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martorana e giovannidi Liborio Martorana

Ciao Giovà

Non è che mi sono scordato di te! Come potrei mai? Tu lo sai come sono fatto, hai avuto modo di conoscermi bene, in questi anni che ci siamo frequentati, sai che sono capace di passare da uno stato d’animo di gioia ed allegria a quello di camuffata tristezza. Ed è da quando non ci sei più che dopo i momenti iniziali di scoramento, in me è subentrata una stranissima forma di apatia (lagnusia, diresti tu), qualcosa che non mi ha lasciato spazio per il pensiero, quel pensiero che per tanto tempo abbiamo coltivato facendocene una reciproca ragione, se non una costante della vita. I primi mesi sono stati terribili e la stagione estiva che non accennava a finire, non mitigava certo questo stato d’animo che mi aveva attanagliato. Avevo quasi chiuso a tutto ciò che mi circondava, quella attenzione che meritava essere distribuita ma che non sentivo più appartenermi. Giovà i mesi sono passati, il tempo è passato e lui che dal suo essere inesorabilmente tiranno e galantuomo mi ha dato l’opportunità di curare la ferita del tuo non essere accanto a noi.

Sai Giovà, l’altra settimana sono stato invitato ad un pranzo per i poveri in tuo onore, e la cosa mi ha emozionato. Vedere qualcuno dei commensali chiedere chi fosse stato questo Giovanni Palazzotto mi ha riempito di gioia e mi ha inorgoglito per il semplice fatto che mi sei stato amico. Invece Giovà un paio di sere fa ho avuto il piacere di presenziare ad un brindisi di auguri per il nuovo anno, con un nutrito gruppo di aderenti ai Vespri Siciliani. Il calore e la bellezza dei partecipanti ha fatto da cornice a questa bella tavola. Il vino zibibbo, vero nettare degli dei, portato da Leonardo, che tu sempre mi dicevi che dovevamo andare a trovare, ma non abbiamo mai avuto per chissà quale motivo, il tempo per farlo, nettare che assieme alla cassata sono stati sublimi. Ma è il mirto sempre portato da Leonardo che mi ha meravigliato facendomi tornare indietro nel tempo, a quando ero bambino ed il mirto lo si vedeva solo per la festa del giorno dei morti adagiato ad adornare il cesto che si faceva in quella ricorrenza. Cosi come le cassatelle di Castellammare portate dalla nostra amica Loredana sono state paradisiache. E poi da non dimenticare la torta ai pistacchi e la sette veli di una nota pasticceria palermitana che tu conoscevi, portata dall’altra amica Daniela e, che come sempre fa la sua ottima figura. Ma sinceramente quello che mi ha fatto andare in estasi è stato lo sfincione offerto da padre Accursio, affettuosamente chiamato “il ministro di Casa Professa”, bhe quello  poteva avere commenti a tignitè ma secondo me bisognava solo stare in silenzio e gustarlo ad occhi chiusi. Mentre tornavo verso casa il mio pensiero è andato ovviamente a te ed al fatto che devo ringraziarti per avermi dato l’opportunità di conoscere queste belle persone. Grazie Giovà.

Cumpà oggi è l’ultimo dell’anno, di questo maledetto anno, e non posso fare a meno di ricordare le feste a casa tua ad Altavilla, dove il tavolo da pranzo era sempre più lungo. Ricordo che una volta ti dissi che in un futuro cenone di San Silvestro questo tavolo sarebbe uscito dalla finestra, e sorridendo mi rispondesti che questo era uno dei tuoi obiettivi, cioè mettere assieme più gente possibile senza alcuna distinzione e gioire dei momenti che la vita ci dona. In ogni tua parola c’era sempre un punto di insegnamento, ci hai insegnato molto. Giovà sai una nostra amica che ho conosciuto sempre tramite te, in questi giorni mi ha chiamato spesso per rinverdire la festa dello scorso anno, i ricordi e la tristezza che l’aveva attanagliata da quando non ci sei più. Era triste.

Giovà che dire ancora se non che il vuoto è incolmabile, e per tutti quelli che ti hanno conosciuto resterai sempre un esempio di umana realtà.

Ci manchi.

Tratto da: bloggheggiamo.wordpress.com

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