Uno dei sei giudici popolari della Corte d'Assise di Palermo aveva già compiuto 65 anni, l'età massima prevista dalla legge per far parte delle giurie popolari e così, per un cavillo, sono stati annullati un ergastolo ed una condanna a 25 anni.
E' ciò che è avvenuto nei giorni scorsi a Palermo al processo d'appello contro Pietro Erco (che aveva avuto la massima pena) e Luca Mantia (25 anni), ritenuti entrambi responsabili dell'omicidio di Vincenzo Urso, ucciso ad Altavilla Milicia nella notte tra il 24 e il 25 ottobre 2009.
Il vizio, infatti, è causa di una nullità assoluta, come se la sentenza non esistesse, perché emessa da un "non giudice".
Erco, attraverso gli avvocati Salvino e Giada Caputo e Francesca Fucaloro, e Mantia, con gli avvocati Raffaele Bonsignore e Stefano Vitale, hanno fatto rilevare in appello il vizio insanabile davanti al collegio presieduto da Matteo Frasca, a latere Fabrizio Anfuso. Il requisito dell'età attiene alla capacità del giudice, è previsto a pena di nullità e deve essere posseduto fino alla celebrazione della sentenza.
I due imputati, entrambi detenuti e apparentemente inchiodati da prove inoppugnabili - fra cui la confessione dei due mandanti, Francesco e Andrea Lombardo, oggi entrambi collaboratori di giustizia - potrebbero anche essere scarcerati. Secondo l'accusa il delitto si sarebbe inquadrato in una logica mafiosa, quella della punizione contro un imprenditore emergente, restio alle regole dell'organizzazione criminale.
Ma ora è tutto nullo e dopo la sentenza emessa in appello si dovrà procedere con un nuovo processo che dovrà iniziare da zero, perché il giudizio viziato è quello di primo grado.
"Abbiamo affermato - hanno dichiarato Salvino e Giada Caputo, Raffaele Bonsignore e Stefano Vitale - un principio di diritto posto a salvaguardia della capacita' dei giudici popolari e della tutela dei diritti degli imputati".
Foto © Imagoeconomica
Giurato aveva compiuto 65 anni, annullata la condanna all'ergastolo
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