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Il Paraguay ha riconosciuto l'esistenza di 19 popolazioni indigene in tutto il territorio nazionale. In base al terzo Censimento Nazionale della Popolazione e delle Abitazioni, effettuato nel 2012, 117.150 persone indigene vivono nel paese. Bisogna però sottolineare che il censimento non comprende, anche se lo menziona, il popolo "Ayoreo" che vive in isolamento volontario.
Nonostante il nostro paese abbia votato a favore della Dichiarazione delle Nazioni Unite ,riguardante i Diritti dei Popoli Indigeni e abbia ratificato il Convegno 169 della OIT, ad oggi si continuano a violare i loro diritti trasgredendo tutte le leggi che li dovrebbero proteggere, dato che le Istituzioni che hanno il compito di vigilare sono manipolate dai proprietari di imprese multinazionali e da imprenditori paraguaiani, che affittano le loro terre per le monocolture di soia, mais, grano, etc. Gli indigeni sono un bersaglio facile in quanto non oppongono resistenza fisica, né tanto meno legale. Inoltre non possiedono il capitale finanziario per intraprendere qualsiasi azione giudiziaria o costituzionale.
E così gli antichi territori ancestrali indigeni sono stati convertiti in enormi coltivazioni di proprietà di potenze agroindustriali, alle quali non è mai importato nulla dei diritti umani dei popoli indigeni.
Lo Stato né promuove, né interpreta o applica la Dichiarazione o ciò che ha ratificato il Convegno. Inoltre vengono omessi gli articoli 62, 63, 64 e 65 della Costituzione Nazionale e dello Statuto dell'INDI (Istituto Paraguaiano dell'Indigeno). Ed è in base a queste violazioni che sono stati effettuati gli sgomberi coatti negli ultimi mesi; giovedì 13 maggio sono state sfrattate 85 famiglie della popolazione Ava Guaraní nella Comunità Cerrito del distretto di Minga Pora, situata a nord del dipartimento Alto Paraná.


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Sono arrivati poliziotti militari e funzionari del Ministero Pubblico (enti che hanno invece l'obbligo di promuovere azioni penali a difesa dei diritti delle comunità indigene) con un ordine giuridico di sfratto per occupazione di immobile. Hanno utilizzato gas lacrimogeni per stroncare la resistenza delle famiglie che non volevano abbandonare le loro case; martedì 1 giugno, nel dipartimento di San Pedro sono state sfrattate 80 famiglie della comunità Yvy Pora, appartenente al popolo Ava Guaraní, situate nel distretto di Santa Rosa dell'Araguay. Stessa cosa giovedì 9 giugno, nella comunità Acaraymi nel distretto di Hernandarias, hanno cacciato 150 famiglie con le armi; giovedì 16 giugno le famiglie della comunità Ka´a Poty 1 (Ava Guarani), situate nel distretto di Ytakyr, hanno visto violate i loro diritti con un ordine di sfratto promosso da un ex giudice di Ciudad del Este (capitale dell'Alto Paranà), che afferma di avere un titolo di proprietà di 7 ettari nel territorio di questa comunità; mercoledì 7 luglio, nel distretto di Ytakyr, altre famiglie ,situate nella comunità Ka´avusu (Ava Guarani), sono state cacciate dal loro habitat per conflitti di terra simili ai casi precedenti. Lo stesso giorno sono state sgomberate anche famiglie della comunità Cristo Rey in Yvyrarovana, dipartimento di Canindeyu; domenica 11 luglio, diversi civili armati hanno attaccato per la terza volta il popolo Pai Tavytera e hanno sgomberato 15 famiglie dalle loro terre ancestrali nel dipartimento di Amambay, situato a nord est del paese, sulla frontiera con il Brasile.
È importante sottolineare che la maggior parte di queste comunità sgomberate si sono accampate in Plaza de Armas, situata di fronte alla Cattedrale di Asunción, ed in altri luoghi della capitale. Vivono in pessime condizioni, soffrono la fame, il freddo e l'inerzia del Governo.
Gli sgomberi non sono una situazione nuova, accadono quasi tutti i giorni nelle diverse comunità indigene dell'intera America Latina. Ed è una cosa che si ripete dal 1492, dall''arrivo dei colonizzatori. Con il passare del tempo vengono emanate nuove leggi che gli concedono nuove terre o che li ubicano in insediamenti sempre più lontani e ristretti. Ma queste leggi sembrano solo adornare i discorsi politici di chi vuole strumentalizzare le problematiche dei popoli indigeni originari per fare bella figura. Ma in realtà non li rispettano. E gli sgomberi dalle loro terre sono sempre più violenti.
Le terre appartengono ancestralmente alle comunità originarie. E sono riconosciute anche nel Convegno 169 dell'OIT. Ma in realtà vengono razziate da imprenditori che vogliono espandere i loro affari a costo della distruzione del suolo. E tutto ciò in complicità con la mano blanda dello Stato. E della Giustizia che non è cieca ma sembra sempre guardare dall'altra parte: dalla parte del capitale straniero o nazionale.

Foto della Comunità Ka’a Poty

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