopo la pace: come si può arrivare a una pace se una delle parti, ancorché si tratti dell'invasore, sa che pende su di lui la minaccia di finire in carcere? Quest'iniziativa, a guerra in corso, innescherà un irrigidimento, in direzione contraria alla pace e alla diplomazia. Putin - conclude il costituzionalista - sa che non può perdere, deve per forza vincere. La Corte penale internazionale, mi pare, s'è fatta strumento, intenzionalmente o inavvertitamente, d'una mossa a favore dell'inasprimento del conflitto".

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