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di AMDuemila
"L'istruttoria di questo processo è stata difficile perché abbiamo fatto delle domande vent'anni dopo a persone a cui non avevano mai fatto domande del genere". A dirlo è il Procuratore aggiunto Gabriele Paci nel corso delle repliche all'arringa sostenuta dai legali d'ufficio del latitante Matteo Messina Denaro, imputato davanti ai giudici della Corte d'Assise di Caltanissetta con l'accusa di essere il mandante delle stragi del '92. Rispetto ai processi, definiti con sentenze passate in giudicato, "qui si aggiungono nuovi temi d'indagine mai esplorati in passato, perché non funzionali alle imputazioni precedenti", ha detto il magistrato, riferendosi anche ai procedimenti istruiti negli anni novanta, quando da sostituto procuratore era in servizio a Trapani.
Nel corso della loro arringa, gli avvocati d'ufficio del latitante originario di Castelvetrano (Salvatore Pace e Salvatore Baglio) avevano affrontato singolarmente le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, evidenziandone alcune incongruenze. Un metodo secondo Paci scorretto in quanto "se si perde di vista il concetto unitario di questa vicenda complessa si ha gioco facile a prendere i singoli elementi e farli a pezzi, parcellizzandoli".
Secondo l'accusa il boss di Castelvetrano ereditò il ruolo di vertice della mafia trapanese nell'autunno del '91.
A chiarire il profilo del latitante a ridosso delle due stragi "non ci sono soltanto i nuovi pentiti del trapanese, ma anche le dichiarazioni di Spatuzza e Tranchina", ha riferito il pm, oltre che "le intercettazioni di Totò Riina in carcere, chiarissime nell'indicare chi era Matteo Messina Denaro, anche nel riferimento per l'omicidio di Paolo Borsellino a Marsala".
In alcune sentenze passate in giudicato (tra cui quella sull'attentato di Capaci, ndr) la leadership viene riconosciuta a Mariano Agate che, invece, nel corso della requisitoria dei mesi scorsi, è stato in qualche maniera "declassato" da capo del mandamento di Mazara del Vallo. "Nella sentenza d'appello - ha ricostruito Paci - si dice che Agate e Matteo Messina Denaro erano i capi di fatto, però Agate era stato alla riunione di Enna e per quello venne condannato".
paci gabrieleTuttavia, ha aggiunto il magistrato, "qui non si è subordinato il ruolo di Matteo Messina Denaro alla sua presenza a riunioni di qualsiasi natura, il 90% dei condannati per quelle Stragi è stato condannato per questo". Per quanto riguarda Mariano Agate il magistrato ha ribadito che lo stesso è deceduto, "ma se non fosse così, non avremmo minimamente pensato di avanzare una revisione di quella sentenza, che è perfettamente sovrapponibile al ruolo del nostro imputato".
Ad inizio udienza si è discusso della documentazione giunta all'attenzione della Corte d'Assise di Caltanissetta, presieduta da Roberta Serio, dal collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara. Il carteggio, composto da due lettere ed un esposto scritto, saranno trasmesse per competenza al Tribunale di Catania in quanto vi sono riferimenti contro il pm Paci. A quanto è dato sapere il contenuto delle tre missive si riferisce alla requisitoria condotta dal procuratore aggiunto Paci, nel corso della quale definì Calcara come "uno di quelli che inquinava i pozzi", riferendosi ad alcune omissioni che sarebbero riscontrate nei suoi verbali. "Le dichiarazioni del Calcara, in questo processo, sono già state valutate nel corso della requisitoria", ha detto il pm che, dopo aver preso visione delle tre lettere, ha chiesto la trasmissione degli atti al Tribunale di Catania, competente per i fatti che riguardano i magistrati in servizio nel distretto di Caltanissetta. Nel carteggio, tra l'altro, l'ex pentito ricorda di aver iniziato la sua collaborazione con il magistrato Paolo Borsellino, confessando di essersi rifiutato di eseguire un attentato contro il giudice, ordinato da don Ciccio Messina Denaro.

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