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Il procuratore di Milano racconta la nuova “mafia 3.0” capace di adattarsi ai mutamenti economici e finanziari

Insieme nel nome del profitto. Così, le principali organizzazioni criminali, sempre più ‘bianche’, fanno rete per generare nuovi profitti, soprattutto al nord. Un nuovo sistema criminale, meno brutale ma più affarista, che ha rivisto la sua pax mafiosa attraverso quello che i magistrati hanno definito un “network criminale evoluto”, capace di generare guadagni e riciclare denaro, anche attraverso nuove reti ad hoc costituite da aziende e cooperative. Difatti, il procuratore di Milano, Marcello Viola, durante la sua audizione che si è svolta davanti alla Commissione parlamentare Antimafia, ha parlato di “convergenza di interessi delle tre principali organizzazioni, Cosa nostra, Camorra e ‘Ndrangheta, in attività di riciclaggio”. Un nuovo assetto criminale dunque, capace di stringere “accordi, anche stabili e duraturi, tra calabresi, siciliani e criminalità di stampo camorristico”, attraverso “un sistema di cointeressenze” che trova la sua forza nell’apporto comune di capitali, risorse umane e la creazione di società con il fine ultimo di “trarre profitto da molteplici attività apparentemente lecite”. Insomma, un salto di qualità che ha consolidato la presenza delle mafie al nord, ‘Ndrangheta in primis. Un apparato criminale che non si è fatto cogliere impreparato dai cambiamenti economici e finanziari, ma che è riuscito a generare operazioni commerciali e imprenditoriali che hanno generato anche crediti IVA. Paradossale, infatti, che in casi come questi sia lo Stato a finanziare la mafia. Altrettanto paradossale è l’esistenza di una “mafia 3.0” in grado di generare ‘servizi finanziari’ pensati per spostare ingenti capitali attraverso false fatture, mentre rischia pene esigue, talvolta irrilevanti, dal momento che sono state pensate per contrastare reati di natura fiscale. Per questo motivo - ha fatto sapere il “Corriere Della Sera” - con il post pandemia, la mafia ha cambiato i suoi settori di interesse. I boss presenti in Lombardia, ad esempio, hanno creato imprese appositamente pensate per accaparrarsi i fondi del 110% relativi al settore edilizio. Così, dopo aver presentato i progetti, si incassa la prima rata e l’azienda, presente solo sulla carta, sparisce. Purtroppo, svaniscono anche le aziende corrette che preferiscono restare nella legalità. In ultimo, ma non per ultimo, nel ‘portfolio’ delle mafie 3.0 troviamo anche il settore petrolifero con il commercio di carburanti attraverso i depositi fiscali, ma anche quello sportivo, sanitario, ristorativo e ricettivo. Ciò nonostante, le sostanze stupefacenti rimangono comunque un pilastro costante negli investimenti delle organizzazioni mafiose. Lo ha dimostrato l’operazione di polizia che nei primi giorni di agosto ha sequestrato 66 chili di cocaina a Buccinasco, feudo dei clan di Platì. Una scelta ‘di mercato’ che continua a garantire guadagni molto elevati e che spinge la ‘Ndrangheta a coltivare rapporti e alleanze anche con gruppi criminali slavi e albanesi.

Foto © Imagoeconomica

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