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La decisione del Procuratore capo di Roma dopo la legge sulla presunzione di innocenza

Ridurre al minimo indispensabile i comunicati stampa. È questo il senso della nota inviata il 19 gennaio scorso dal nuovo procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi, al Questore, al Comandante provinciale dei Carabinieri e a quello della Guardia di finanza e, per conoscenza, ai magistrati capitolini.  Nella circolare, recependo la legge sulla presunzione di innocenza voluta da Enrico Costa (deputato di Azione), viene data una stretta ulteriore alla normativa, limitando ulteriormente gli spazi di manovra della stampa. “Ho potuto registrare - si legge nella nota - sin dai primissimi giorni della mia dirigenza di questo Ufficio, il rilevante numero di richieste di autorizzazioni alla diffusione di comunicati stampa che provengono da vari organi di polizia giudiziaria”. Per Lo Voi, “la gran parte di tali comunicati si riferisce a vicende che – fermo restando l’interesse delle parti offese così come la lodevole attività realizzata dalle Forze dell’ordine – non rivestono una rilevanza tale da essere fatta oggetto di comunicato, anche in considerazione della pressoché generale assenza di indicazioni sulle generalità dei soggetti raggiunti da provvedimenti restrittivi”. In poche parole, anche se nei comunicati non viene riportato il nome o il cognome dei soggetti interessati e viene ribadito che sussiste l’innocenza fino a sentenza definitiva, per il procuratore non possono essere passati alla stampa. La nota di Lo Voi si conclude: “Poiché la diffusione di comunicati stampa va limitata ai soli casi di particolare rilevanza delle vicende che hanno dato oggetto a iniziative giudiziarie o di polizia o che rivestano caratteristiche di speciale interesse per l’intera opinione pubblica, sarò grato alla SS.LL. (Signorie Loro n.d.r) se vorranno impartire agli uffici e comandi dipendenti le opportune disposizioni finalizzate al rispetto delle superiori indicazioni”. Quindi i comandi generali dovranno comunicare ai vari reparti di competenza di attenersi alle disposizioni e limitare le richieste di autorizzazioni alla diffusione di comunicati stampa che provengono da vari organi di polizia giudiziaria. La notizia è stata riportata dal ‘Fatto Quotidiano’ su d’un articolo a firma di Valeria Pacelli.  Del resto Lo Voi già in passato aveva dimostrato di voler ridurre al minimo le comunicazioni tra la stampa e l’autorità giudiziaria. Palermo, 2016: i pubblici ministeri non potranno rilasciare “qualunque intervista o dichiarazione, con qualunque mezzo, agli organi di informazione o a singoli giornalisti, sia nazionali che esteri, su quanto possa comunque rientrare nell'attività giudiziaria dell'ufficio”. Era questo quanto veniva riportato su una circolare emessa da Lo Voi, al tempo procuratore del capoluogo Siciliano. Così come allora si può riconoscere in queste direttive un intento preventivo e punitivo. La cosa è resa ancor più preoccupante dal fatto che viviamo in un momento storico in cui è in atto una vera e propria censura dei grandi Media nei confronti di processi e sentenze che “disturbano” il sistema. C’è da riconoscere che la Stampa non ha mosso un dito. Mentre in commissione Giustizia alla Camera si discuteva dello schema di decreto, né l’Ordine dei giornalisti (Odg) né la Federazione italiana della stampa (Fnsi) si erano presentati a dire la propria in audizione, pur convocati. Lo stesso procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri aveva detto di aver visto “la categoria dei giornalisti, a livello nazionale e locale, molto timida nella protesta, quasi vi andassero bene queste direttive. Credetemi, mi ha meravigliato non poco questo atteggiamento timido dei rappresentanti dei giornalisti”. 

Silenzio anche dal Csm
Ora non resta che aspettare che il Consiglio Superiore della Magistratura prenda in esame la direttiva di Lo Voi. Ma guardando il risultato del plenum del novembre scorso c’è poco da sperare in una direttiva che ne sancisca il ritiro. In quella seduta plenaria solo i consiglieri togati Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita avevano votato contro l’approvazione del decreto legge sulla presunzione di innocenza. Di Matteo aveva segnalato che "noi introduciamo (con il decreto n.d.r) in un sistema già molto macchinoso, come quello del processo penale, soprattutto nella fase delle indagini, ulteriori elementi di problematicità" come i ricorsi disciplinari al giudice, “l'istanza di correzione di espressioni utilizzate in richieste o in un'ordinanza di custodia cautelare" (togliere virgolette, ci sono alla fine della frase)  andando ad intasare, con la creazione di numerosi sub procedimenti, la già delicata macchina della giustizia". Inoltre, come specificato nel documento del parere, il comma due bis prevede espressamente che la diffusione delle informazioni sui procedimenti penali sia consentita solo quando è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o ricorrono (ricorrano) altre rilevanti ragioni di interesse pubblico. Una frase assai vaga che lascia ampio margine di errore. Quali sarebbero le ragioni di interesse pubblico? Verranno decise dalla maggioranza di turno? "Io mi chiedo - ha continuato Di Matteo - se queste disposizioni fossero state in vigore ai tempi del primo pool antimafia di Palermo e del lungo percorso, che dall'85 si concluse nel ‘92 con l'affermazione di penale responsabilità definitiva di molti degli imputati del maxi processo, avrebbero costituito illecito disciplinare le numerose interviste di Giovanni FalconePaolo Borsellino o di Giuseppe Di Lello che spiegavano e informavano i cittadini di quello che era uscito fuori ad esempio sulla struttura organizzativa di Cosa Nostra, sulla sua unicità, sulle sue regole, dalle dichiarazioni di Tommaso Buscetta o di qualcun altro? Sarebbero stati sottoposti a procedimento disciplinare tutti i magistrati che tutt'ora in assenza di una sentenza definitiva hanno parlato di quello che dalle indagini è emerso sulla strage di Piazza Fontana o sull'attentato a Ustica?". Occorre certamente difendere il diritto della presunzione di innocenza ma bisogna anche, riprendendo le parole del Capo dello Stato pronunciate ieri, “garantire una informazione libera e indipendente”.

Foto © Imagoeconomica

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