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bambini nell'infernodi Riccardo Castagneri - 16 aprile 2013
Bambini ai confini dell’inferno, o forse dentro, coinvolti dai due anni in su in esperienze sconvolgenti, bambini che invocano la morte come una liberazione.

“Aiutate Salvuccio” implorava disperatamente un bimbo di sette anni venduto dalla madre per qualche bolletta pagata  e qualche pacchetto di sigarette, prima che riuscissero a salvarlo dall’orrore in cui lo avevano imprigionato, Salvuccio ha perso tutti i capelli, non parla più e rimarrà segnato per sempre.

Vicende allucinati, mattanze alle quali i minori spesso sono accompagnati dai genitori: un bambino di otto anni venduto a pedofili dal padre e dal fratello maggiore per venti euro a prestazione.

Eppure il problema sembra non esistere, o meglio esiste la repressione quando questi crimini vengono alla luce, ma ormai il danno è fatto e i colpevoli se la cavano con poco. Sarebbe necessario prevenire, ma questo non accade e il mostro continua indisturbato la sua opera di distruzione.

Orrori che si consumano rioni degradati , abituati a non vedere, come nel caso dell’Albergheria di Palermo, dove un individuo che non si può definire padre, ha sottoposto il figlio a torture inenarrabili. E quello che fa rabbrividire sta nel fatto che la moglie lo difende “è sempre mio marito”, Un marito che costringeva il suo ragazzino a prostituirsi con pensionati nella stanza dove dormiva la sorellina. Il ragazzino  implorava che non toccassero almeno lei.

Scoperto, questo squallido soggetto, è stato condannato a otto anni di galera, potrebbe essere in libertà tra tre.

Minori martoriati, mortificati, bambini cui mai sarà restituita l’infanzia, forse neppure la vita, trasformata in un cammino di imposizioni violente, di giochi perversi, di incontri con orchi cattivi, più feroci e disumani di quelli delle favole che non hanno mai letto. Orchi senza pietà.

Esseri perversi che in tribunale hanno raccontato le loro nefandezze con tracotanza, oppure hanno negato l’evidenza senza ritegno, mai lasciando trapelare un barlume di pentimento, di dispiacere per quelle infanzie violate.

Il dramma sono loro, le vittime, la loro paura, la loro vergogna nel ricordare gli abusi. Talvolta li negano, rifiutano di rispondere, per poi tremare e piangere di fronte all’evidenza, alle fotografie di quegli orrendi crimini. Silenzi e lacrime più eloquenti di mille parole.

Immagini che li ritraggono distrutti, terrorizzati, segni di bruciature, ferite e lividi sui loro corpi, smarrimento e dolore negli sguardi terrorizzati.

E questo fenomeno sta dilagando sempre più, soprattutto nei ceti abbienti: insospettabili che agiscono indisturbati, protetti da una cortina di silenzio. E’ nota l’abitudine di un politico piemontese e dei suoi frequenti viaggi in Thailandia all’insana ricerca di corpi di bimbe sempre più giovani, senza badare a spese: più sono piccole più costano.

La pedofilia è un fenomeno collegato alla povertà, alla subcultura propria degli ambienti degradati, ambienti che accettano il collegamento con un’appartenenza- destino ineluttabile, che conduce all’incontro con uomini-belva, attori protagonisti di raccapriccianti delitti., nei quali non di rado il tutto ha termine con la morte del bambino.

E tutto si consuma in un assordante silenzio, che contamina e distrugge l’infanzia di bambini che non hanno mai posseduto giocattoli, ma sono stati essi stessi vittime di giochi  degradanti, che non hanno mai guardato un  video di cartoni animati o di fiabe, ma solo luridi video girati da gente perversa.

La pedofilia è uno dei delitti più inaccettabili, turbare la crescita serena di un bambino, soffocarne la spensieratezza, il non considerare che violenza genera violenza e la piccola vittima ha ottime possibilità di diventare un futuro carnefice.

Una storia per tutte, quella di una madre che usava i suoi figli come merce di scambio, merce peraltro di scarso valore, da regalare al proprio amante o da vendere per pochi soldi. A svelare quelle squallide tresche è stata la primogenita che l’ha denunciata. Lo ha fatto dopo una gita con la sua classe, quel giorno la ragazza ha capito che esisteva un’altra vita, diversa dall’inferno nel quale viveva insieme ai suoi fratellini.

E ha raccontato l’orrore, come la volta che aveva tentato di sottrarre i fratelli al martirio e la madre le ruppe un bastone sulla schiena. Filmini girati mentre un pensionato, soprannominato ‘il turco’ violentava i bambini e venduti per pochi euro.

Ma c’è un altro aspetto inquietante del fenomeno pedofilia: spesso il minore finisce per sentirsi sovrastato da un ingiustificato senso di colpa, si sente complice dei suoi aguzzini.

Quelli che sono riusciti a parlare hanno raccontato di percosse, corse, catene con cui venivano legati, nastro adesivo sulla bocca perché non urlassero, sigarette spente sul corpo, iniezioni con le quali venivano storditi per essere profanati da bestie senza scrupoli.

Bambini che si sentono diversi dai loro coetanei perché inquinati dall’esperienza vissuta e che si rifugiano in un solo elemento di difesa: la rimozione e il diniego. Il vissuto non viene elaborato e superato, ma riposto in un angolo e lì rimane minaccioso, per sempre.

Tratto da:
articolotre.com

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