L’intervista di Lilli Gruber al direttore di Report a Otto e Mezzo
“La libertà di stampa è una conquista di ogni singola persona. Sono preoccupato per il futuro. Soprattutto per una serie di provvedimenti. Al di là della qualità del giornalismo, mi preoccupa moltissimo la Riforma Cartabia”. A dirlo è Sigfrido Ranucci, direttore di Report, intervenuto ieri sera a Otto e Mezzo condotto da Lilli Gruber, su La7. Da poco in libreria con il suo ultimo libro “La scelta” (ed. Bompiani) Ranucci ha raccontato alcune inchieste condotte dal suo team e le denunce (spesso temerarie) che ne sono scaturite. Ranucci ha anche parlato di alcuni timori, come quelli relativi alla Riforma Cartabia. “Dal gennaio 2025 noi non potremo più parlare di persone che sono al centro di procedimenti penali finché non sono a processo. E neanche descrivere alcuni dettagli dei reati che ci sono all’interno – ha detto -. Accadrà che se i processi non si chiuderanno come stabilito dalla Cartabia - cosa impossibile con gli organici di oggi - scatta l’improcedibilità: il processo cessa. Non si potrà parlare di queste persone né dei reati. Ci sveglieremo improvvisamente in un mondo migliore senza aver fatto nulla per meritarcelo. Solo perché non possiamo raccontare le nefandezze”. Ricordando la frase riportata sotto il nome del Washington Post, “la democrazia muore nell’oscurità”, Ranucci ha sottolineato che “se certi fatti non vanno portati alla luce è a rischio lo svolgimento democratico di un Paese”.
Ecco perché è necessario incalzare con le inchieste su chi, per esempio, gestisce la pubblica amministrazione. O chi ricopre incarichi di alta rappresentanza del Paese come i ministri o i sottosegretari. È cronaca di questi giorni che il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi ha rassegnato le sue dimissioni – accolte dalla premier Giorgia Meloni – in seguito anche ad alcune inchieste condotte da Report. “Non voglio prendermi tutto il merito delle dimissioni annunciate da Sgarbi – ha detto Ranucci in trasmissione -, perché ha fatto quasi tutto da solo. Intanto è oggetto di un’inchiesta dell’antitrust che l’ha giudicato sostanzialmente incompatibile. Poi sostanzialmente ha sentito il cerchio che si chiudeva attorno a lui su varie vicende che abbiamo raccontato noi di Report con il Fatto Quotidiano. In particolare, l’inchiesta della procura di Imperia e quella di Macerata”.
L’incompatibilità di Sgarbi “sta nel fatto che lui ha operato con continuità – ha aggiunto Ranucci -. Si è calcolato addirittura 121 eventi in 9 mesi con un introito stimato di 300mila euro. È lì che c’è incompatibilità. Inoltre, ha altri incarichi come sindaco e presidente di fondazione. Poi c’è l’uso improprio degli autisti”. Ranucci, così come la sua squadra, sono invisi da molte persone che siedono nella stanza dei bottoni. In 38 anni di carriera in Rai ha raccolto 172 tra querele, richieste di risarcimento danni e liti temerarie. Da Sgarbi, appunto, a La Russa, dal compagno della Santanché a Giorgetti. Insomma, l’elenco delle persone che hanno cercato di intimorire Ranucci sono tante, ma non è mai stato condannato.
“Non mi sono mai pentito delle mie scelte – ha detto il direttore di Report -. Però ho capito - e per questo ho scritto il libro - che la vita di un uomo non dipende tanto dalla qualità ma dalle scelte che fai. Ci sono scelte che sei costretto a fare in pochissimi secondi e che condizioneranno per sempre la tua vita, ma anche quelle che non fai possono condizionarti”.
“Ho avuto la fortuna di lavorare con due grandi maestri – ha aggiunto -. Un padre professionale come Roberto Morrione e una madrina come Milena Gabanelli. Con Morrione abbiamo passato dei bei momenti quando abbiamo realizzato un’inchiesta sulle stragi di mafia. Ritrovai la cassetta con l’intervista smarrita di Paolo Borsellino che parlava con due francesi. Per la prima volta dei canali di riciclaggio. Faceva riferimento a Berlusconi e Dell’Utri. Il tutto 48 ore prima della morte di Giovanni Falcone e vestendo con la toga nera. Quindi non con scopi politici perché all’epoca non si sapeva che Silvio Berlusconi sarebbe entrato in politica. Quando ritrovai questa cassetta ci fu una richiesta di licenziamento nei miei confronti e di sfiducia nei confronti di Roberto Morrione all’epoca direttore di RaiNews24”.
Una situazione simile si è replicata anche per l’inchiesta svolta sul bombardamento della città di Falluja, in Iraq, “quando facemmo vedere l’immagine del bombardamento al fosforo bianco e denunciammo l’utilizzo dell’agente chimico da parte degli Stati Uniti”. “All’epoca loro erano i gendarmi nel mondo contro il terrorismo e quindi accusarli di usare le armi chimiche era una cosa molto particolare – ha continuato -. Anche in quell’occasione fu chiesto il licenziamento”. Più di recente, coloro i quali hanno tentato di agire pesantemente sulla trasmissione Report “sono stati sicuramente Silvio Berlusconi e anche Matteo Renzi che non ha accettato molto serenamente le inchieste che abbiamo fatto sia sull’Unità, sui viaggi in Arabia Saudita e quella dell’Autogrill”.
In ultima istanza, Ranucci ha ricordato come sul fronte del giornalismo d’inchiesta davanti all’Italia si prospetta una grande sfida: la tutela delle fonti. “È importante verificare la veridicità della fonte, è vero – ha detto -. Noi non diamo voce a fonti anonime. Cosa diversa è rendere anonime le fonti per tutelarle. E su questo credo che l’Italia debba lavorare tantissimo perché non c’è alcuna tutela delle fonti anzi spesso vengono isolate, colpite e messe in condizioni di diventare un esempio affinché non si parli più”.
Foto © Imagoeconomica
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