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L'Unicef lancia l'allarme: "2,3 milioni di bambini necessitano assistenza umanitaria"

Ieri mattina, poche ore dopo la scadenza di un ultimatum di 72 ore concesso per la resa al Fronte di liberazione del Tigrè (TPLF), il partito che controlla la regione e che è in guerra da più di tre settimane con il governo centrale, il primo ministro dell’Etiopia Abiy Ahmed (in foto) ha ordinato all’esercito federale di attaccare Mekelle, la capitale della regione del Tigrè.
Le Forze di difesa nazionale etiope avrebbero già preso il controllo di luoghi strategici, tra cui la centrale eolica di Ashegoda, e al momento si trovano a soli 22 chilometri dalla capitale. Il primo ministro etiope ha lanciato un appello agli abitanti della città, che conta circa 500mila persone: “Chiediamo alla gente di Mekelle e dintorni di disarmarsi, rimanere a casa e stare lontano dagli obiettivi militari”. Non solo. Ha anche riferito che migliaia di combattenti si sarebbero già arresi, ma la notizia della resa, al momento, non è confermata.
Le Nazioni Unite hanno riferito di persone in fuga dalla città, ma le comunicazioni e i collegamenti di trasporto rimangono interrotti nell'intera regione e non è chiaro quante persone a Mekelle abbiano ricevuto l’avvertimento in tempo.

Escalation senza fine
Di fronte all'escalation degli scontri la comunità internazionale aveva chiesto la riapertura di un dialogo e la possibilità per un accesso umanitario.
Il premier Abiy Ahmed, vincitore del premio Nobel per la pace lo scorso anno, ha tuttavia respinto le richieste definendole “interferenze”. Il suo governo ha detto che tre inviati di alto livello dell’Unione africana per il conflitto possono incontrarsi con il premier, ma non con i leader ribelli.
Entrambe le fazioni si accusano reciprocamente di gravissime atrocità. Il governo centrale accusa il TPLF di voler destabilizzare il Paese dopo un presunto raid contro le basi militari federali nel Tigrè, in cui molti ufficiali dell’esercito nazionale sono stati uccisi e sono state sequestrate notevoli quantità di armi ed equipaggiamenti.
Dunque, con questa azione militare, il TPLF afferma che sta difendendo i suoi diritti legittimi previsti dal sistema costituzionale dell’Etiopia.
Il leader del Fronte, Debretsion Gebremichael, ovviamente dichiara l'opposto.
Certo è che, come riportato da il Guardian, a soccombere è sicuramente la popolazione.
Allo stato vi sarebbero centinaia se non migliaia, di persone già morte nel conflitto, e si parla anche di un milione di sfollati.
Sono stati vani gli sforzi compiuti dall’Unione africana e delle Nazioni Unite per porre fini allo stato di crisi.
Intanto l’Unicef ha lanciato l’allarme perché nella regione ci sono 2,3 milioni di bambini che hanno bisogno di assistenza umanitaria e che attualmente non possono essere raggiunti.
"L’Unicef chiede alle parti in conflitto in Etiopia di risparmiare i bambini dalle conseguenze delle ostilità nella regione del Tigrè, adesso alla terza settimana. Circa 500.000 persone vivono a Mekelle, la metà sono bambini - ha detto nei giorni scorsi Henrietta Fore, direttrice generale Unicef - La minaccia di un’ulteriore escalation dei combattimenti dalle due parti potrebbe esporre le loro vite e il loro benessere a rischi immediati. Chiediamo a tutte le parti in conflitto un cessate il fuoco e di raggiungere una risoluzione pacifica. Le agenzie umanitarie dovrebbero avere un accesso urgente, continuo e senza ostacoli a tutte le aree colpite. Siamo anche preoccupati per la sicurezza di centinaia di operatori umanitari che sono ancora a Mekelle e in altre aree del Tigrè. Chiediamo a tutte le parti in conflitto di adottare tutte le misure necessarie per assicurare loro protezione”.

Foto © Imagoeconomica

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