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Coinvolti anche i vertici dell'organizzazione

"Sangue blu": è stata battezzata così l'operazione antimafia contro il clan catanese Santapaola-Ercolano "perché è stato dimostrato ancora una volta - ha detto il comandante provinciale dei carabinieri di Catania Rino Coppola - che l'avvicendamento ai vertici del sodalizio Santapaola-Ercolano avviene per linea di sangue rispetto ai capi mafia storici, in particolare a Nitto Santapaola".
Gli indagati sono trentanove (28 finiti in carcere, 9 ai domiciliari e uno con obbligo di firma) e il provvedimento del gip Anna Maria Cristaldi ipotizza, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa e concorso esterno, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi e munizioni e concorso in trasferimento fraudolento di valori, aggravati dal metodo mafioso.
I proventi delle attività illecite venivano utilizzati sia per il mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti, sia reinvestiti in altre attività imprenditoriali infiltrando il tessuto economico catanese. Sequestrati beni per un valore complessivo di oltre 4 milioni di euro.
L'operazione, eseguita nelle provincie di Catania, Prato, L'Aquila, Enna, Perugia, Vibo Valentia, Palermo, Benevento, Siracusa e Avellino, delinea le recenti evoluzioni delle dinamiche della 'famiglia' di Cosa Nostra etnea, individuandone anche gli elementi apicali.
Di particolare importanza le richieste estorsive. Tra cui una, particolarmente esosa: 200 mila euro. Un 'marchio' che, secondo gli investigatori, rende riconoscibile la famiglia mafiosa che la compie, sia alla vittima.
Le estorsioni contestate agli affiliati sono sei, alcune delle quali risalenti agli anni '90 e mai denunciate dalle vittime.
"Le dichiarazioni degli imprenditori taglieggiati - ha detto Rino Coppola - sono arrivate successivamente, quando sono stati chiamati dalla Polizia giudiziaria per essere sentiti. Per cui, dopo un iniziale reticenza, hanno ammesso le cose che erano state già documentate dall'attività di indagine". "L'indagine - ha sottolineato il comandante provinciale dei carabinieri di Catania - scatta una fotografia molto chiara della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano. E' un sodalizio attivo sul territorio in grado di esercitare una rilevantissima pressione estorsiva ed una forza intimidatrice. Lo dimostrano le attività criminali che sono state documentate durante le indagini, un rilevante traffico di sostanze stupefacenti che approvvigionava tutte le piazze di spaccio della città, estorsioni ai danni di imprenditori ed attività commerciali, intestazioni fittizie di beni".


sangue blu catania


Il responsabile provinciale della ‘famiglia’
Sarebbe Francesco Tancredi Maria Napoli, 48 anni, il presunto responsabile provinciale della 'famiglia' Santapaola-Ercolano. Carica che, secondo l'accusa, ricoprirebbe dal 2019, dopo essere tornato in libertà finito di scontare 13 anni di carcere. Ad indicarlo nel ruolo apicale di Cosa nostra etnea diversi collaboratori di giustizia, mentre altri lo avevano definito 'uomo d'onore riservato'. Napoli è il nipote di Salvatore Ferrerra, detto "Cavadduzzu" ("Puledro") che aveva sposato una delle sorelle D'Emanuele, zia dello storico capomafia Benedetto Santapaola. Napoli, hanno ricostruito le indagini dei carabinieri, nella gestione delle attività illecite del clan per evitare di essere intercettato utilizzava una rete telefonica riservata, con utenze intestate ad ignari cittadini extracomunitari, cambiate di frequente. Gli 'affari' della cosca erano trattati sempre di presenza, con incontri fissati senza alcun riferimento specifico al luogo, ma indicati attraverso "nomi in codice", durante i quali era vietato avere cellulari. Nella 'famiglia, sostiene, la Dda, avrebbero avuto un ruolo di rilievo anche Cristian Buffardeci e Domenico Colombo, entrambi di 46 anni. Il primo sarebbe stato il "braccio destro" di Napoli, evitandogli un'esposizione diretta nella gestione degli affari illeciti, in particolare nei contatti con pregiudicati e, a volte, prendendo parte a delicati incontri esponenti di vertice di altre organizzazioni criminali. Colombo è accusato invece dalla Procura di avere avuto stretti legami con personaggi di vertice dell'associazione, come Vincenzo Sapia, 56 anni, e Francesco Santapaola, 41, e avrebbe avuto anche un ruolo nella gestione delle estorsioni e del recupero crediti, raccogliendo, in particolare, le somme destinate alla famiglia di Francesco Santapaola. L'attività investigativa avrebbe inoltre documentato i "reati fine" strumentali al sostentamento dell'associazione mafiosa, come estorsioni ai danni di imprenditori catanesi, un fiorente traffico di cocaina e marijuana, gestito direttamente da Gabriele Santapaola e dai fratelli Giuseppe e Antonino (figli di Salvatore detto "Turi Colluccio"), il recupero crediti attraverso prestiti ad usura e l'acquisizione, diretta o indiretta, della gestione e del controllo di attività economiche.

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