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di Monica Centofante - 9 settembre 2008
L'operazione Hiram svela: mafiosi, massoni e faccendieri insieme per aggiustare i processi in Cassazione. E Dell'Utri consiglia: riunioni segrete in sacrestia.




Il sistema era ben rodato e il piano si articolava in poche, semplici mosse: segnalare una causa, individuare al computer il numero del fascicolo corrispondente alla Suprema Corte, riporlo in un cassetto e attendere la prescrizione.
Con gli uomini giusti al posto giusto – e qualche migliaio di euro per oliare gli ingranaggi - si poteva giungere, talvolta, a condizionare addirittura il merito del giudizio. Magari annullando provvedimenti del Tribunale del Riesame.

Ed ecco spiegato il motivo per cui un condannato per partecipazione all'associazione mafiosa, come l'agrigentino Calogero Russello, poteva evitare il carcere e starsene comodamente a casa sua a godersi l'immeritato beneficio degli arresti domiciliari. Un lusso che si sarebbe preso fino a tempo indeterminato se non fosse sorto il dubbio nei procuratori di Palermo che una volta chieste spiegazioni al TdL avrebbero sollecitato l'avvio di accertamenti e quindi il trasferimento del condannato alla Casa circondariale di Agrigento.

Quella di Russello, imprenditore di 68 anni, è una delle vicende più eclatanti dell'operazione Hiram.

Un procedimento che lo scorso 17 giugno aveva portato all'arresto di otto persone tra professionisti, medici, imprenditori, boss mafiosi e alcuni membri di logge massoniche. Tutti accusati, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari, peculato, accesso abusivo in sistemi informatici giudiziari e rivelazione di segreti d'ufficio. Tutti parte di un raffinato ingranaggio che ruotava attorno alla figura del faccendiere umbro Rodolfo Grancini, “una personalità poliedrica”, secondo la magistratura, in contatto con senatori e deputati e presidente a Orvieto del Circolo del Buon Governo di Marcello Dell'Utri.

A Rodolfo Grancini gli inquirenti erano giunti seguendo il filo del telefono dell'imprenditore mafioso di Mazara del Vallo Michele Accomando. A sua volta individuato perché in contatto con Salvatore Tamburello, anziano uomo d'onore coinvolto in un'indagine sugli affari delle famiglie mafiose della stessa Mazara e di Castelvetrano oltre che sulle attività di copertura della latitanza dei boss Andrea Manciaracina e Natale Bonafede, arrestati a Marsala nel 2003.

Ed è sullo stesso filo che era poi spuntato il nome del Russello, già arrestato il 29 marzo del 2004 nell'ambito della nota operazione “Alta Mafia” perché accusato (anche dai pentiti Angelo Siino e Pasquale Salemi) di avere assunto un ruolo di cerniera tra sfera politica, mondo imprenditoriale locale e ambienti mafiosi, ma inspiegabilmente ai domiciliari dal settembre dello stesso anno.

Il 25 gennaio del 2006 Grancini parlava di lui con Nicolò Sorrentino di Marsala.

Oggetto della conversazione telefonica: impedire che divenisse definitivo il provvedimento del Tribunale del Riesame che dopo il ricorso dei pm, il 7 ottobre 2005, aveva ripristinato la sua custodia cautelare in carcere. Per fare il “lavoretto”, <<me ne faccio dare quindici>>, è la voce di Sorrentino, che allude ovviamente alla somma, in migliaia di Euro, che il Russello era disposto a pagare per l'annullamento del provvedimento di cattura. E poi l'accenno a una collaudata “rete di contatti romani” composta da dipendenti della Suprema Corte in grado di acquisire informazioni riservate presso le cancellerie e di insabbiare i procedimenti in corso: una “squadra di pubblici ufficiali infedeli” capitanata in Cassazione da Guido Peparaio, funzionario al soldo di diversi professionisti e faccendieri operanti in tutta Italia. Tra cui il Grancini, sempre pronto a fornire nuovi “clienti”.

Il piano di salvataggio di Calogero Russello era scattato subito e sarebbe andato a buon fine se non fossero intervenuti i solleciti della procura di Palermo, che nel frattempo stava intercettando gli indagati. Una verifica senza la quale, aveva sottolineato il responsabile della Cancelleria del Tribunale di Palermo Petitto, l'ordinanza di ripristino della custodia cautelare in carcere firmata il 3 febbraio 2006 “avrebbe continuato a giacere per un tempo non definibile”.

Certo è che il finale della storia a Russello non era andato giù e per questo, una volta scarcerato, aveva preteso la restituzione del denaro consegnato al Grancini: era l'8 gennaio 2007 quando la Corte d'Appello di Palermo, a sorpresa, assolveva l'indagato dal reato di associazione mafiosa condannandolo alla sola pena di 2 anni di carcere per corruzione e rimettendolo quindi in libertà. Una decisione che la Suprema Corte avrebbe annullato il successivo 3 dicembre, rinviando il processo ad altra sezione della Corte d'Appello che ora sarà chiamata a valutare anche sulla base delle nuove dichiarazioni, contro di lui, dei pentiti Maurizio Di Gati, negli anni 2000/2002 reggente per conto di Cosa Nostra della intera provincia di Agrigento, e Vaccaro Giuseppe Salvatore, affiliato alla famiglia mafiosa di Santa Elisabetta.

Nel frattempo, nonostante il provvedimento di cattura scattato lo scorso giugno con l'operazione Hiram, Calogero Russello è ancora a casa. Una decisione del gip di Palermo Roberto Conti, che ha concesso i domiciliari per “gravi motivi di salute”.

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