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dali-antonio-web7di Rino Giacalone - 21 giugno 2013
Libera ha fatto sentire oggi la sua voce nell’aula del gip di Palermo dove si sta processando l’ex sottosegretario all’Interno, il senatore del Pdl Antonio D’Alì. Accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, i pm, Paolo Guido e Andrea Tarondo, alla scorsa udienza hanno chiesto al giudice Francolini, che lo sta processando col rito abbreviato, una condanna a sette anni e 4 mesi: “Un soggetto accorto, sottile e prudente” così i pubblici ministeri hanno definito il parlamentare trapanese, in sostanza una descrizione che corrisponde alla nuova figura di mafioso, componente della nuova mafia capeggiata dal latitante Matteo Messina Denaro. E proprio i rapporti tra D’Alì e i Messina Denaro, boss indiscussi della mafia siciliana, originari di Castelvetrano, sono al centro del dibattimento. L’associazione Libera è tra le parti civili, oggi ha preso la parola l’avv. Enza Rando, la richiesta di risarcimento avanzata è di 500 mila euro, sono state parole salienti quelle pronunciate: “Condividiamo l’analisi dei pm sui contatti strategici tra l’imputato e la mafia, ma aggiungiamo oggi che in quest’aula abbiamo le prove di come l’imputato abbia operato anche per annullare qualsiasi etica in politica”.

La premessa si è sofffermata sui “gravi fatti contestati all’imputato e delle gravi condotte finalizzate al rafforzamento dell’associazione mafiosa “Cosa Nostra”, mettendo a disposizione non solo le proprie risorse economiche, ma anche il proprio ruolo istituzionale di Senatore della Repubblica e di Sottosegretario di Stato, nonché intrattenendo, sin dai primi anni 90, anche ai fini della ricerca e dell’acquisizione di sostegno elettorale ed a fronte del richiesto appoggio, rapporti diretti o mediati con numerosi esponenti di spicco della predetta organizzazione ( tra i quali Messina Denaro Matteo, Virga Vincenzo, Pace Francesco, BirritellaAntonino, Coppola Tommaso)…Diverse sono le condotte poste in essere dal D’Alì finalizzate a mettersi a “disposizione” dell’associazione mafiosa, sia con operazioni di intestazione fittizia di beni e riciclaggio, sia agevolando l’associazione mafiosa nel controllo del settore della commercializzazione del calcestruzzo, come pure nel controllo di appalti pubblici, rafforzata, ancora, la sua condotta collusiva grazie alle sue funzioni politiche ed istituzionali…Non si può qui scordare il volto sofferente e triste del Prefetto Sodano, che rappresentava lo Stato quando cercavain tutti i modo di onorare la sua funzione, agevolando l’applicazione della legge 109/96  sul riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati alla mafia, e il volto del D’Alì che cercava di garantire e favorire la vendita di un bene confiscato ai mafiosi fino al punto di sollecitare il trasferimento, ad altra sede, del Prefetto Sodano, che in quel momento stava conducendo un grande battaglia per l’affermazione della legalità e di un principio costituzionale che è quello che è consacrato nell’art. 54 della Cost., “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Costituzione e di osservare la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno di dovere di adempierle con disciplina e onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalle leggi”.
Ed è da questo punto in poi che l’intervento dell’avv. Enza Rando a nome di Libera è stata dura: “Ad un cittadino cui sono affidate funzioni pubbliche è richiesta una maggiore responsabilità,perchè ogni suo comportamento, ogni suo atto, può rendere credibile le istituzioni democratiche, e può garantire la dignità di uno Stato democratico, oppure offendere le istituzioni.. Un Senatore della Repubblica di quel territorio ha il compito preciso di stare accanto al Prefetto della Repubblica Italiana, dott. Sodano nella battaglia per l’applicazione di una legge dello Stato, il D’Alì, forte del suo ruolo istituzionale invece isola l’azione fattiva e importante del volto pulito dello Stato, il Prefetto Sodano  favorendo così  le attività criminali di Cosa Nostra”. Il senatore D’Alì si è difeso indirettamente sostenendo che quel suo intervento mirava a salvaguardare il mercato: “Ma di quale mercato parlava il senatore D’Alì – ha sostenuto l’avv. Rando – quello diventato illegale perché risultò poi effettivamente essere in mano ai mafiosi, agli imprenditori mafiosi e agli imprenditori fiancheggiatori del mafiosi. Se Sodano violava questo mercato, e questo mercato intaccava, ha fatto sicuramente bene ed ha fatto molto male il senatore D’Alì a non sostenerlo e oggi ad ammettere di non averlo sostenuto”. Nel processo è entrato lo studio del Centro Pio La Torre di Palermo che ha evidenziato come il 50% dei giovani (nella ricerca sono stati coinvolti quasi 2.000 studenti delle scuole medie superiori italiane partecipanti ad un progetto educativo) percepisce che la mafia è più forte dello Stato e la colpa è della politica se ancora non si riesce a sconfiggere “cosa nostra”.“L’odierno imputato (che peraltro a Trapani dinanzi ad un vasto silenzio continua a presiedere il consorzio universitario ndr) con le sue condotte e con il comportamento che continua a tenere all’interno delle istituzioni democratiche rafforza ancora di più questa percezione dei giovani”. Criticato il mancato passo indietro in politica del senatore D’Alì rispetto al processo in corso: “I cittadini e le associazioni aderenti a Libera avrebbero colto con grande favore la scelta di grandesenso civico dei partiti che si rifiutano di candidare un soggetto indagato per reati che favoriscono le mafie e le corruzioni, e avrebbero gradito che un rappresentante delle istituzioni indagato di un reato così grave (diversi collaboratori di giustizia hanno riferito del ruolo di “referente” del D’Alì) si sarebbe dovuto dimettere dalla carica di senatore della Repubblica. Libera è sempre rispettosa del dettato costituzionale e cioè che un cittadino deve essere considerato innocente fino alla sentenza definitiva di condanna, ma ci ha anche insegnato che ad un rappresentante  delle istituzioni democratiche  è chiesto qualcosa di più poiché deve tutelare e custodire  la dignità delle istituzioni, e se con la sua presenza offende le istituzioni è obbligato a dimettersi…Il comportamento delittuoso dell’imputato ha rafforzato sempre di più il sistema complesso del sodalizio criminale…La mafia siciliana, dunque, non è fatta solo di grandi boss ma di un’ampia serie di sodali di cui i primi si servono per garantire la tenuta di un sistema che annienta la libertà personale di ogni cittadinosiciliano, che, a volte inconsapevolmente, diventa strumento, oltre che vittima, del potere dei clan”.Il risarcimento chiesto se ottenuto avrà una precisa utilizzazione: “L’Associazione Libera loutilizzerà per realizzare dei progetti specificamente dedicati al territorio, in particolare un progetto sarà destinato alle scuole della città per l’affermazione della cultura della legalità, e un progetto sarà rivolto alle Università e verterà sulla tematica dell’Etica delle imprese e delle professioni ed Etica della Politica”. Poi hanno cominciato a discutere i difensori dell’imputato. Il primo a parlare l’avv. Gino Bosco. “Assoluzione perchè il fatto non sussiste”: questa è la richiesta. “L’unica documentazione dotata da riscontri è quella della documentazione di fatti concreti  e riscontri positivi che comprova l’esclusione di qualsivoglia addebito di reato nei confronti del nostro assistito, il Sen. Antonio D’Alì, a conferma che giammai ha tenuto alcuna condotta di qualsivoglia agevolazione di Cosa nostra”. Si continua il 5 luglio.

Tratto da: liberainformazione.org

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