di AMDuemila
Per 8 imprenditori applicata la "Spazzacorrotti"
"Cuci e scuci". Così è stata chiamata l'operazione che è stata effettuata questa mattina dalla polizia di Stato che ha portato all'esecuzione di quattro arresti e, contestualmente, ad altre dieci misure cautelari, nei confronti di imprenditori e funzionari del Provveditorato Opere Pubbliche di Palermo accusati di corruzione, falso in atti pubblici e truffa aggravata ai danni dello Stato. I provvedimenti sono stati emessi dal gip del Tribunale di Palermo, su richiesta della Procura della Repubblica. L'indagine, svolta dalla Sezione Anticorruzione della Squadra Mobile di Palermo, ha svelato un sistema di tangenti nel settore degli appalti per opere pubbliche che ha interessato un importante distretto ministeriale.
L'indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dai sostituti Giacomo Brandini, Pierangelo Padova e Maria Pia Ticino, riguarda appalti in quattro province (Palermo, Messina, Agrigento ed Enna) ed ha avuto inizio un paio di anni fa dopo la denuncia di un imprenditore che si è rifiutato di pagare una tangente - rivolgendosi invece alla polizia - dopo essersi aggiudicato l'appalto per la ristrutturazione di una scuola. La cricca non si faceva scrupoli: aveva chiesto denaro anche per la ristrutturazione di beni confiscato alla mafia che dovevano essere destinati a caserma dei carabinieri (a Capaci) e ad alloggio per gli uomini dell'Arma (in via Giusti, a Palermo).
"Quindi qui quando poi ci sarà l'inaugurazione verrà il Ministro dell'Interno, verranno Prefetti... cioè, una cosa ovviamente che finisce sopra ... in televisione perché, ah dice, nella casa del mafioso ci abbiamo fatto la caserma dei carabinieri. Quindi il lavoro tra l'altro si deve fare in una certa maniera, insomma non è una cosa, una minchiata ...". Così dicevano due degli arrestati, intercettati il 14 luglio 2017, mentre discutevano di una villa confiscata alla mafia e destinata ad ospitare la nuova stazione dei carabinieri di Capaci (Pa), con annessi alloggi di servizio. "Importo del finanziamento, 500 mila euro. La societa' si aggiudicava l'appalto espletato - scrive il gip - con la solita procedura negoziata, offrendo un ribasso del 39.50%. Il Pubblico Ufficiale, che in generale criticava la scelta di recupero dell'immobile e temeva che i lavori effettuati non avrebbero superato la verifica sismica, contava comunque - sostiene il giudice - di far recuperare introiti all'impresa, affidando ad essa gli appalti relativi ai lavori di completamento".
I quattro funzionari, posti agli arresti domiciliari sono Carlo Amato, Francesco Barberi, Antonio Casella e Claudio Monte.
Altri due - l'architetto Antonino Turricciano e il geometra Fabrizio Muzzicato - sono stati sospesi per un anno. Coinvolti anche otto imprenditori, che per 12 mesi non potranno contrattare con la pubblica amministrazione in base alla nuova norma "Spazzacorrotti", approvata il 18 dicembre 2018, che ha modificato diversi articoli del codice penale e del codice di procedure penale in materia di anticorruzione.
Gli inquirenti hanno definito l'esistenza di un vero e proprio "sistema Amato", portato avanti con spregiudicatezza e accortezza da Carlo Amato. I cellulari venivano lasciati ai colleghi, percheé anche spenti possono essere intercettati, e si avanzava la richiesta di denaro. La strategia di Amato non sarebbe stata condivisa da Casella e Muzzicato, anche loro indagati, i quali avevano teorizzato una strategia più sottile e meno rischiosa. Secondo i due, infatti, era opportuno che fossero gli imprenditori di loro iniziativa a fare 'un regalo' come ricompensa per i favori ottenuti. Favori che consistevano, oltre che in una celere trattazione del procedimento amministrativo propedeutico alla liquidazione dell'importo dei lavori appaltati, nell'adozione di una perizia di variante contenente costi 'gonfiati'. In questo modo l'imprenditore si sarebbe sentito quasi in dovere di sdebitarsi con i pubblici ufficiali e loro avrebbero così potuto accettare con serenità il "regalo", a meno di avere a che fare con un "bastardo" disposto a rivolgersi alle forze dell'ordine.
Rispetto alle indagini è intervenuto il capo della Squadra mobile Rodolfo Ruperti: "Le dichiarazioni dell'imprenditore sono state il punto di inizio delle indagini. Gli appalti tenuti sotto osservazione sono stati numerosi; quelli che hanno portato agli arresti di oggi sono otto". I funzionari avrebbero preteso pranzi, cene, regali e naturalmente denaro, per migliaia di euro. "Un rapporto corruttivo di 'do ut des' attraverso il quale i funzionari piegavano l'interesse pubblico dell'opera ai fini del loro arricchimento", ha aggiunto Ruperti.
Nell’ordinanza del gip di Palermo che ha disposto le misure cautelari si legge che l’indagini, tramite numerosi indizi, ha “registrato uno stratificato sistema corruttivo, annidatosi nel settore degli appalti per opere pubbliche e che ha interessato un importante distretto ministeriale deputato a veicolare rilevanti fondi pubblici”.