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1di Lorenzo Baldo e Aaron Pettinari
Un comitato di cittadini a Ballarò. La proposta la butta subito all’inizio dell’assemblea Don Enzo Volpe, direttore del centro salesiano. Che intende “dare voce a chi non ha voce ma che ha a cuore il nostro quartiere”. Ma le assenze al Centro Santa Chiara pesano molto. All’incontro voluto dopo la sequenza di raid vandalici a danno del pub “Cu mancia fa muddichi” di via Nunzio Nasi sequestrato al boss Gianni Nicchi e affidato alla cooperativa antiracket “Insieme si può”, mancano i proprio i proprietari del locale. Le cronache annotano che sono presenti cinque consiglieri sui sedici della prima circoscrizione, pochissimi sono però i residenti di Ballarò. Nella sala c’è anche l’assessore del Comune di Palermo alle attività produttive Giovanna Marano che si dice “meravigliata” dell’assenza dei sette imprenditori della cooperativa. Per la Marano in questo tentativo di risanamento non serve solamente l’azione repressiva, ma “anche l’azione pedagogica, associazionismo attivo” così da “velocizzare procedure amministrative” per favorire “un processo di rigenerazione economica”. Le persone l’ascoltano stancamente mentre da fuori arrivano le grida dei bambini che giocano, ma è palpabile la forte disillusione nei confronti delle istituzioni locali. Verso le quali pesa ancora l’aspettativa di una realizzazione – non ancora avvenuta – del “progetto di città” per una valorizzazione urbana del quartiere di Ballarò. 2Tutti i presenti concordano sulla necessità della creazione di un comitato di quartiere. Ma da alcuni esponenti dell’associazionismo locale viene fatto notare che si è di fronte ad un vero e proprio “problema culturale”. C’è chi spiega la “difficoltà di fare sistema” perché “incapaci a lavorare assieme”. Si parla di una “subcultura popolare dell’illegalità” causata da una effettiva “assenza delle istituzioni che non fanno il loro dovere”. “Servono processi di crescita culturale che porti quella economica”, sottolineano gli abitanti del quartiere. Che ci tengono a ribadire che quel “vuoto istituzionale” viene “riempito dalle organizzazioni malavitose”. “Serve una sinergia tra forze attive del quartiere e amministrazione”, affermano ancora. Ma “tra le priorità del Comune non c’è quella di fronteggiare la povertà”, ribadiscono amaramente. Viene invocato quindi “il supporto dell’autorità pubblica”, si chiede appositamente di “rinforzare i vigili urbani”. “Questa è terra di nessuno perché quel nessuno ha capito che è terra sua – specifica un altro palermitano –. Serve un presidio di vigili urbani”. Il coordinatore di Libera parla della “necessità di un controllo del territorio visto che la ‘controparte’ lo controlla molto bene”. Dal canto suo un esponente dell’Arci parla degli abitanti storici di Ballarò “che vivono un’emarginazione sociale”. Per quest’ultimo la polizia a Ballarò riesce solo a “contenere il danno” a fronte dell’aumento degli spacciatori anche a seguito della crisi economica “con vittime e carnefici che si confondono tra loro”. 3In sostanza si chiede di “costruire un modello che non c’è”. Un’insegnante del liceo scientifico “Benedetto Croce” lamenta che nella sua scuola, paradossalmente, non ci sono ragazzi di Ballarò. Vengono in mente le parole di Padre Cosimo Scordato, teologo, docente alla facoltà Teologica di Sicilia e rettore di San Francesco Saverio. Il prete in questi giorni si trova negli Stati Uniti per missioni pastorali. Da 30 anni è l’anima della chiesa all’Albergheria, memoria storica del quartiere, ma soprattutto persona vicina alla vita quotidiana della gente del quartiere. Qualche mese fa alla presentazione del libro di Francesco Viviano “Io, killer mancato” aveva tracciato un quadro illuminante della situazione di Ballarò. “Quando abbiamo iniziato, nel lontano 1986 – aveva raccontato – , il 42% dei ragazzi del quartiere non arrivava alla terza media. Molti non lavoravano e si ‘occupavano’ di altro. Qui vince la regola del più forte, sono l’ignoranza e le precarie condizioni delle famiglie che portano alla violenza. Per i ragazzi del quartiere non esiste l’Università, ma solo i ‘colloqui’; il carcere. È importante – aveva sottolineato – seguire e aiutare i bambini. Nessun destino è già scritto, Franco (Viviano, ndr) è un esempio, ha riciclato la sua provenienza nel suo lavoro”. Una riflessione quanto mai attuale. Martedì prossimo secondo incontro pubblico per la nascita del comitato di quartiere.

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