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di Miriam Cuccu - 25 settembre 2014

Ditte e rapporti bancari intestati alla sorella e al cognato del boss latitante
Beni aziendali, capitali riconducibili a varie ditte attive a Castelvetrano, rapporti bancari e un’auto per un totale di centinaia di migliaia di euro. Tutti confiscati alla sorella del boss Matteo Messina Denaro, Anna Patrizia, e al marito Vincenzo Panicola, entrambi detenuti per associazione mafiosa. Con l’operazione di oggi prosegue la strategia di indebolimento della potenza economica di Cosa nostra trapanese e l’isolamento del capomafia di Castelvetrano, latitante da oltre vent’anni.

La confisca segue il decreto di sequestro emesso nel gennaio 2013 a carico di Panicola. L’imprenditore, prima della sua detenzione, ha operato nei settori della manutenzione di impianti di produzione, installazione, distribuzione e utilizzo dell’energia elettrica, delle costruzioni edili e stradali, dei lavori di pulizia in genere. Con la società Vieffegi Service SrL (oggetto della confisca di oggi insieme alla Vieffegi Impianti Srl, alla So. Ro. Pa. Costruzioni Srl e alla Messina Denaro Anna Patrizia, specializzata in colture olivicole) prestava la sua attività di pulizia nel Centro Commerciale “Belicittà”, appartenente al “Gruppo 6GDO SrL” di Giuseppe Grigoli, imprenditore condannato in primo e secondo grado per concorso in associazione mafiosa, accusato di essere prestanome di Messina Denaro. Proprio questo pomeriggio ci sarà la cerimonia di riapertura, a seguito della confisca, dell'ipermercato alimentare situato all’interno del Centro Commerciale, e il ricollocamento dei primi quaranta dipendenti. Nei confronti di Grigoli, coinvolto nell’operazione “Mida”, è stato confiscato un patrimonio del valore di 700 milioni di euro.


Panicola, figlio del boss mafioso Vito – condannato per omicidio e tentato omicidio, oggi deceduto – si trova in carcere in quanto è ritenuto responsabile, insieme ad altri tra cui Filippo Guttadauro, Leonardo Bonafede e Franco Luppino, di associazione per delinquere di tipo mafioso. Nello specifico, di aver curato e gestito la latitanza dei membri del mandamento attraverso il continuo scambio di “pizzini” o “comunicazioni verbali”, svolgendo funzioni logistiche per l’organizzazione e consentendo a Messina Denaro di mantenere il ruolo di vertice all’interno dell’organizzazione criminale. Ma anche di aver esercitato il controllo di attività economiche, appalti, servizi pubblici e del territorio locale attraverso estorsioni, incendi, approvvigionamento di fondi e il reinvestimento di capitali.

Anna Patrizia Messina Denaro, considerata in stretto contatto con il fratello latitante, trasmetteva per suo conto gli ordini agli affiliati al clan. Arrestata dalla Dia nel dicembre 2013 nel corso della maxi operazione “Eden”, la sorella del boss è accusata di estorsione aggravata dal favoreggiamento di Cosa nostra oltre ad aver fatto da tramite, per conto di Panicola, con i mafiosi in carcere.

In foto: un'immagine d'archivio del boss latitante Matteo Messina Denaro

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