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L'accordo tra i capi di due clan, i Fezza-De Vivo, di Pagani e gli Giugliano, di Poggiomarino, ha creato un sistema attraverso il quale il gruppo di Pagani controllava almeno dieci diverse piazze di spaccio a Pagani e a Nocera Inferiore (Salerno). Poi, ritenendo troppo pericoloso occuparsi direttamente della fornitura di queste, il cartello, su consiglio del boss Rosario Giugliano 'o minorenne', ha consentito ai gestori di acquistare liberamente le partite di droga, a condizione, però, che mensilmente venisse versata la 'quota' a favore del loro clan.
Questo "accordo" è stato scoperto dagli inquirenti dalle indagini per il tentato omicidio del titolare di fatto di una cooperativa di logistica.
I Fezza-De Vivo, aiutati da Rosario Giugliano, hanno tentato di ottenere dal titolare della cooperativa 200mila euro. Non avendoli, il 25 maggio 2020, A.M. e N.L., arrestati subito dopo il fatto, hanno materialmente eseguito un agguato contro di lui, ferendolo. Per questi fatti, Giugliano, con il provvedimento di oggi, è stato indagato sia poiché ritenuto il mandante del tentato omicidio sia per gli ulteriori reati di detenzione e porto delle armi utilizzate in quell'occasione. Le indagini di carabinieri e polizia hanno fatto luce, inoltre, su un altro tentato omicidio, avvenuto ad aprile dello scorso anno, "verosimilmente a opera della compagine camorristica facente capo a Rosario Giugliano", spiega il capo dei pm di Salerno, Giuseppe Borrelli. All'epoca, è stato eseguito il fermo di Giugliano e di Nicola Francese, poi condannati in abbreviato. La vittima, ex collaboratore di giustizia, era stata colpita perché ritenuta responsabile dal 'minorenne' di aver cercato di imporsi, con il proprio gruppo criminale, nella gestione della vendita di droga e nel mercato delle estorsioni a Sarno, Scafati e a San Marzano sul Sarno, tentando di spingersi fino a Salerno, cercando così di scalzare il gruppo di Giugliano. Il gruppo che fa capo al 'minorenne' è ritenuto responsabile anche di episodi estorsivi e di altre attività illecite che sarebbero state gestite dal capo anche dopo l'arresto e nonostante le limitazioni imposte dalle restrizioni carcerarie. Gli inquirenti ritengono che alcuni imprenditori sarebbero stati costretti a versare ratei estorsivi tra i 3mila e i 5mila euro ogni mese e in corrispondenza delle scorse festività pasquali.

Foto: it.depositphotos.com

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