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di Sonia Cordella - 23 ottobre 2014
Teramo, presentazione del libro “Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino
“Il valore del sacrificio della vita di Giovanni e di Paolo non si dovrà mai disperdere, ci lasciano un testamento spirituale, una pesante eredità, un patrimonio morale di equilibrio, di coraggio, di serenità, di rigore, di umanità e di professionalità, che oggi impegna tutti a continuare ognuno con le proprie forze professionali, intellettuali e morali per tentare di rendere migliore il nostro Paese”. Sono queste le parole di Agnese Borsellino che aprono il 19° Premio Nazionale “Paolo Borsellino”. Parole che risuonano ancora vive nell'aura di questa nostra povera Italia. Parole che come macigni pesano sulla coscienza di ogni cittadino chiamato alla propria responsabilità.

“La cultura rende liberi” è la frase evidenziata in cima alla parete della libreria “Tempo Libero” di Teramo dove ieri 22 ottobre si è tenuto l'incontro con il direttore di Antimafia Duemila Giorgio Bongiovanni e il vice direttore Lorenzo Baldo per la presentazione del loro libro “Gli ultimi giorni di Paolo BorsellinoAliberti editore. Una delle tappe della manifestazione di quest'anno che prevede dieci giorni di incontri, il mattino nelle scuole, il pomeriggio nelle librerie e la sera con la rappresentazione di vari spettacoli in alcune città italiane. Manifestazione che vedrà la sua conclusione sabato 25 ottobre con la Cerimonia di premiazione presso la Sala consiliare del Municipio di Pescara. Leo Nodari, presidente dell'associazione “Società civile d'Abruzzo” apre l'incontro ricordando le parole di Antonino Caponnetto quando il 3 dicembre 1992 dinanzi alla platea del cinema comunale di Teramo e alla presenza di Rita Borsellino, “lanciò l'idea di ricordare ogni anno Paolo Borsellino”. Ci troviamo quindi alla 19° edizione di questa manifestazione, al termine della quale verranno consegnati dieci riconoscimenti nei cinque settori: cultura, impegno sociale, impegno civile, giornalismo e legalità. “Quest'anno uno dei premiati è Giorgio” dice Leo Nodari presentando gli ospiti “con la sua rivista antimafia e ovviamente tutti gli amici come Lorenzo e come tutte le persone che stanno con lui”. “Quando Giorgio - prosegue - iniziò a fare la rivista nell'anno 2000 io c'ero e ho seguito questa rivista passo passo che è diventata assolutamente la principale, la più importante rivista su questi temi in Italia, dico in Italia perchè non so all'estero, ma essendo principalmente una fenomenologia tipicamente italiana credo di poter dire nel mondo”. Il presidente si sofferma a sottolineare che per scelta morale il giornale non riceve contributi pubblici e il suo obiettivo è quello di non dimenticare, di non fare un passo indietro ma di andare avanti nella testimonianza di questi temi di cui si parla poco. “E' un grandissimo onore aver scritto questo libro, insieme a Giorgio, immergendoci nella storia umana e professionale di un martire della giustizia” afferma Lorenzo Baldo, “è stato un viaggio lunghissimo e anche abbastanza doloroso perché abbiamo conosciuto gli aspetti più drammatici della solitudine che quest'uomo ha provato prima di arrivare alla morte. Mi colpisce di questo libro la sua attualità dopo quattro anni dalla sua uscita”. Il vice direttore ripercorre, dinanzi al piccolo pubblico della libreria, i traguardi dell’esigua minoranza di una magistratura con la schiena dritta, ostacolata, oltraggiata e minacciata che è riuscita ad aprire un processo inedito - quello sulla trattativa stato-mafia - che vede come imputati uomini di mafia accanto a uomini dello stato.


Un processo che secondo Baldo può essere considerato il secondo maxi processo o un similar processo di Norimberga, un processo storico ignorato dalla grande stampa nazionale. Un libro pioniere quindi “Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino” che ha dato delle linee guida a quello che poi sarebbe successo dal 2010 al 2014. “Anni duri” racconta il vice direttore “per la procura di Palermo dove ci sono stati attacchi durissimi contro i magistrati del pool che stanno cercando di investigare sulla trattativa tra stato e mafia”.  “L’obiettivo di questo libro e del lavoro di Antimafia Duemila è quello - sostiene Baldo - di dimostrare che apparteniamo ad un paese sotto ricatto e sotto una falsa democrazia. Abbiamo quindi il dovere di parlare alle nuove generazioni, di trasmettere loro l'importanza di informarsi, di sapere cosa sta accadendo oggi nel nostro paese e il dovere di sostenere attivamente questi magistrati perchè viviamo in un momento molto caldo e di alta tensione”. Giorgio Bongiovanni prende quindi la parola ringraziando Leo Nodari e tutta l'organizzazione dell'evento “Noi ci siamo sempre considerati giornalisti di strada” afferma “e accogliamo questo riconoscimento con umiltà. Abbiamo scritto questo libro quasi di fretta perchè avevamo i tempi stretti chiesti dalla casa editrice e correvamo ripercorrendo quei tragici giorni cercando di capire, nel nostro piccolo, cosa potesse pensare Paolo in quella corsa che lo ha portato verso la morte e facendo una ricerca approfondita dei fatti più importanti accaduti in quei giorni”. Il direttore racconta i punti più salienti riportati nel libro, alcuni dei quali hanno trovato conferma dalle risultanze di alcuni processi come ad esempio la condanna dell'ex senatore Marcello Dell'Utri, o il ritrovamento della immagine fotografica che mostra l'allora capitano della polizia di stato Arcangioli che si allontana da via D’Amelio con in mano la valigetta di Paolo (che con ogni probabilità conteneva l'agenda rossa, mai più ritrovata dopo la strage), o ancora le discordanti testimonianze del giudice Ayala, o la stessa trattativa della quale si parla nel libro che al tempo della sua stesura era praticamente innominata e innominabile. “Un omicidio di stato, l'assassinio di Paolo Borsellino - afferma Bongiovanni - per una convergenza di interessi tra le strette maglie del potere e gli uomini di Cosa Nostra”. Purtroppo tante verità ancora oggi sono celate, il direttore riferisce che secondo alcune risultanze processuali ci sarebbero un centinaio di persone appartenenti alla politica e al potere ad essere informate sui fatti ma “la cosa sconcertante è che gli uomini mafiosi si pentono e parlano mentre gli uomini di stato tacciono” o mentono. Giorgio Bongiovanni conclude il suo intervento con grande commozione ricordando un nuovo martire della giustizia scomparso proprio pochi giorni fa: “Un mio amico è stato ucciso in Paraguay, un giornalista antimafia del quotidiano nazionale ABC, collaboratore di Antimafia Duemila, si chiamava Pablo Medina. Il 16 ottobre è stato massacrato insieme alla sua segretaria diciannovenne perchè denunciava la corruzione tra i narcos e la politica del suo paese. Onore e gloria ai combattenti che cadono”.  
Non possiamo più permetterci di vedere migliaia di persone riversarsi nelle strade delle nostre città solamente dopo nuove stragi, conclude Baldo, perchè significherebbe che siamo un popolo indegno e complice e ci macchieremo di quel sangue della morte di nuovi giusti. Per questo abbiamo l'obbligo morale di agire subito.

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