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grigoli-messina-denaro-webdi Miriam Cuccu - 24 settembre 2013
Dopo l’ultimo sequestro di beni al “re dell’eolico” Vito Nicastri, è la volta di porre i sigilli sulle società di Giuseppe Grigoli, “re dei supermercati”, prestanome e prezioso collaboratore del boss latitante Matteo Messina Denaro. L’operazione, una delle più consistenti, è stata portata avanti dal centro operativo di Palermo della Direzione investigativa antimafia, guidato da Giuseppe D'Agata. Il provvedimento di confisca, riguardante 12 società, 220 fabbricati (palazzine e ville) e 133 appezzamenti di terreno per il valore complessivo di 700 milioni di euro, è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani.
Dal 1974, quando Grigoli era il titolare di una piccola bottega di alimentari, l’imprenditore è riuscito a fare parecchia strada arrivando a controllare, fino al momento del suo arresto, nel 2007, l’intera catena di supermercati con marchio “Despar”: una serie di società nelle quali prima dell’intervento della Dia i soldi sporchi di Messina Denaro venivano ripuliti grazie alla vendita dei prodotti alimentari in tutta la Sicilia occidentale. Poi il nome di Grigoli è finito nelle indagini, che hanno portato all’arresto e al successivo sequestro dei beni. Di seguito la condanna in appello, ed oggi, la confisca di un impero patrimoniale che passa allo Stato.

Le inchieste giudiziarie hanno portato all’arresto di Grigoli, il 20 dicembre 2007, grazie anche alle testimonianze del collaboratore di giustizia Maurizio Di Gati ed al ritrovamento di alcuni pizzini nel covo di Provenzano al momento dell’arresto. Una fitta corrispondenza tra il boss di Corleone e quello di Castelvetrano nella quale Messina Denaro si esponeva in merito a un contenzioso creatosi tra Grigoli e il capomafia agrigentino Giuseppe Falsone, che voleva  imporre il pizzo all’imprenditore per l’apertura di alcuni supermercati a Ribera. Per questo Messina Denaro aveva chiesto a Provenzano di intervenire in difesa del “paesano suo”, come veniva chiamato nei pizzini ritrovati nel covo di Montagna dei Cavalli.

A seguito delle indagini il tribunale di Marsala aveva condannato Messina Denaro e Grigoli rispettivamente a 27 e 12 anni per associazione mafiosa, in un processo nel quale è stata fatta luce sulla stretta connessione tra mafia, politica ed imprenditoria, preziosa linfa vitale per la latitanza dorata della primula rossa di Castelvetrano. E se gli arresti contribuiscono a sottrarre manovalanza a Cosa nostra, sono soprattutto i sequestri di beni a toglierle la terra sotto i piedi. Prima della confisca, il solo centro commerciale di “Belicittà”, sorto a Castelvetrano, fatturava 250mila euro al mese. Un fiume di denaro che si mimetizzava perfettamente nei circuiti dell’economia legale.

L’elenco dei beni confiscati
La lista delle società su cui sono stati posti i sigilli comprende il capitale sociale e il complesso dei beni aziendali della “Grigoli distribuzione s.r.l” (353 unità immobiliari tra fabbricati, magazzini depositi e terreni); il capitale sociale della “Gruppo 6 G.d.o. Srl”, che gestisce direttamente 43 punti vendita con marchio Despar / Eurospar / Superstore / Interspar, e altri 40 punti vendita affiliati Despar in provincia di Agrogento e Trapani; le quote di partecipazioni nelle società: “Società di gestione centro commerciale Belicittà a r.l”; “Ga.Gi.Vi. s.r.l.” (Canicattì), “Alimentari Provenzano s.r.l.” (Giardinello); le quote societarie nella "Despar Italia Consorzio a r.l"; "Frantoio di campagna srl"; "Grp srl; "Olio & oliva spa"; "Seal srl"; "Special fruit srl"; "Unica consorzio a r.l.".

*Le suddette inchieste giudiziarie relative a Giuseppe Grigoli non coinvolgono l'attuale gestione nazionale del marchio Despar

In foto: collage tra Giuseppe Grigoli e l'identikit di Matteo Messina Denaro

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