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Chiamatemi col mio nome, nome di donna. Le donne afghane si chiamavano una volta: la moglie di, la sorella di, la figlia di, così risultava in ospedale per un ricovero fino alla tomba. Anni di battaglie per vedere riconosciuto il proprio nome di donna e non quello di un marito o di un fratello o di un padre. Anni di battaglie per la parità tra uomini e donne in Afghanistan. E ora con una marcia facile facile, i talebani riportano indietro di vent’anni le lancette dell’orologio.
Ma come siamo bravi noi occidentali: cerchiamo le storie da pubblicare sui futuri giustiziati, ci indignamo blablabla, condanniamo, parliamo e parliamo.Le grandi potenze vanno in tv: faremo, diremo, porteremo... salveremo... dopo essersela data a gambe, senza una programmazione che tenesse conto dei diritti umani di un popolo fragile - quello afghano - dopo vent’anni di presenza sul posto e migliaia di soldati e civili uccisi. Ora continuano a parlare in tv le grandi potenze: parlano al futuro promettendo salvezza alle collaboratrici e ai collaboratori afghani con l’occidente. Invece di inviare 10 aerei al giorno a Kabul, per garantire salvezza e corridoi umanitari a migliaia di afghani, donne, anziani e bambine-i, parlano e si ostentano in tv con le loro lacrime di coccodrilli. Smettete di parlare. Non c'è un'attesa, non c'è più un futuro. Ogni minuto che passa, è una donna sparita, una bambina rapita, un ragazzo laureato e professionista, sparato. Si continua a parlare blablabla o si sta pancia al sole in vacanza con indifferenza: "L'Afghanistan? È lontano,già troppi stranieri in giro in italia, non ne vogliamo altri". Di questo sono preoccupate le superpotenze: dell’invasione dei profughi, di chi ha diritto allo status di rifugiato politico. Che martirio: o incudine o martello. Mentre ogni minuto che passa potrebbe essere l'ultimo per una interprete, per una donna che lavora, per una bambina portata via, per uno che ha lavorato con europei e NATO. Giustiziati. Mentre in tv ci propongono ancora i film sugli americani che liberano ostaggi in Afghanistan. È devastante, surreale, tutto questo perché è il frutto del tradimento dell'Occidente, eppoi in che modo, uno sfregio nei confronti di un popolo fragile. Il primo effetto sarà la moltiplicazione del terrorismo. Un terrorismo alimentato dalla rabbia: che alternativa ha il popolo asiatico? Qual’è il punto di riferimento? È questo l'argomento dei talebani: "L'occidente vi ha tradito e noi siamo  qui a proteggervi, saremo più buoni, ma sotto la sharia!". Hanno aggiunto benzina all'odio già esistente. Perchè le potenze occidentali hanno tradito tutte le nuove generazioni: occidentali e asiatiche. Perché questa cattiveria gratuita? Quell'assenza di programmazione e razionalizzazione in 20 anni di presenza in Afghanistan. E quel discorso cinico di Biden: “Non eravamo interessati al futuro dell’Afghanistan ma solo a dare una risposta ai terroristi dell’11 settembre”. Quel modo. E Kamala Harris dov'è? Mentre le ragazze afghane si sono chiuse in cantina con le sorelle: "AIUTO.... SALVATECI", urlano, abbiamo bruciato i nostri titoli di studio, rastrellamenti in corso. Pangea onlus, vent’anni di progetti sul posto con le leader dei diritti civili afghani, sta bruciando le schede e i dati sensibili delle donne aiutate e sostenute con le bambine sorde, stanno nascondendo le attiviste, stanno chiedendo che siano trasferiti fuori da quell’inferno tutte. Sono le donne il bottino: soprattutto quelle che si sono emancipate mentre i collaboratori dell’occidente, alcuni sono già stati giustiziati. Jailani Rahgozar, un ragazzo che ha collaborato con l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, si nasconde a Herat con la famiglia: dal 26 luglio ha lanciato il myday a Roma, ma non gli hanno risposto. "Se non mi porterete via, ci massacreranno". La più giovane sindaca dell’Afghanistan, Zarifa Ghafari, 29 anni, rimane al suo posto e dice: "Non ho più paura di essere uccisa". Soli. Usati, spremuti, buttati.
Tantissime associazioni italiane reclamano giustamente corridoi umanitari, pronte ad accogliere, chiese evangeliche e cattoliche, femministe: ma chi e quando concretizzerà a breve i corridoi umanitari? E’ urgente. Non c'è tempo. Fate presto!
Si smetta di parlare al futuro che non c’è. Smettano di ostentarsi in tv: sparite, sbracciatevi care superpotenze, partite, andate a salvare quei martiri che vi hanno aiutato, che hanno creduto che i vostri valori fossero genuini. Non possiamo avere pace in tanti. Chiamate per nome le donne di Kabul: chiametele col proprio nome tutti, inchiniamoci tutti davanti alle donne di Kabul.

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