Il conduttore di Report: “Mi preoccupano le leggi che stanno per essere approvate in materia di libertà di stampa”
Questo articolo, che riproponiamo ai nostri lettori, è stato scritto in data 22-02-2024.
Lo “Stato ancora non è pronto per processare se stesso”. A dirlo, intervistato dall’agenziaimpress.it è il giornalista Sigfrido Ranucci. Commentando la sentenza del processo Trattativa Stato-Mafia il conduttore di Report ha evidenziato come, "nonostante ci siano delle sentenze di assoluzione, confermate anche in Cassazione, nessuna di queste ha mai messo in dubbio i fatti raccontati all’interno di queste sentenze. Questo significa che sono fatti veri. Dopo di che c’è un giudizio storico e uno giudiziario”.
Ranucci si è anche detto “preoccupato” per tutta una serie di leggi che stanno per essere approvate in materia di libertà di stampa. “Sto pensando ai decreti Costa, che riguarderanno la possibilità di dare informazioni sugli arresti, sulle persone coinvolte nelle inchieste - ha aggiunto - Sto pensando che nel 2025, se non verrà abrogata, entrerà in vigore la riforma Cartabia per quanto riguarda l’improcedibilità dei processi. Sul fatto che non si possono dare informazioni sugli imputati ai processi se questi non lo vorranno. C’è la possibilità di renderli completamente anonimi, così come la tipologia di reato che viene loro attribuito. Tutto ciò è un processo gravissimo che potrebbe portare alla desertificazione dell’informazione. Una sorta di oblio di Stato”.
Un allarme che, nei giorni scorsi, aveva lanciato anche intervenendo nella trasmissione 'Giletti 102.5' con Massimo Giletti e Luigi Santarelli, in onda su Rtl.
Chi "fa inchieste in Italia - aveva sottolineato Ranucci - si trova di fronte a un'intolleranza e una disattenzione da parte della politica. Nei cassetti del Parlamento c'è una legge che giace ormai da anni sulle liti temerarie, ossia quelle querele fatte per intimidire. Noi abbiamo le spalle larghe e protette, ma penso ai colleghi che lavorano per piccole testate e Tv locali, che scrivono per 10 euro a pezzo e a cui si chiede anche di mantenere la schiena dritta quando hanno a che fare con mafiosi del posto o politici collusi. Ricevere una querela in queste condizioni rende difficile garantire la libertà di informazione. Mi sono reso conto proprio a livello di libertà di informazione - ha proseguito il giornalista - che questo è un sistema malato". Secondo il conduttore di Report "la Cartabia e la riforma Costa messe insieme sono micidiali. Quando negli ultimi mesi abbiamo fatto inchieste su Santanchè e Gasparri, abbiamo sentito la politica dire che la stampa non può dettare l'agenda della politica".
Ranucci, ultimamente tornato in libreria con la pubblicazione di “La scelta” in cui racconta la sua vita di autore e conduttore, in questi anni si è trovato ad affrontare diverse battaglie. “Siamo arrivati a 38 querele solo con la Rai, ma negli ultimi anni, soprattutto con Report, siamo arrivati a 178, tra querele e richieste di risarcimento danni - aveva ricordato sempre rispondendo alle domande di Giletti - Poi, con Report, con il ruolo di autore le prendo doppie, anche quelle della mia squadra che è straordinaria". “Milena Gabanelli mi disse che mi avrebbe lasciato in eredità anche tanti notti insonni. È stato così. C’è sempre il dubbio che tu stia facendo la cosa giusta prima di andare in onda, perché si tratta di una responsabilità grandissima. Forse un’inchiesta giornalistica è più pesante di un’attività giudiziaria che si consuma nel tempo o si prescrive. C’è poi la tensione di gestire la prima serata e soprattutto le denunce preventive, che tentano di diffidarti di andare in onda. Ci sono le denunce postume, la gestione di una squadra, le telefonate prima, durante e dopo la trasmissione”.
Al di là delle difficoltà e dei continui attacchi, comunque Ranucci, come affermato ad agenziaimpress.it non si sente un perseguitato ed anzi continua "a pensare che la giustizia sia necessaria e sia necessario anche il ruolo della magistratura”.
Guardando allo stato della stampa italiana Ranucci è convinto che “sia ricca di talenti. I giornalisti dovrebbero sentirsi più liberi e anche più indipendenti dal proprio editore. C’è la possibilità di farlo. Io mi sento un giornalista libero all’interno della Rai. Invito i giornalisti Rai e anche chi non appartiene alla televisione di Stato di onorare il proprio mestiere, perché è uno dei più belli del mondo”. Di fronte a casi come la richiesta di estradizione di Assange o la morte di Navalny il conduttore di Report ha evidenziato come “Il quadro della libertà non è il massimo”. Ciò accade perché “mancano dei leader che possono difendere dei valori come libertà, uguaglianza e pace. Credo però che in un mondo dove non c’è libertà di stampa, non ci può essere democrazia. E’ come mandare in giro una macchina senza il certificato di garanzia”.
Ranucci, ricordiamo, sarà presente questa sera alla rassegna "Pagine di Legalità" curata dal Comune di Siena. In questo ultimo appuntamento ci sarà la presentazione del libro “Il Patto. La trattativa tra Stato e mafia nel racconto inedito di un infiltrato”, scritto assieme a Nicola Biondo.
Una pubblicazione in cui si racconta la trattativa Stato-mafia sviluppando la storia di Luigi Ilardo "un infiltrato che non ha fatto in tempo a diventare un collaboratore di giustizia, perché è stato ucciso non appena ha manifestato la volontà di collaborare con lo Stato. Sarebbe stato un testimone incredibile, secondo forse solo a Tommaso Buscetta come importanza. Già nel 1994 aveva raccontato chi c’era dietro le stragi. Un consorzio tra massoneria deviata, servizi segreti ed eversione di destra. Un corpo che si è mosso all’unisono nel momento in cui era più in difficoltà, nel momento in cui c’erano da cambiare le sorti politiche di questo Paese, nel momento in cui c’erano da eliminare i nemici di questo Paese, che erano magistrati, poliziotti, politici e così via”.
Foto © Paolo Bassani
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