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La nipote Luisa: “Mia nonna ha dato la vita per riscattare la vita di mio zio Peppino. Sono orgogliosa”

18 anni sono tanti. Sono più di quelli che avevo io quando mia nonna è scomparsa: allora ne avevo 17”. A parlare è Luisa Impastato, volto di riferimento di Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato, nonché nipote di quest’ultimo. Mercoledì 7 novembre, a Cinisi, si è celebrato il 18° anniversario della scomparsa di Felicia Bartolotta, mamma di Peppino e Giovanni Impastato. Ad aprire l’evento è stata proprio la giovane nipote, figlia di Giovanni, che contenendo l’emozione ha accolto centinaia di bambini e bambine, tanta società civile e, ovviamente, alcuni dei compagni di militanza di Peppino Impastato.
Sono molto orgogliosa e contenta che oggi siamo in tanti a ricordare Felicia. Una donna che ha dedicato tutta la sua vita, dopo la morte del figlio, nel tentativo di riscattare la sua memoria ma anche di difendere e diffondere la sua storia - ha detto Luisa -. Sicuramente è una delle persone che ha contribuito di più affinché la storia di Peppino diventasse oggi un punto di riferimento per tantissime persone e ragazzi; un esempio che continua ad ispirare più generazioni. Credo che questo le si debba e anche per questo motivo è importante essere qui oggi a ricordare Felicia”.
Felicia Bartolotta Impastato era considerata come una Nonna da tutti coloro che amavano suo figlio Peppino, ucciso dalla mafia - e non solo - il 9 maggio del 1978. Era una donna minuta, esile e a tratti fragile, ma non per questo poco grintosa. Anzi, chi l’ha conosciuta ricorda bene la determinazione con cui ha portato avanti la rivoluzione di suo figlio. Felicia, infatti, è l’archetipo di una “madre coraggio” e di come il dolore può diventare uno strumento di riscatto.
Sono molto contenta che in occasione di questo anniversario, in questo bene confiscato alla famiglia Badalamenti, denominato dal Sindaco (Gianni Palazzolo, ndr) ‘Casa Felicia’, inaugureremo il ‘Giardino della Memoria e dell’Impegno’. Un progetto che abbiamo fortemente voluto perché crediamo che in qualche modo possa essere il compendio del nostro senso della memoria”, ha continuato Luisa illustrando a tutti i presenti il terreno adiacente al casolare. “Abbiamo deciso di piantumare diversi alberi dedicando ad ognuno di essi il nome di una vittima di mafia o comunque di chi si è speso per contrastare la stessa - ha detto -. Un modo per restituire una sorta di riscatto a questo territorio che è stato luogo di mafia”.
L’evento è stato un incontro tra amici e compagni di lotta, un piccolo momento di raccolta all’insegna della semplicità e del contatto con la natura. Il tutto grazie alla collaborazione con la Cooperativa Noe, con la Cooperativa Ciauli e con il supporto degli agronomi Ninni Conti e Francesco Marino che hanno avviato la prima parte del percorso. Al progetto hanno contribuito anche tanti giovani, chi nella piantumazione dei primi alberi di olivo chi, invece, nel lavoro di allestimento con diversi interventi artistici. E nell’arco di qualche mese è nato un giardino didattico delle biodiversità con alberi da frutto e piante aromatiche, per custodire la memoria e coltivare i germogli di un futuro migliore, “attraverso il racconto e la riscoperta di gusti e odori ormai perduti, utilizzi ancestrali, storie antiche che congiuntamente alla storia di Peppino Impastato e di Casa Memoria, potranno definire un percorso di impegno contro  globalizzazione, mercificazione e appiattimento del mercato agricolo, dando valore a gesti e fatti che insegnano una via alternativa, fondata sul rispetto della natura e dei valori umani, per il bene comune”, fa sapere l’associazione (partecipa al crowdfunding).
Sono tanti i significati che attribuiamo a questa nostra iniziativa. Il senso della memoria legato anche agli alberi si deve al fatto che la stessa come dei semi va coltivata affinché dia i suoi frutti - ha concluso Luisa Impastato -. Come diceva Giovanna Terranova ‘la memoria va coltivata’. Per cui credo che sia assolutamente pertinente con il senso che diamo alla memoria e che è stato portato avanti da mia nonna Felicia in tutti questi anni, i cui frutti credo siano visibili a tutti. Il nostro obiettivo è quello di creare una memoria collettiva, costruita in maniera condivisa. La bellezza di questo giardino, infatti, è proprio il fatto che hanno contribuito tantissime persone alla sua realizzazione e credo che questo valore collettivo sia uno dei più importanti”.
Felicia è morta il 7 dicembre 2004 “lo stesso anno di Gaetano Badalamenti, a distanza di circa nove mesi, dopo aver visto morire gli assassini di suo figlio”, come ha scritto Salvo Vitale, storico amico e compagno di Peppino Impastato. “Si potrebbe dire che li ha seppelliti uno dopo l’altro, mentre lei è rimasta viva e ha tenuto in vita la memoria di suo figlio”. Come dar torto a Salvo Vitale, alla fine infatti “ha vinto lei”. 

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