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E.G. è semplicemente Eduardo Galeano.
La scomparsa fisica, avvenuta il 13 aprile del 2015, del giornalista e scrittore uruguaiano ci scosse con profondo dolore. Fu la dipartita di un “senti-pensante*” (come lui stesso amava definirsi da tanto tempo dopo essere stato in contatto con alcuni pescatori colombiani). Un “sentipensante” nel vero senso della parola, insostituibile.
Galeano è stato uno dei punti di riferimento della letteratura giornalistica il cui connotato rivoluzionario ha fatto il giro del mondo.
Una delle voci più influenti, all’interno dei diversi settori della sinistra latinoamericana, e che ha spalancato le coscienze, con occhio attento, con occhio critico, e con occhio sensibile.
Uno degli storici personaggi della rivoluzione latinoamericana contemporanea la cui opera letteraria – nata nelle redazioni dove la macchina da scrivere era il suo strumento creativo più autentico – ha attraversato intere generazioni, sotto differenti forme, differenti circostanze e in mezzo alle più inimmaginabili situazioni e momenti storici di una America latina, che, parafrasando Galeano, continua ancora oggi con le “vene aperte”.
Eduardo Galeano è stato uno dei testimoni più eloquenti della libertà, perché non ha mai ceduto ai condizionamenti, né men che meno agli autoritarismi. Non si è mai sentito di esperimentare la via dell’isolamento, della staticità, né tanto meno dell'intellettualità, perché non provava alcun piacere ad essere definito in quei termini. E nemmeno gli piaceva vivere distante dal cambiamento, dai dinamismi. Per lui, cambiare era indispensabile, per non dire, vitale. Molto vitale.
Eduardo Galeano, sono già otto anni che sei andato via da noi, e, allo stesso tempo, ti sei immerso ancora di più tra noi. Ti sei mimetizzato in ogni essere che non ha voce e hai moltiplicato le tue idee tra coloro che ti hanno compreso, sempre con il tuo stile di rompere gli schemi e le strutture ortodosse.
Sei stato un rivoluzionario ieri, e lo sei ancora oggi; i tuoi scritti custoditi nei libri, e la tua voce, la tua immagine, e la tua memoria, ci abbracciano, rinnovando – ogni giorno - le speranze, le ansie di libertà e la sete di giustizia; sei stato l'orizzonte per coloro che speranze non avevano più, che hanno aperto i loro occhi e le loro menti con ammirazione militante, avendo trovato nei tuoi libri risposte, ma anche, strade e sentieri da percorrere superando anche gli scossoni, con il fine di arrivare a passo fermo ed utopico, a disegnare la coscienza sociale, raccogliendo lodi, amici, fiducia, ammirazione, desideri di vivere, e militanza combattiva, rigorosamente della mano del pensiero e del sentimento. E sempre cogliendo le parole giuste. E i fatti, con quelle parole.
Ecco quindi che vogliamo chiamarti E.G; e vogliamo inoltre essere ricorrenti e ringraziarti per la tua presenza, perché oramai fai parte del DNA di un popolo sudamericano e combattivo, e anche mondiale che non ha abbassato le braccia.
E che continua con le mani sull'aratro. L'aratro che tu Eduardo, hai tenuto con il tuo talento, da età molto precoce, fino all'ultimo secondo della tua vita.
I tuoi frutti non sono stati né scarsi né tenui: sono stati multipli, e non sono stati in vano.
Eduardo, sei presente, più presente ancora, te lo assicuro, ed i popoli latinoamericani ti rimpiangiamo.

*Sentipensante: che non separa ragione ed emozione

 Foto © Agência Brasil

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