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Il Papa ai giovani: “Raccogliete la sua eredità per diventare artigiani di pace

Sono stati migliaia gli studenti che ieri hanno attraversato le strade di Casal di Principe per ricordare la figura di Don Peppe Diana, il parroco ucciso dalla Camorra 30 anni fa nella cittadina in provincia di Caserta. Il corteo è passato sotto la casa di Don Peppe dove la famiglia ha esposto uno striscione.
A deporre una corona sulla tomba di Don Diana anche Don Luigi Ciotti il quale ha detto: "Mi auguro che si arrivi alla beatificazione di Don Diana, perché il martirio è sotto gli occhi di tutti, la sua capacità di dire parole coraggiose e di denuncia ma anche di fare proposte e azioni partendo dalla parola di Dio; nella nostra mente e nei nostri cuori don Peppino è già santo".
Assieme al presidente di Libera anche il sindaco Renato Natale, i fratelli di don Peppe, Marisa ed Emilio e altri parenti di vittime innocenti della camorra, come Rossana Pagano, che ancora attende il riconoscimento da parte dello Stato per la morte del padre, ucciso per errore.
Don Luigi ha ricordato i tempi in cui alla cerimonia di commemorazione di don Peppe "eravamo 4 gatti e sentivo interventi in cui non si riusciva a pronunciare la parola Camorra, e che diventavano cerimonie molto sterili e noi non abbiamo bisogno di cerimonie". Negli ultimi anni, invece, "ci sono stati momenti molto più attenti e molto più forti che ci ricordano che dobbiamo avere anche noi il coraggio di usare delle parole - ha aggiunto -. Non dobbiamo dimenticarci però che nonostante le cose belle, importanti, positive, che si sono fatte in questi anni, la presenza seppur in forme diverse delle mafie è molto forte nel nostro Paese. Sparano di meno, sono meno appariscenti, ma hanno trovato nuove forme, sono globalizzati, usano le tecnologie e agiscono ad alti livelli". Il vero problema, ha sottolineato Don Ciotti, "è che siccome ci sono stati notevoli cambiamenti, sta crescendo la percezione che vede la gran parte delle persone pensare che si passa dal crimine organizzato mafioso al crimine normalizzato, invece le mafie non sono una delle tante cose. La mafia - ha detto - c'è ed è presente. Ci vuole una risposta collettiva alla peste mafiosa e alla peste corruttiva, abbiamo tagliato in questi anni la malaerba in superficie, ci si è occupati di sintomi, un grande lavoro di magistratura e forze di polizia, ma bisogna estirpare il male alla radice e per farlo c'è bisogno di politiche sociali, che vuol dire opportunità che si danno alle persone. Se la politica non fa questo non è politica ma è un'altra cosa".
Ad unirsi al ricordo di Don Peppe Diana anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha evidenziato come la sua testimonianza sia un “potente simbolo di liberazione", ed il Santo Padre. In una lettera, infatti, Papa Francesco ha ricordato il parroco come "un servo buono e fedele che ha operato profeticamente calandosi nel deserto esistenziale di un popolo a lui tanto caro, servito e difeso fino al sacrificio della propria esistenza". Nella lettera il pontefice si è detto riconoscente verso "coloro che continuano l’opera pastorale che Don Diana ha avviato come assistente spirituale di associazioni e di gruppi di fedeli, in particolare di giovani e di realtà legate agli Scout". Particolare attenzione l'ha rivolta proprio ai giovani ai quali ha detto: “Non lasciatevi rubare la speranza, coltivate ideali alti e costruite un futuro diverso con mani non sporche di sangue ma di lavoro onesto, senza cedere a compromessi facili ma illusori, raccogliendo l’eredità spirituale di Don Peppe per divenire, a vostra volta, artigiani di pace”.

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