A Palermo, nel quartiere della Kalsa, dove nacquero Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, c’è un giardino. Un giardino piccolo, nel centro storico eppure allo stesso tempo percepito come periferico, non particolarmente frequentato dai turisti. Si chiama “Giardino dei Giusti” e al suo interno c’è una targa, ove si legge: “Dedicato ai giusti del mondo. Si può sempre dire un Sì o un No”.
Quando abbiamo deciso di istituire questo premio, che porta il nome di un Giusto italiano, caduto per mano mafiosa (e non solo) per aver scelto di dire “No”, promettemmo che sarebbe stato assegnato ogni anno a chi potesse entrare a testa alta in quel giardino, a chi, quindi, sapesse scegliere. Non solo scegliere da che parte stare, perché si può stare dalla parte giusta senza rischiare in prima persona, ma scegliere di volta in volta quando dire “Sì” e quando dire “No”.
Quella targa ricorda che il coraggio non è una caratteristica con cui si nasce, non è una scelta geneticamente più facile per qualcuno che per altri. Il coraggio lo si impara e lo si sceglie, ogni volta con fatica.
Viviamo in un momento storico nel quale è sempre più difficile riconoscere come qualità la capacità di fare la scelta giusta, nel quale la competizione tra gli individui, eretta a principio cardine universale, mette in discussione il valore della giustizia e della solidarietà, del percepire come propria l’ingiustizia perpetrata ai danni di chi è fuori dalla propria sfera familiare.
La persona a cui abbiamo deciso di assegnare questo premio oggi ha dimostrato per decenni di saper scegliere. Di saper dire “Sì” quando i familiari delle vittime della criminalità organizzata, protetta e/o complice di apparati deviati dello Stato, chiedono il suo aiuto e di saper dire “No” quando la convenienza e la prudenza vorrebbero che non si mettesse di traverso alle logiche del potere, sia istituzionale che criminale.
Oggi consegniamo il premio “Umberto Mormile” 2023, in direzione ostinata e contraria, all’avvocato Fabio Repici, per le evidenti e continue prove di altissime capacità umane e professionali, che hanno permesso di ribaltare sentenze apparentemente già scritte, di aprire processi a distanza di tre decenni dal crimine, di consentire a chi avesse perso fiducia di sentire su di sé la calda e leggera coperta della giustizia che, nel passato, padri costituenti come Piero Calamandrei e Sandro Pertini hanno celebrato con le loro parole e con le loro azioni. Con le loro scelte.
Ma, attenzione, Fabio Repici non è un eroe. Dipingere con caratteristiche eroiche, fino a sfiorare il divino, persone come Fabio Repici ridimensiona l’importanza e il valore etico delle scelte che ha fatto e che gli hanno fatto assegnare, di diritto, questo premio.
E allora oggi gli consegniamo la targa intitolata a Umberto Mormile, a simboleggiare i tantissimi Umberto Mormile che Fabio Repici ha strappato al fango e al ludibrio del mondo, e nel ringraziamento per l’esempio che porta avanti ogni giorno per chi ancora non vuole rassegnarsi alla vittoria dell’ingiustizia sulla giustizia.
Tratto da: 19luglio1992.com
Foto © Paolo Bassani