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Ieri abbiamo ricordato il 21º anniversario dell'assassinio del giornalista paraguaiano Salvador Medina, per mano di un sicario al servizio della narcopolitica e della mafia. Sebbene l'autore materiale sia stato condannato, i veri mandanti non sono stati neppure processati e il crimine è rimasto impunito. Salvador Medina come suo fratello, il giornalista Pablo Medina, è stato pioniere della lotta antimafia in Paraguay.
Ma oggi non voglio parlare di ciò che è stato Salvador Medina nel passato, un combattente sociale, un giusto, un martire, un pioniere nella lotta contro la criminalità organizzata.  
Voglio immaginare il Salvador Medina di oggi, ancora vivo, perché sono sicuro che continua a vivere attraverso la lotta rivoluzionaria di migliaia di giovani in Paraguay e nel mondo.
Più che sognare, penso di vedere un ologramma ed è lì che vedo Salvador,  intervistato da Antimafia Dos Mil, sulla realtà sociale, economica, politica e culturale del Paraguay.
Spesso la finzione è più reale della nostra vita quotidiana, ed i sogni potrebbero descrivere più verità che le menzogne del sistema criminale, del quale facciamo parte. Salvador Medina è più vivo  di coloro che sono morti nell'anima, con i loro corpi in movimento ma che sono in realtà come zombies che camminano in questo mondo.

Il dialogo inizia in questo modo:

Ciao Salvador. Potresti fare una breve analisi della situazione economica e sociale dei fratelli contadini ed indigeni del dipartimento di Canindeyú e San Pedro?
"Ciao compagno. Potrei parlare tanto delle grandi disuguaglianze sociali che ci sono nel nostro paese, parlare della situazione di sfruttamento in cui vivono migliaia di operai nelle città, della mancanza di accesso alla terra di molti contadini, dell'occupazione ed esproprio delle terre indigene da parte delle multinazionali. Tuttavia, desidero concentrarmi sui diritti economici, sociali e culturali garantiti dalla Costituzione nazionale, e che tuttavia sono lettera morta, perché i contadini ed indigeni non solo non godono di questi diritti fondamentali, ma è lo Stato stesso, in connivenza con i potenti, che li perseguita, li tormenta, li imprigiona e persino li uccide per continuare a mantenere un sistema economico,  che limita l’accesso alla terra sorretto da un sistema squlibrato quasi feudale. Il Paraguay ha solo 7 milioni di abitanti, dove il 2,5 percento della popolazione possiede l’85 percento delle terre agricole del paese. In questo paese l’80 percento dei contadini, circa il 35 percento della popolazione, non possiede terre. Due su dieci paraguaiani vivono assumendo meno cibo del necessario .Anche gli indigeni sono espulsi dalle loro terre, dai potenti coltivatori di soja, dagli allevatori, stranieri brasiliani, che versando tangenti alle autorità di turno e ottengono il diritto di appropriarsi ed occupare le terre dei popoli originari. Il Paraguay continua ad essere un paese feudale, dove ci sono più mucche che esseri umani che vivono nelle tenute, o che hanno accesso alle terre”.

Cosa pensi della politica agraria ed economica del governo di Mario Abdo Benítez?
"Senza alcun dubbio questo governo  non differisce da chi ha governato negli   ultimi 60 anni, ad eccezione del governo di Fernando Lugo. Un paese in mano ai latifondisti, grandi allevatori, coltivatori di soia, narcotrafficanti politici ed impresari corrotti e corruttori. Questo governo non ha una politica agraria che miri ad una riforma agraria integrale, dove si metta fine definitivamente ai grandi latifondisti, dove i contadini possano accedere ad un pezzo di terra da coltivare, dove gli indigeni siano rispettati nella loro dignità, abitudini, cultura e soprattutto nelle loro terre. Al contrario, c’è una politica agraria che favorisce solo una piccola minoranza che si arricchisce con gli agroaffari come la produzione di carne, soia, grano, ecc., a danno della gran maggioranza dei contadini ed indigeni. Una politica economica che impoverisce, che non incentiva né promuove la produzione contadina, ma mira a difendere gli interessi economici di una parte scelta della popolazione. Come paese siamo più vicini al feudalesimo che al capitalismo industriale. Più vicini ai commerci illegali, del crimine organizzato e della mafia, che a un capitalismo produttivo, che miri a migliorare la qualità di vita dei paraguaiani”.

Come vedi la situazione politica del paese dopo 30 anni dal colpo di Stato del 89?
Il Paraguay è un paese democratico?
"Non solo non esiste democrazia in Paraguay, ma la situazione è molto peggiore. Vedo che ampi settori dell'amministrazione pubblica si sono fortemente corrotti, fanno accordi con la mafia. Parte dello Stato lavora in connivenza con la mafia. Per questo motivo possiamo considerare il nostro Stato come un regime denominato narcocrazia e, peggio ancora, uno Stato-mafia in gestazione che, se di questo passo, potremmo diventare definitivamente uno Stato-mafia".

Quale è la tua visione dell'EPP e della necessità di continuare a mantenere una forza unita tra militari e poliziotti per combatterla?
"Senza dubbio l'EPP (Esercito del Popolo Paraguaiano) non è un gruppo guerrigliero e tanto meno rivoluzionario. L'EPP è un gruppo armato paramilitare, al servizio della mafia narcotrafficante, ma soprattutto dei potenti dell'economia. Cercano di cacciare via dalle loro terre la popolazione onesta e lavoratrice, attraverso la violenza e la paura, vogliono liberare tutti i territori, dove esistono ancora molte ricchezze, per impadronirsi e controllare totalmente le poche risorse naturali che rimangono e poter realizzare tranquillamente tutte le loro attività illegali come il traffico di droghe, armi, veicoli, contrabbando di sigarette, sequestri, estorsioni, ed omicidi ogni volta che sia necessario, per evitare che la popolazione paraguaiana possa reagire contro i loro oppressori, impresari e politici mafiosi”.

Nel mondo esiste il Movimento Culturale Internazionale Our Voice (la Nostra Voce), ed altre organizzazioni giovanili che denunciano le atrocità commesse dall'essere umano contro la madre terra e diversi mali del mondo attraverso l'arte. Che messaggio daresti a questi giovani in relazione alla lotta che stanno intraprendendo?
"Non sono in grado di dare consigli o direttive, la mia lotta è umile, sono un contadino, che ha sentito in carne propria la sofferenza dei più emarginati e poveri, dei più discriminati, per questo motivo ho fame e sete di giustizia, perché faccio parte degli ultimi di questa società, ma posso condividere quello che sento con i giovani, gli adulti e gli anziani che hanno ancora il cuore di ragazzi. Nella mia piccola esperienza come comunicatore e giornalista radio, come professore di guaranì, nei percorsi che ho realizzato nelle campagne coltivate paraguaiane, mi sono reso conto che i perseguitati dal sistema per le loro idee, i detenuti ingiustamente perché rivendicano un pezzo di terra per coltivare e dare da mangiare alla propria famiglia,  gli esiliati, incluso quelli  assassinati per aver denunciato i corrotti, i corruttori e i mafiosi che attentano contro la madre terra e la vita tutta,  sono simili in qualunque paese del mondo, in qualunque cultura, in quanto la maggior parte sono militanti laici, civili e sociali, simili a questi giovani ai quali ti riferisci. Ma anche vedo che ci sono molti vecchi giovani che non hanno perso quella fiamma che arde nel loro petto, che hanno quella convinzione, quella fede, quello stesso ideale di cambiamento di questa civiltà che aveva il comandante Ernesto Che Guevara che ci parlava dell'uomo nuovo, l'uomo risvegliato nella coscienza, che lotta sempre per la giustizia sociale, e che qualunque ingiustizia o attentato contro la vita umana, di violazione dei diritti umani che avviene in qualunque angolo del pianeta, lo sente come se fosse lui stesso la vittima, perché considera il prossimo che lotta come suo figlio, il suo compagno, suo fratello, suo padre. Pertanto, dico ai giovani di Our Voice che continuino a lottare attraverso l’attivismo come stanno già facendo, e che quell'amore, quell'entusiasmo che hanno per la causa dell'umanità, in difesa della giustizia e della verità, lo mantengano sempre vivo, senza scoraggiarsi, senza fare passi indietro, perché la vittoria è vicina. Voi siete l'avanguardia di quella nuova civiltà che emergerà nel pianeta dalle ceneri di questo capitalismo sfruttatore e criminale che sta per crollare. Forza e avanti sempre. Hasta la victoria siempre. Siempre”.
Ho sentito Salvador felice, contento ed orgoglioso che esistano giovani e giusti combattenti contro il sistema criminale nel mondo, e che non è più solo come Don Chisciotte,  a lottare contro il crimine organizzato e la mafia. Con uno sguardo saggio, penetrante, l'ho visto allontanarsi, come se vedesse già questo futuro radioso, che si intravede, grazie alla tenacia nella lotta, ed al coraggio, e soprattutto all'amore verso i più umili ed ultimi.
(6 Gennaio 2022)

Foto di copertina: abc.com.py

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