Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

di AMDuemila
Tra due mesi l’ex senatore potrebbe finire di scontare la pena per concorso esterno ma c’è la condanna sulla Trattativa Stato-Mafia

Il co-fondatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri nei primi di dicembre tornerà ad essere un uomo libero in quanto nei primi di dicembre avrebbe finito di scontare i sette anni inflitti nel processo che lo ha condannato, in via definitiva, per concorso esterno in associazione mafiosa. Grazie agli sconti di pena e per buona condotta Dell’Utri è arrivato alla fine della pena. Infatti, nel luglio 2018 il Tribunale di Sorveglianza, accogliendo la richiesta dei legali, ha disposto il differimento della pena per l'ex senatore, che lasciò così il carcere per motivi di salute. Contando gli sconti di pena tra buona condotta (45 giorni in meno di reclusione ogni tre mesi), Dell’Utri ha passato tra carcere e domiciliari circa cinque anni e otto mesi.
L’ex senatore condannato in via definitiva nell’aprile 2014 e arrestato mentre si trovava in Libano a Beirut poi estradato in Italia dove passerà prima da Parma e poi a Rebibbia a Roma. Nelle motivazioni della sentenza definitiva di condanna, i giudici definiscono Dell’Utri come il garante “decisivo” dell’accordo tra Silvio Berlusconi e Cosa nostra e “la sistematicità nell’erogazione delle cospicue somme di denaro da Marcello Dell’Utri a Gaetano Cinà sono indicative della ferma volontà di Berlusconi di dare attuazione all’accordo al di là dei mutamenti degli assetti di vertice di Cosa nostra”. Inoltre, per Dell’Utri, il 20 aprile 2018, è arrivata un’altra condanna a 12 anni in primo grado all’interno del processo sulla Trattativa Stato-Mafia in cui era imputato per violenza o minaccia a corpo politico dello Stato. Secondo la ricostruzione dei pm il cofondatore di Forza Italia era l'uomo cerniera nella seconda parte della trattativa tra Cosa nostra ed i nuovi referenti politici, che trovavano espressione nel partito di Berlusconi insediatosi con l'appena nata Seconda Repubblica. Processo che adesso si trova in Appello, dove proprio la difesa di Dell’Utri ha chiesto la testimonianza dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per riferire su "quanto sa a proposito delle minacce mafiose subite dal governo da lui presieduto nel 1994 mentre era premier". Dopo che l’udienza era stata fissata lo scorso 3 ottobre, Berlusconi non ha potuto testimoniare a causa di un “impedimento”. Inoltre, vista la documentazione presentata dai legali difensori di Berlusconi, gli avvocati Niccolò Ghedini e Franco Coppi, si chiedeva anche in che vesti sarebbe stato sentito, visto che il fondatore di Forza Italia è anche indagato a Firenze in cui è accusato di essere stato uno dei mandanti delle stragi del ’93-’94. Lo scorso 3 ottobre la Corte d’Assise d’Appello di Palermo ha deciso di ascoltare Berlusconi come teste assistito, con la presenza di un avvocato e anche la possibilità di non rispondere alle domande che comporterebbero dichiarazioni auto-indizianti. L’ex presidente del Consiglio sarà ascoltato al processo d’Appello Trattativa Stato-Mafia il prossimo 11 novembre.

Foto © Imagoeconomica

ARTICOLI CORRELATI

Stato-mafia, Di Pietro, Falcone, Borsellino e quei dialoghi sugli appalti

Stato-mafia, i difensori di Dell'Utri chiedono l'audizione di Berlusconi

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos