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mancino-napolitano1di AMDuemila - 19 aprile 2013
Dalla sesta sezione penale della Cassazione arriva la conferma per la distruzione delle conversazioni tra il Presidente della Repubblica Napolitano (ancora per poche settimane, in attesa della nuova nomina) e l'ex ministro Nicola Mancino. Viene così dichiarato inammissibile il ricorso di Massimo Ciancimino, che chiedeva di poter ascoltare le intercettazioni per esercitare il suo diritto di difesa al processo sulla trattativa Stato-mafia. I legali del figlio di don Vito avevano presentato ricorso al gip contro l'ordinanza di distruggere le conversazioni, prevista per l'11 febbraio, ma la richiesta era stata rigettata. La distruzione era stata successivamente rinviata in attesa della decisione della Suprema Corte, che ieri ha infine stabilito provvisoriamente la data del 22 aprile per la cancellazione definitiva dei colloqui di Mancino (ugualmente coinvolto nel processo sulla trattativa con l'accusa di falsa testimonianza) con il Quirinale. In realtà, però, potrebbero volerci anche mesi, come ha spiegato il presidente dei giudici delle indagini preliminari a Palermo Cesare Vincenti: “Attenderemo il deposito delle motivazioni del provvedimento per stabilire la data” con tempi quindi non brevissimi.
Le intercettazioni finora segretate non sono però oggetto di interesse, in ambito processuale, esclusivamente di Ciancimino. Recentemente anche Salvatore Borsellino ha chiesto di ascoltare i nastri delle conversazioni, in quanto potrebbero avere valore probatorio nel processo dove il fratello del giudice è sotto accusa per aver diffamato lo stesso Mancino. Secondo Borsellino e il suo legale Fabio Repici, infatti, Mancino avrebbe accennato al Presidente della Repubblica della sua querela. L'avvocato ha sostenuto questa tesi appellandosi al fatto che l'ex ministro, durante una telefonata con il consigliere giuridico del Quirinale Loris d'Ambrosio, abbia fatto riferimento proprio alla querela contro Borsellino.

Salvatore Borsellino ha anche dichiarato, in merito alle conversazioni mai diffuse, che “Forse queste intercettazioni contengono giudizi sui magistrati di Palermo, o sui parenti delle vittime che si agitano in cerca della verità. Se non renderà pubbliche quelle intercettazioni rimarrà il sospetto in noi che, anche se penalmente irrilevanti, quelle conversazioni possano portare delle ombre su quello che dovrebbe essere il Presidente di tutti gli italiani...”. Borsellino ha inoltre chiesto e ottenuto che Napolitano venga sentito come testimone al nuovo processo aperto sulla strage di via D'Amelio, dove egli è parte civile. Al Capo dello Stato verrà chiesto conto delle sue eventuali conoscenze sulla trattativa Stato-mafia, ma la corte ha già escluso che la testimonianza abbia a che fare con le intercettazioni che verranno distrutte quanto prima.
mancino-napolitano2La possibilità che, come auspica Salvatore Borsellino, queste conversazioni vengano rese pubbliche, sembra quindi sfumare di fronte alla decisione presa ieri dalla Cassazione. Che conferma la linea adottata dalla Procura Generale della Cassazione, la quale ha aperto un procedimento disciplinare contro Nino di Matteo (in riferimento al quale la redazione di Antimafia Duemila, esprimendo pieno sostegno al magistrato, ha lanciato una petizione) titolare del processo sulla trattativa Stato-mafia e recentemente minacciato da alcune lettere anonime. Di Matteo, che sarebbe “colpevole” di aver rivelato in un'intervista a Repubblica l'esistenza di quei dialoghi, compromettendo “ il diritto alla riservatezza del capo dello Stato”, sta preparando la sua difesa affiancato dal procuratore aggiunto a Messina Sebastiano Ardita, il quale ha detto che “La notizia - vera - della esistenza delle telefonate del Presidente era già presente sulla stampa da giorni. E insieme a questa era stata anche diffusa la notizia - falsa - che i contenuti di quelle conversazioni fossero rilevanti per le indagini. Nino Di Matteo quindi non ha affatto dato notizia delle telefonate. Ha solo ristabilito la verità, precisando che le telefonate del Capo dello Stato non erano minimamente rilevanti. Alla domanda della giornalista su cosa avrebbero fatto delle registrazioni che erano nel processo, il magistrato ha risposto: 'Noi applicheremo la legge. Quelle da distruggere verranno distrutte, quelle da trascrivere verranno trascritte'”. Studiando alcuni casi analoghi, il difensore di Di Matteo ha confermato come fatti di questo genere siano assolutamente irrilevanti, e non giustifichino in alcun modo una presa di posizione così netta da parte del Consiglio superiore della magistratura in quanto non sussiste nessun rischio di aver “leso indebitamente i diritti altrui”.

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