Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

All’Ars presentato il libro di Fabio Lo Verso sui danni del petrolchimico del Siracusano dove la gente muore ogni giorno di cancro

Augusta, Priolo Gargallo, Melilli, Siracusa. Trenta chilometri di costa siciliana, un tempo fiore all’occhiello della regione per fauna, architettura, paesaggi e pian piano diventato un “quadrilatero di morte”. Qui, dagli anni ’60, sempre più persone hanno iniziato ad ammalarsi e morire di tumore. Una strage silenziosa che ha iniziato a palesarsi con l’industrializzazione di quest’area meravigliosa della provincia di Siracusa, celebre per aver dato i natali ad Archimede, dove ancora oggi giganteggiano tre impianti di raffinazione petrolifera, due stabilimenti chimici, tre centrali elettriche, un cementificio, due fabbriche di gas industriale e diverse aziende dell’indotto. Un mostro ecologico non dissimile all’ex Ilva di Taranto o alla Eternit di Casale Monferrato, che da troppo tempo avvelena aria, suolo, mare, animali e persone. Del dramma se n’è occupato il giornalista Fabio Lo Verso con un libro-inchiesta di elevatissima importanza - incredibilmente il primo sulla vicenda in decenni di tragedia - dal titolo “Il mare colore veleno” (Fazi Editore). Duecento pagine di reportage dettagliato sul polo petrolchimico più grande d’Italia, il secondo in Europa, sul quale Lo Verso ha indagato con grande cura, raccogliendo testimonianze, carte, stime. Ieri il volume è stato presentato all’ARS, il cuore della politica isolana, per dare uno scossone alla classe dirigente siciliana. Rea - nel migliore dei casi - di essersi disinteressata delle migliaia di vittime del cancro, e nel peggiore di aver considerato queste persone sacrificabili pur di assecondare gli interessi dei colossi del fossile che hanno operato (ed operano) in quel lembo di costa, in cambio di posti di lavoro, consulenze e soldi per campagne elettorali.
L’evento realizzato nella sala Pio La Torre di Palazzo Reale è stato organizzato e voluto da Ismaele La Vardera, vice presidente della commissione antimafia, che, dopo aver portato i propri saluti, ha puntato il dito sul grande assente all’iniziativa: la commissione ambiente e il suo presidente, l’on. Giuseppe Carta.



Trovo vergognoso che oggi non ci sia qui il presidente della commissione ambiente. E’ allucinante che abbia snobbato questa iniziativa, questa cosa non la farò passare in cavalleria”, ha affermato promettendo guerra in aula martedì prossimo e annunciando la costruzione di un intergruppo parlamentare sui veleni industriali di Sicilia e sulle ecomafie. Quindi l’incontro, moderato dal giornalista Antonio Condorelli, è entrato nel vivo con le parole dell’autore sui danni provocati dal polo, oggi in mano a quattro alla Versalis (ex Eni), all’algerina Sonatrach, alla sudafricana Sasol e al colosso russo Lukoil. “Ho scritto questo libro per colmare una lacuna vertiginosa nella conoscenza del danno ambientale a nord di Siracusa”, ha esordito Lo Verso. “Un dramma che attanaglia un’intera popolazione da più di 70 anni”. Dramma del quale la politica ha piena responsabilità per aver “aperto le porte a chi ha saccheggiato un territorio”, come ha denunciato il vice sindaco di Siracusa Edy Bandiera (anche lui invitato come relatore).
Scavando, discutendo e investigando ho scoperto che l’inquinamento è allucinante e non è stato fatto nulla per risolverlo”, ha affermato Lo Verso. Tutto ciò nel silenzio generale.


loverso ars 07

Fabio Lo Verso

Le cause dei veleni

L’inquinamento, nello specifico, in quello squarcio di Sicilia è concentrato in due aree: la rada di Augusta, dove sono presenti 13 milioni di m³ di fanghi tossici, oltre la quale sarebbero presenti altre quantità abnormi di fanghi per un totale di 85 milioni di m³. Per fare un esempio, ha detto Lo Verso, “se dovessimo prendere soltanto i 13 milioni di m³ di fanghi tossici che si trovano ora nei fondali della rada e ci facessimo del calcestruzzo potremmo costruire tremila palazzi di sei piani”.
E poi c’è la contaminazione del suolo nel quadrilatero industriale di Augusta, il secondo fattore di inquinamento nel siracusano. Qui, è stata rilevata una presenza impressionante di metalli pesanti come arsenico, cobalto, piombo, rame e zinco. Si tratta di un territorio abitato da circa 180mila persone. Tutte esposte al veleno. C’è chi si ammala ai polmoni, chi alla prostata, chi al pancreas, chi al colon o al seno
(si pensi che le analisi effettuate sulle donne incinte hanno rivelato una presenza di mercurio nel latte materno sei volte più alta della media). E moltissimi, purtroppo, non ce l’hanno fatta. Ad ammalarsi, ancora oggi, sono tanti, non solo chi lavora nel petrolchimico e quindi esposto a sostanze nocive per otto ore al giorno.
Non c’è più alcuna differenza tra stare fuori e dentro le industrie”, ha denunciato il giornalista.
Chi vive lontano dalle industrie può contrarre tumori proprio come chi lavora nelle fabbriche, questo lo ha detto la scienza nel 2019 sulla base di dati ventennali. Tutto quel territorio è una grande industria a cielo aperto. E questo dovrebbe fare scattare un allarme e la passività della politica mi sembra assurda”.
I cittadini, oggi come 60 anni fa, si trovano davanti a un bivio: o il pane o la salute. “Questa è la contraddizione dei posti in cui sono spuntate le industrie”, ha commentato l’autore del libro. “Per i siracusani la speranza che il diritto alla salute venga riconosciuto come più importante del diritto al lavoro attualmente è vana. O almeno - ha spiegato - secondo un giudice che qualche anno fa ha sancito che i due diritti non possono essere contrapposti e che addirittura non si può teorizzare che uno di questi sovrasti l’altro”.


loverso ars 05

La battaglia solitaria di Padre Palmiro

Del tema ha parlato, durante l’evento, anche don Palmiro Prisutto, uno dei relatori, che ad Augusta tutti chiamano “Padre Palmiro”. Il sacerdote da tempo lotta con coraggio contro l’avvelenamento della zona del siracusano provocato dal polo petrolchimico. Ad Augusta, ma in generale in tutta l’area del quadrilatero, le famiglie sono monoreddito, quindi si fa affidamento sui guadagni dell’unico componente familiare che lavora. E tanti, purtroppo, come a Taranto, cadono nel ricatto occupazionale, vedendosi costretti a lavorare nelle aziende del polo per poter mangiare. Le persone vivono tra atroci dolori, tra il timore di non potere abbracciare i propri figli e il senso di colpa per non potere avere soldi sufficienti a unire il pranzo con la cena. Una forbice letale.
Ad Augusta ci deve essere quell’attenzione che miri a tutelare la salute di chi ci vive e di chi ci lavora”, ha affermato il sacerdote.
Don Palmiro da anni, ogni 28 del mese, celebra un’omelia in cui legge la lista dei morti di cancro di Augusta. Una lista che si estende di continuo e nella quale, purtroppo, sono finiti anche diversi membri della sua famiglia. “Questa settimana abbiamo scoperto due casi di cancro nel mio ambito familiare”, ha affermato. Don Palmiro è stato intervistato più volte da giornali e televisioni per spiegare la situazione locale. “Una delle domande che spesso mi viene fatta è: ‘padre, per caso conosce qualche famiglia dove c’è qualche caso di cancro?’ Io rispondo di suonare casa per casa a chiedere se ci sono stati morti o malati. Non c’è famiglia che non viene toccata”.


loverso ars 02


Don Palmiro fa del proprio credo, e della propria carica ecclesiastica, una missione di diffusione della verità. Da anni è portavoce del grido di dolore e di rabbia di moltissimi augustani, e non solo. Denuncia la strage silenziosa in corso ad Augusta e le raffinerie che la stanno provocando.
Questa battaglia solitaria, però, viene osteggiata e dileggiata da una cloaca di personaggi che lo accusa di fare allarmismo, di seminare angosce eccessive. Contro di lui si sono scagliati, trascinandolo persino in tribunale, assessori, giornalisti, e addirittura responsabili delle Confraternite di Augusta. Cioè la chiesa.
Io sto facendo una lotta all’ingiustizia, al malaffare, a un grave problema che affligge un’intera comunità”, ha affermato ai nostri microfoni. “Io faccio la mia parte in base ai miei principi etici, morali e religiosi. Lo faccio senza nessuna paura perché so di essere dal lato giusto”. “Ad Augusta le persone continuano a morire ogni giorno purtroppo. La situazione a mio avviso si è aggravata. Basta leggere i necrologi affissi”. Tanti hanno “paura del futuro perché appena si mostra lo spettro del ricatto occupazionale la gente si tira indietro mentre invece dovrebbe avere il coraggio di prendere posizione”.


loverso ars 3


Quali soluzioni?

Ad Augusta e in tutto il territorio settentrionale del Siracusano le persone chiedono sicurezza, oltre che giustizia. L’urgenza ora, come da decenni, è bonificare e sviluppare economie sulle bonifiche. Ma non c’è volontà politica, come ha denunciato una rappresentante, intervenuta dal pubblico, del Comitato contro i veleni di Siracusa che ha definito il dramma in corso come “disastro ambientale” e denunciato l’immobilismo della politica regionale e nazionale. Le bonifiche del resto, oltre che urgenti, sono pure convenienti. “Bisogna chiedersi quanto costa non fare le bonifiche”, ha affermato Lo Verso. “Abbiamo un'indicazione precisa: quattro miliardi di euro nei prossimi vent’anni. Proprio perché non sono state fatte le bonifiche nei prossimi vent’anni spenderemo questa cifra gigantesca per curare i pazienti. Con la stessa cifra - ha osservato il giornalista - si poteva invece bonificare il territorio, quasi interamente, rilanciare l’economia con attività non inquinanti e alleviare l’angoscia delle famiglie che hanno paura di perdere chi porta lo stipendio a casa, famiglie che sono nella stragrande maggioranza monoreddito”.
Non si è mai visto un posto in Italia - ha aggiunto - in cui ci sia un divario così grande tra la macroscopica contaminazione del territorio e il microscopico intervento di bonifica dello stesso. Ed è questa la fonte della rabbia”, ha dichiarato il giornalista. “In quel posto c’è una dimensione da girone dantesco”.
Per me il vero pericolo è la non visibilità dell’inquinamento. Ci vuole una cesura, qualcosa che permetta di vedere l’inquinamento è la sua spaventosità, perché se ancora oggi, dopo mezzo secolo di annunci e di bonifiche non è stato fatto è perché non è stato visibile”. Da qui l’urgenza di scrivere “Il mare colore veleno”. Alle parole di Fabio Lo Verso hanno fatto coro quelle del sacerdote antiracket don Palmiro. “Noi andremo avanti. Dobbiamo fare l’impossibile. Invertendo la rotta ci può essere un futuro per Augusta”. Quindi l’appello alla politica. “Ai politici dico di avere il coraggio di fare quelle scelte di cui il nostro territorio ha bisogno”.

Foto © ACFB

TAGS:

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos