di Giorgio Bongiovanni
Ci incamminiamo verso la fine del processo trattativa Stato-mafia e già, dopo la requisitoria della pubblica accusa, possiamo ricavare uno spaccato storico sul ruolo giocato da una parte della politica nel periodo delle stragi '92-'93, al di là della sentenza e del giudizio sui singoli imputati.
Infatti appare ormai evidente che diversi politici in carica e alti ufficiali delle forze dell'ordine abbiamo palesemente omesso delle verità su quel periodo, a volte mentendo, altre volte “non ricordando”. Fra questi ci sarebbe l'ex ministro dell'Interno ed ex presidente del Senato Nicola Mancino, accusato di falsa testimonianza perché, secondo i pm, mentì nel confronto con Claudio Martelli al processo sulla mancata cattura di Provenzano, quando disse che l’ex guardasigilli non gli aveva mai parlato di incontri tra Mario Mori e l’ex sindaco mafioso, Vito Ciancimino.
Gli avvocati dell'ex presidente del Senato, Massimo Krogh e Nicoletta Piergentili Piromallo stamani, durante l'arringa difensiva in aula, hanno cercato di portare le prove in difesa del loro cliente evidenziando in diversi modi che “Mancino ha sempre agito contro la mafia, con onestà e senza bugie”.
Non ci si spiega però come sia possibile che né Mancino né Martelli mentano se hanno versioni completamente discordanti. A questo punto è importante ricordare che l'ex guardasigilli quando ha deposto a processo, nonostante abbia detto di non credere in una trattativa, ha dichiarato abusiva e illegale l'azione intrapresa dai carabinieri. Oltre al fatto che ha fatto capire che lui e il ministro Scotti, entrambi all'epoca pronti ad attuare i suggerimenti di Giovanni Falcone nella lotta alla mafia, fossero stati sostituiti per ragioni di opportunità dal Governo dell'epoca. Nel suo caso specificò raccontò di essere stato “defenestrato” da ministro della giustizia ed attaccato con lo scandalo del conto Protezione perché c'era stato un accordo tra la massoneria e la mafia.
Oltre alle prove o non prove portate in aula dalla difesa sarebbe stato interessante e scagionante sentire Nicola Mancino raccontare e rassicurare gli italiani riguardo quelle famose telefonate con Loris D’Ambrosio, consigliere giuridico dell'allora Capo dello Stato Giorgio Napolitano, e lo stesso Napolitano. A nostro parere, che un ex ministro chieda aiuto al presidente della Repubblica per alcune indagini sul proprio conto costituisce un atto immorale. Che cosa avrà mai detto Mancino a Napolitano, il quale ha chiesto e ottenuto dalla Corte Costituzionale la distruzione delle intercettazioni, oltre ad aver sollevato un conflitto di attribuzione senza precedenti contro la Procura di Palermo?
Un'altra vicenda sulla quale si è cercato di far calare l'oblio, oggi come ieri, come all'epoca delle stragi del '92-'93 in cui diversi rappresentanti delle istituzioni, dagli imputati a processo Nicola Mancino, Calogero Mannino (imputato nel processo stralcio della trattativa Stato-mafia, ndr), a Marcello Dell'Utri (già condannato per concorso esterno in ass. mafiosa, ndr), agli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno, ad altri funzionari di Stato oggi deceduti che probabilmente sarebbero stati imputati come l'ex capo della polizia Parisi e l'ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro; compresi coloro che non sono stati imputati ma hanno deciso di “non ricordare” per molto tempo come Claudio Martelli, Luciano Violante, Liliana Ferraro ed altri, hanno tutti palesemente omesso delle verità mentendo o dimenticando o “non essendoci” mentre altri rappresentanti dello stato sacrificavano la loro vita per la verità.
Il processo che si volge a conclusione ha chiaramente rivelato, indipendentemente dalle singole responsabilità che la sentenza della Corte d'Assise di Palermo sentenzierà, che in quegli anni c'è stato un accordo tra la mafia che dialogava a suon di bombe e lo Stato omertoso che ha ceduto a questo ricatto invece di annientare cosa nostra. Nella peggiore delle ipotesi uomini di vertice dello Stato sono scesi a patti con la mafia, nella migliore delle ipotesi hanno dialogato con il nemico mostrandosi debole quando avrebbe potuto annientare la mafia, se avessero voluto.
Invece oggi, a distanza di oltre venticinque anni dalle stragi di Falcone e Borsellino ci troviamo ancora a sopportare che il principale e rappresentativo canale televisivo della nazione, Rai1, dia spazio ad un pregiudicato, prima che politico, di nome Silvio Berlusconi, che cerca ancora di ingannare con promesse e “contratti falsi” gli italiani. Il fondatore di Forza Italia che ancora prova a vincere le elezioni con un partito che è stato fondato assieme al condannato per mafia Marcello Dell'Utri.
In tutto questo “terrificante teatrino” viene da chiedersi cosa aspetta il presidente Mattarella a rilasciare qualche dichiarazione di fronte ad un'offesa clamorosa come quella commessa ieri sera nei confronti di tutti gli italiani.
Nicola Mancino e i politici delle stragi del '92-'93
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