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bosio-sebastiano-web1La deposizione del pentito al processo d’Appello sulla morte del medico
di Aaron Pettinari - 13 maggio 2015
“Boss come i Madonia, che comandavano su tutta Resuttana, difficilmente potevano essere all’oscuro di un omicidio tanto eccellente”. E’ questa la convinzione del pentito Giovanni Brusca, sentito due giorni addietro al processo d’appello per l’omicidio del primario di chirurgia vascolare all’ospedale Civico, ucciso il 6 novembre 1981. Imputato al processo è il Nino Madonia, il figlio del capomandamento Ciccio. Brusca ha spiegato che in quegli anni, nonostante il ruolo del padre, fosse proprio Nino a gestire gran parte delle questioni che riguardavano il territorio.

Il processo a Madonia è iniziato nel 2011 in seguito alla richiesta di rinvio a giudizio del pm della Dda Lia Sava, dopo la perizia dei carabinieri del Ris sui proiettili usati dai killer. L'arma adoperata per uccidere Sebastiano Bosio, una calibro 38, sarebbe infatti la stessa che sette mesi dopo, il 5 giugno 1982, fu utilizzata dal sicario per uccidere due meccanici della borgata palermitana Passo di Rigano, Francesco Chiazzese e Giuseppe Dominici. Mentre per quel duplice omicidio per Madonia era stata emessa la condanna in primo grado il figlio di don Ciccio è stato assolto. Al processo la famiglia Bosio si è costituita parte civile anche in appello ed è assistita dagli avvocati Roberta Pezzano e Fausto Amato. Parte civile anche l’Ordine dei medici. Dopo la testimonianza di Brusca, che ha fornito una ricostruzione della divisione delle famiglie di Cosa nostra all’epoca dei fatti contestati, indicando proprio i Madonia come i “padroni di Resuttana”, alla prossima udienza sarà la volta di Vito Galatolo. Il neo collaboratore di giustizia ha rilasciato dichiarazioni sulla vicenda ai pubblici ministeri della Procura di Caltanissetta e sarà sentito dalla corte d’Assise d’appello presieduta da Biagio Insacco, il prossimo 19 giugno.

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